1 novembre -
E’ l’azienda
pharma danese forse più conosciuta nel mondo. Leader mondiale nella produzione di insulina (ne produce metà di quella utilizzata nel mondo), l’azienda danese produce farmaci anche per emofilia, disturbi della crescita e obesità.
L’insulina in particolare è però il farmaco inscritto nel DNA di Novo Nordisk, visto che l’azienda nasce nel 1922 su iniziativa di
August Krogh, un professore dell’università di Copenhagen (era stato insignito del Nobel nel 1920) che aveva deciso di cominciare a produrre insulina, l’ormone scoperto nel 1921 dai ricercatori canadesi Banting e Best, anche per trattare la moglie Marie, affetta da diabete di tipo 2. Oggi l’azienda danese è di nuovo sul
cutting edge della ricerca con un nuovo rivoluzionario prodotto, ancora in fase sperimentale, il GLP-1 analogo semaglutide, oggetto di un vasto programma di ricerche, il PIONEER, e in studio anche in una rivoluzionaria formulazione orale, ultimo capitolo di una carriera di 95 anni di innovazione nel campo del diabete.
Nel corso della nostra visita in Danimarca, siamo andati a visitare gli Headquarters di Novo Nordisk a
Bagsværd, un piccolo centro ad una quindicina di chilometri a nord-ovest di Copenhagen. L’ingresso a questo grande edificio cilindrico è un colpo di teatro: ci si trova in un enorme atrio, con una struttura a spirale bianca che si srotola lungo i sei piani dell’edificio e che ricorda in parte la struttura del Guggenheim di New York, firmata da Frank Lloyd Wright.
L’edificio di Bagsværd porta invece la firma dello studio danese Henning Larsen Architects e l’intero progetto, compresa la spirale, è ispirato (naturalmente) alla molecola dell’insulina. Saliamo lungo uno dei due scaloni gemelli in legno chiaro che dall’atrio danno accesso alla spirale dell’insulina (non vediamo ascensori, lo fanno per far muovere gli impiegati) inondanti dalla luce proveniente dall’ampio lucernaio a vetro che sovrasta l’atrio. Ad attenderci in uno studio dal design minimalista scandinavo c’è
Niels Lund, vice presidente Health Advocacy di Novo Nordisk. Ci aspettiamo un elenco delle attività produttive aziendali e di numeri su spese e ricavi. Ma questa parte della presentazione viene liquidata con un paio di diapositive colorate e le cifre che ci rimangono impresse sono queste: il 12,5% dei ricavi vendite reinvestiti ogni anno in ricerca e sviluppo e uno stanziamento di 800 milioni di euro per supportare ricerche e programmi sociali per i prossimi anni. “Perché alla fine – spiega Lund – i fattori ambientali e sociali diventano finanziari.” Non è solo uno slogan. Entro il 2020 tutta l’energia necessaria alle produzioni di quest’azienda danese sarà ‘carbon neutral’.
Il diabete: un’emergenza in slow motion
Gli attuali 425 milioni di persone con diabete (e peggio i 726 milioni previsti per il 2045) e i 650 obesi nel mondo, considerati in un’ottica aziendale, potrebbero essere visti di primo acchito come un’enorme opportunità di mercato. Niente di più falso. Si tratta invece di una tragedia di dimensioni colossali che minaccia la sostenibilità di qualunque sistema sanitario e sulla quale è necessario intervenire a monte. Cioè con la prevenzione. Novo Nordisk che è un’azienda illuminata, lo ha capito da tempo ed è scesa in campo con una serie di iniziative per sensibilizzare gente comune e istituzioni, al fine di arginare questo tsunami sanitario. I maligni penseranno che è un modo per proteggere i loro stessi interessi, preservando dal default il sistema; i più benevoli penseranno che è un atto filantropico, come nella tradizione di questa azienda. Tutti liberi naturalmente di pensarla come meglio si crede. Di fatto i programmi messi in campo da Novo Nordisk, da Changing Diabetes, a Cities Changing Diabetes, stanno coagulando intorno a loro l’interesse di stakeholder importanti, anche istituzionali, e facendo da catalizzatori al cambiamento.
Tra gli esempi dei progetti sotto l’ombrello
Changing Diabetes c’è quello di fornire insulina a costo zero ai bambini con diabete di tipo 1 (sono già 16 mila quelli arruolati nel programma) in alcuni Paesi africani e asiatici a basso reddito, non raggiunti dal Global Fund; qui l’aspettativa di vita per un ragazzino con diabete di tipo 1, senza accesso alla terapia, è inferiore ad un anno. Tra le più recenti iniziative umanitarie c’è anche quella di fornire accesso all’insulina
low-cost nei campi profughi, come in Siria, dove si stima si trovino mezzo milione di persone con diabete. Un altro esempio eccellente di come ispirare, educare e fornire
empowerment alle persone con diabete è quello del Team Novo Nordisk, un team di 27 ciclisti professionisti (provenienti da 14 Paesi), tutti con diabete di tipo 1, che hanno già partecipato ad oltre 500 eventi (tra i quali la Milano-Sanremo) in 30 Paesi e che ha un seguito di oltre 7 milioni di follower sui social media.
C’è poi il discorso del diabete urbano, una conversazione che raccoglie sempre più partecipanti perché il problema è reale ed è stato messo sul tavolo da
Cities Changing Diabetes. Lo stile di vita urbano ha un impatto profondo sulla salute e sul rischio di ammalarsi. Di diabete, di obesità, di malattie cardiovascolari e di tumori. La buona notizia è che la prevenzione parla un’unica lingua e rappresenta un ombrello per tutte queste patologie croniche. Due terzi delle persone con diabete vivono in città, ma nel 2045 saranno il 75%. È nelle città dunque che bisogna concentrare gli sforzi di prevenzione, ma con iniziative ‘locali’. A Mexico City si conta molto sulla Chiesa, come luogo deputato alla prevenzione, visto che qui le malattie sono viste come ‘volontà di Dio’; a Tianjin si farà leva sui nonni che, in un Paese di ‘one child policy’ e con ancora impresse nella memoria le carestie della ‘rivoluzione culturale’, viziano il nipote e lo rimpinzano di tutto il cibo che loro non hanno avuto; a Shanghai si lavorerà per eradicare lo stigma che circonda il diabete (qui è un tabù; parlarne può comportare la perdita del lavoro e il non potersi sposare). All’appello di Cities Changing Diabetes hanno aderito finora 17 città nel mondo, tra le quali Roma. E dal prossimo 8 novembre anche Milano.
La pipeline: GLP-1 e immunoterapia, ricerca su staminali e rigenerazione delle beta cellule
Novo Nordisk ha appena fatto shopping di futuro a Fremont (California), acquisendo da Asterias Biotherapeutics, un impianto GMP per la produzione di terapie basate su staminali. La produzione di staminali che verranno utilizzate in un programma di studi clinici su diabete di tipo 1 e altre patologie croniche (Parkinson, scompenso cardiaco cronico, degenerazione maculare legata all’età) partirà nel 2019.
Sul fronte della preservazione delle beta cellule pancreatiche è invece in corso uno studio proof of principle su sggetti con diabete di tipo 1 neo-dagnosticato che prevede la somministrazione di liragluride e di NNC0114-0006, un anticorpo monoclonale anti IL-21.
Un occhio di riguardo, concretizzato in una serie di programmi di ricerca, riguarderà infine nei prossimi anni il mondo delle malattie croniche legate a doppio filo a diabete e obesità. Le speranze sono riposte nel GLP-1 analogo semaglutide che sarà testato non solo in un programma di ricerca sull’obesità, ma anche su target quali insufficienza renale, NASH (steatosi epatica), malattie cardiovascolari e scompenso cardiaco. Ma ci sono anche altre frontiere da esplorare, quali i rapporti tra GLP-1 e Parkinson ad esempio.
Maria Rita Montebelli