15 maggio -
È stata l’O.N.Da. a lanciare l’allarme, ma sono parecchie le parti in causa che assumono la battaglia contro l’osteoporosi e a favore delle donne come una questione importante della sanità pubblica italiana. Si tratta dei medici di medicina generale, chiamati in causa dall’indagine, ma anche dello stesso Parlamento. Obiettivo? Sostenere le pazienti, migliorare le cure, ma anche abbattere i costi e migliorare la qualità della vita delle donne. Con risvolti positivi per l’intera società.
“A causa dell’allungamento della vita lavorativa delle donne ed in virtù della recente riforma sul mercato del lavoro che posticipa l’uscita dal mondo del lavoro a 70 anni anche per le donne, siamo impegnati su più fronti proprio per contrastare l’impatto di patologie croniche come l’osteoporosi, che si sviluppa prima dell’uscita dal mondo del lavoro e diventerà sempre più diffusa per l’aumento dell’età media delle persone”, ha spiegato l’Onorevole
Sabrina De Camillis, presidente dell’Intergruppo Parlamentare sulla Medicina di Genere. “L’impegno dell’Intergruppo, quindi, è quello di monitorare attentamente questa patologia per migliorare la sua prevenzione e il suo trattamento. Per questo indagini come quella presentata oggi dall’Osservatorio O.N.Da. sono fondamentali non solo per i cittadini, ma anche per le Istituzioni”.
A questo scopo attività di prevenzione, informazione e cura sono cruciali. “In particolare – ha commentato l’onorevole – riteniamo importante favorire una maggiore informazione, promuovere attività di screening per la diagnosi precoce di osteoporosi nelle donne più a rischio (per esempio in menopausa precoce), identificare le figure di riferimento nella gestione per ogni fase dell’osteoporosi, sensibilizzare il medico di famiglia sull’importanza di guidare la paziente nel percorso terapeutico, promuovere gli esami di prevenzione e controllo, garantire la rimborsabilità dei trattamenti osteoporotici per ogni fase di età e favorire una chiara comprensione dei reali benefici derivanti dal trattamento farmacologico come finalità contenitiva dell’osteoporosi”.
Anche per recuperare il quadro preoccupante che emerge dalla ricerca.“L’indagine qualitativa che abbiamo condotto conferma che l’osteoporosi è una malattia a largo impatto sociale, con diverse e comprovate conseguenze negative di matrice sanitaria, sociale ed economica, spesso sottovalutata e affrontata con grave ritardo”, ha dichiarato
Francesca Merzagora, Presidente O.N.Da. “Il fatto che le donne denuncino apertamente la scarsa attenzione alla malattia da parte un po’ di tutte le figure coinvolte e la chiara percezione dell’assenza di una figura specialistica di riferimento, significa che dobbiamo iniziare a guardare avanti. Non si tratta solo di prescrivere le terapie ‘su misura’ in base alle caratteristiche specifiche di ogni donna e di utilizzare quelle migliori, ma anche che il vero problema di questa assenza medica ha conseguenze gravissime”.
Una preoccupazione che riguarda anche la sfera economica di tutto il paese. “L’impatto della malattia in una donna che ha subito la prima frattura – quasi sempre improvvisa e inaspettata – fa comprendere che i maggiori costi associati all’osteoporosi non sono legati ai farmaci, vecchi o nuovi, utilizzati per il suo trattamento, ma dai costi derivati dalle fratture e dalle loro conseguenze, quali ricoveri, pensioni ed invalidità. Si stima infatti che la spesa economica nella sola Unione Europea salirà a circa 76 miliardi nel 2050 contro i 31 miliardi del 2000”. Ecco perché per limitare questo impatto negativo, spiega l’esperta, diviene dunque fondamentale identificare un percorso diagnostico preciso e univoco. “Ma non solo, bisogna anche sensibilizzare la donna a perseguire con costanza un trattamento di prevenzione che avrà ricadute sensibilmente positive sul suo stato di salute futuro”. Anche e soprattutto, facendole capire che non è sola nella sua battaglia.