15 novembre -
“Questa è la 19° sentenza sulla legge 40, la constatazione di una via crucis infinita per una legge ideologica fatta fuori da ogni contesto che espone a tutta una serie di disastri e danni personali le persone”. Così
Emma Bonino, vicepresidente del Senato, esponente radicale nel corso di una conferenza Stampa organizzata dall’Associazione Luca Coscioni a Montecitorio proprio per illustrare il pronunciamento del Tribunale di Cagliari. Questa, ha aggiunto Emma Bonino “è una legge priva di consistenza scientifica e del rispetto dei diritti umani”.
La Bonino che riconosce “la forza di queste 19 coppie che nel corso degli anni hanno fatto ricorso. Ma sono la punta di un iceberg”.
La Bonino è poi intervenuta sull’ipotesi che il nostro governo faccia ricorso contro i giudici della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che all'unanimità hanno condannato lo Stato italiano perché la legge 40, vietando alle coppie fertili portatrici di patologie genetiche l'accesso alle tecniche di fecondazione in vitro con diagnosi preimpianto, viola l'articolo 8 della Carta europea dei diritti dell'uomo. “Abbiamo chiesto al governo – ha spiegato il vice presidente del Senato – di non fare ricorso anche perché le motivazioni della Cedu (Corte europea diritti umani) sono molto puntuali. In questo senso – ha concluso la Bonino – fatto il disastro (la legge 40
ndr) sarebbe utile non insistere ”.
In effetti alla scadenza del ricorso mancano 15 giorni essendo questa fissata per il 28 novembre ma “su questo argomento – ha detto la deputata radicale, membro della Commissione Affari Sociali,
Maria Antonietta Coscioni anche lei presente alla conferenza stampa – sembra caduto il silenzio, il governo non ne parla” pare ci sia la contrarietà del ministro degli esteri Giulio Terzi.
“E comunque discutere la legge 40 sembra da un punto di vista politico ancora scandaloso” questa l’amara conclusione della deputata Coscioni.
“Importante riconoscere il ruolo delle famiglie e delle Associazioni come la Luca Coscioni che hanno l’ostinazione di difendere questi diritti” ha detto brevemente
Livia Turco, intervenuta nel corso della Conferenza stampa per un saluto. “Quando parliamo di legge 40 non si capisce più di cosa stiamo parlando dopo tutte queste sentenze”. Se i “limiti della politica sono sopperiti dalla Corte Costituzionale noi dobbiamo cambiare la legge. Azione dei giudici e delle Associazioni – concluso la deputata del Pd – non può sostituirsi a quella del legislatore”.
“Questa legge ha creato solo danni, ogni anno la relazione del governo al Parlamento riferisce di calo delle nascite, danni alla salute delle donne e gravidanze a rischio. Qualunque altro Parlamento su queste basi sarebbe intervenuto già da tempo per modificare questa normativa. Per il nostro Parlamento invece queste materia è intoccabile. Ma ora è arrivato il momento di dire basta”. Così
Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni e avvocato di molte della coppie che in questi anni hanno fatto ricorso e vinto nei tribunali italiani non ultima quella di Cagliari il cui ricorso ha generato l’importante ordinanza.
“A questo punto – ha spiegato
Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni e consigliere comunale a Milano per i radicali anche lui presente alla conferenza stampa a Montecitorio, chiediamo al governo di intervenire immediatamente sulle 76 strutture pubbliche che non rispettano la legge 40. Faccia questo invece di complicarsi la vita intervenendo in sede Europea”.
Il mondo politico, almeno quella parte da sempre attenta a queste tematiche, ha colto l’importanza dell’ordinanza di Cagliari e non ha mancato di commentare la decisione dei giudici isolani. Tra questi
Ignazio Marino, senatore del Pd, che attraverso una nota ribadisce che la legge 40 è “ascientifica e va riscritta in Parlamento”. Questo pronunciamento dei giudici di Cagliari per Marino è "un altro passo per riconoscere l'impianto ideologico e incoerente di una legge sbagliata. Che la legge 40 fosse esclusivamente il frutto di una negoziazione avvenuta nel Parlamento italiano, è stato palese sin dalla sua approvazione. Un provvedimento che non ha tenuto conto né delle conoscenze scientifiche, né del calvario delle coppie che desiderano completare il loro progetto di famiglia, con la nascita di un figlio”.
Infine Marino si unisce al coro di parlamentari che chiedono al governo di non presentare ricorso contro la Cedu “auspico che il governo non presenti ricorso rispetto alla sentenza della Corte per i diritti dell'uomo di Strasburgo per difendere una legge ascientifica, peraltro in un momento storico in cui il presidente del Consiglio Mario Monti sta cercando di restituire all'Italia l'immagine di un paese moderno e affidabile. Sarebbe un grave errore".
Anche
Antonio Palagiano deputato dell’Idv, e capogruppo del partito in Commissione Affari sociali della Camera, si è espresso dicendo che l’ordinanza di Cagliari “conferma la necessità di riscrivere legge 40”.
Per Palagiano “le coppie italiane sono state costrette a sottostare, in questi anni, ad una normativa crudele che lede profondamente i loro diritti, privandole delle opportunità previste nel resto d'Europa. Tante, infatti, le contraddizioni della legge 40, che non consente la possibilità di accedere alla diagnosi reimpianto anche a fronte di gravi patologie. A fronte di queste lacune, il Governo, invece di intervenire ripristinando ildiritto, ha annunciato di voler far ricorso contro la sentenza di Strasburgo, giunta in agosto, che scardinava proprio questo punto”.
Infine anche Palagiano ribadisce “la necessità che il Governo faccia marcia indietro rispetto all'idea di ricorrere contro la sentenza della Corte internazionale dei Diritti dell’uomo, come abbiamo anche chiesto attraverso una mozione Idv. Nonostante sia stato sottoscritto da numerosi parlamentari di diversi gruppi, dobbiamo tristemente costatare che l’atto ancora non è stato calendarizzato in aula”.
Unica voce fuori dal coro è quella di
Eugenia Roccella, Pdl, che definisce quella del tribunale di Cagliari una “sentenza con forti elementi di disuguaglianza”.
"Da quanto si apprende dalla stampa – ha spiegato la Roccella – sembra che la sentenza del Tribunale di Cagliari sulla legge 40 stabilisca che le strutture pubbliche per la fecondazione assistita debbano “necessariamente dotarsi delle attrezzature atte a svolgere la diagnosi preimpianto”.
”Se questo fosse il contenuto della sentenza – ha aggiunto l’ex-sottosegretario alla Salute – sarebbe più semplice trasferire le competenze delle ASL e delle Regioni direttamente ai tribunali. Perché, infatti, stabilire i requisiti minimi quando ci pensano i tribunali, tanto più preparati in questa materia?”.
"Per quanto riguarda il merito della questione – ha concluso la Roccella – rileviamo che il Tribunale di Cagliari ha sostanzialmente decretato che una persona affetta da talassemia ha meno diritto a nascere di una persona sana, affermando, così, non solo un chiaro presupposto eugenetico, ma anche un forte elemento di disuguaglianza tra i cittadini. Un criterio ingiusto e pericoloso che tradirebbe anche il principio di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione”.