Traversa (Iss): “Documento Ema favorisce discussione organizzata su single arm trials”
“Il documento di riflessione EMA sui single arm trials è utile perché favorisce una discussione organizzata su questi metodi di studio, che però bisogna dire non rappresentano un elemento di radicale novità. Negli anni, sia l’EMA che la FDA hanno autorizzato numerosi farmaci sulla base di studi a braccio singolo, e cioè studi che non hanno un gruppo di controllo, o meglio, hanno un gruppo di controllo esterno. Quello che ha fatto in più l'EMA, con la pubblicazione di questo documento, è cercare di inquadrarli al meglio, di descrivere i bias che possono essere presenti e di discutere i potenziali limiti e i vantaggi. Un po’ come ha fatto anche la FDA in un documento di poco tempo prima. Ed è utile tenere presente che le prime due righe del documento dell'EMA ricordano un principio importante: quando si vuole valutare l'efficacia, il modello di studio di riferimento, il gold standard, è rappresentato dagli studi randomizzati. Questo per evitare equivoci, cioè per non dare l'impressione che dall’oggi al domani non servano più i trial clinici randomizzati perché bastano gli studi single arm”. Lo spiega Giuseppe Traversa, primo ricercatore Centro nazionale Ricerca e valutazione farmaci dell’Istituto superiore di sanità (ISS).
“Se da un lato il riferimento è rappresentato dagli studi randomizzati, qual è il caso in cui invece sono utili gli studi a braccio singolo? Ci sono sostanzialmente due situazioni. La prima riguarda un problema etico: non si può applicare la randomizzazione se uno dei due trattamenti è a priori così tanto migliore di un altro da rendere inaccettabile assegnare una parte dei soggetti a un trattamento più scadente. La seconda situazione è quella in cui i pazienti sono così pochi che la randomizzazione non garantisce il risultato di creare gruppi a confronto simili. Un esempio è quello delle terapie geniche per malattie ultra rare, come nel caso della leucodistrofia metacromatica, una malattia per la quale, nelle forme più gravi in Italia ci sono 1 o 2 pazienti l'anno. Nel momento in cui nei primi pazienti trattati all’interno degli studi di fase I si è osservato che la terapia genica migliora radicalmente la prognosi, su una malattia che in assenza di trattamento è rapidamente progressiva e con esito fatale, è chiaro che non sarebbe accettabile la randomizzazione. Ed è importante che in queste situazioni ci sia un modello di studio come sono questi single arm trial. Naturalmente c'è poi un'area grigia nella scelta fra gli studi a braccio singolo e quelli randomizzati. È chiaro che all’aumentare del numero di potenziali pazienti o se l'effetto atteso del trattamento non è così eclatante, diventa preferibile lo studio randomizzato. A fronte di malattie che non hanno uno sviluppo lineare e rapidamente progressivo, diciamo malattie che hanno forme di remissione, che sono fluttuanti nel tempo, mostrare delle differenze sulla base di uno studio che non ha un braccio di controllo concomitante di tipo randomizzato può essere pressoché impossibile”.
“I dati a cui facciamo riferimento nella Real World Evidence sono raccolti di routine nella pratica clinica corrente. Per fare riferimento ai dati disponibili in Italia, si pensi ai dati dei sistemi di monitoraggio delle prescrizioni farmaceutiche, di dimissione ospedaliera, di accesso al pronto soccorso, di assistenza al parto, delle vaccinazioni e così via. Tutte le volte che ci sono fonti di dati complete, o di cui è nota la qualità, questi dati sono potenzialmente utilizzabili. Quello che va valutato caso per caso è l'obiettivo dello studio, e a seconda dell'obiettivo, alcune fonti di dati sono più utili, altre meno. Qual è un possibile problema nell’applicazione della RWE nelle fasi successive all’autorizzazione? Se le stime relative all'efficacia non sono state prodotte in maniera affidabile prima dell’autorizzazione, non è facile acquisire quelle stesse informazioni, dopo, attraverso studi di Real World Evidence. Di nuovo valgono alcune delle considerazioni fatte per i single arm trial. Per quanto riguarda il problema delle stime di efficacia, studi a braccio singolo e RWE hanno un problema in comune: se siamo interessati a stimare differenze di efficacia relativamente contenute, di piccola dimensione, anche se clinicamente importanti, difficilmente uno studio di Real World Evidence è in grado di cogliere queste differenze. In altri termini, se un farmaco viene autorizzato e la differenza attesa di efficacia è limitata, con gli studi di Real World non siamo in grado di capire se quella differenza attribuita al trattamento è limitata, ma vera, o se non c'è alcuna differenza”.
Gli studi di Real World sono fondamentali per chiarire aspetti chiave, quali la storia “naturale” della malattia oggetto del trattamento, la rappresentatività dei pazienti inclusi negli studi clinici rispetto a quelli della pratica clinica, l’incidenza degli eventi avversi più rari che non possono essere messi in evidenza nel corso degli studi pre-autorizzativi, l’impatto di interventi regolatori. Ma se l'interesse è invece quello di determinare meglio l'efficacia, e le differenze attese sono piccole, con gli studi di Real World non riusciremo a garantire dati affidabili su cui basare le raccomandazioni che modificano la pratica clinica. Per questa finalità sarà comunque necessario disporre dei risultati di studi randomizzati. Sull'ultimo numero di Jama (8 settembre 2023), c’è un editoriale che richiama l’attenzione sul diverso ruolo della FDA rispetto a chi decide la rimborsabilità. E questo vale allo stesso modo in Europa: abbiamo l'EMA che decide se un farmaco è autorizzato sulla base del profilo rischio-beneficio positivo, e poi abbiamo chi si deve occupare del rimborso, le cui decisioni richiedono di effettuare una valutazione comparativa. Da questo punto di vista il nuovo regolamento HTA è utile perché mette subito l'enfasi su questo aspetto. Nel secondo ‘considerando’ del regolamento si afferma che l’oggetto delle attività di HTA è quello di effettuare analisi comparative e di valutare il valore aggiunto di una tecnologia sanitaria rispetto alle alternative disponibili. Si tratta di un obiettivo utile, perché l'EMA non effettua questa attività e nel tempo, per una stessa indicazione, possono diventare disponibili numerosi prodotti. Il problema è di riuscire a dare indicazioni su quale sia il valore comparativo dei diversi farmaci a disposizione. È inoltre utile che ci sia una forma di coordinamento europeo, anche per evitare che si replichi il lavoro in ciascun Paese o che ogni Paese richieda dati aggiuntivi differenti. Bisognerà poi verificare le modalità concrete di funzionamento del regolamento HTA, tenendo presente che sono previsti alcuni anni perché si vada a regime. L’Italia è al secondo-terzo posto a livello europeo per numero di farmaci approvati dall'EMA che sono rimborsati dal Servizio sanitario nazionale, e questo risultato è garantito con tempi che sono migliori della media europea. Bisognerà quindi fare attenzione che la valutazione congiunta europea (Joint Clinical Assessment) sul valore di un nuovo farmaco, e/o nuova indicazione di un farmaco già approvato, non crei ritardi evitabili nell’accesso da parte dei cittadini”.