Resta forte, nonostante le polemiche, il ruolo del privato nella riforma sanitaria lombarda. Anche dopo le modifiche apportate dalla commissione Salute, che ha licenziato il testo il 27 ottobre scorso. Il provvedimento sarà discusso in Aula consiliare a partire dal 10 novembre. Il via libera definitivo è previsto entro il mese di novembre. E le opposizioni hanno già promesso battaglia, per la modifica di un provvedimento che, a loro parere, poco cambia rispetto alla precedente legge e assetto del servizio sanitario regionale.
Intanto, dalla commissione sono comunque arrivate regole più stringenti per gli erogatori, pubblici e privati, prevedendo all'art 5 (lettera l del comma 7) che la Regione, oltre a stabilire “i volumi e le tipologie di prestazioni sanitarie e sociosanitarie, di degenza e ambulatoriali che possono essere soddisfatti nella sede pubblica e in quella privata, secondo un corretto rapporto di integrazione assicurando alle agenzie di tutela della salute la definizione di budget territoriali e riservando a quest’ultime una quota da destinare in relazione agli specifici fabbisogni del territorio di competenza alla contrattazione locale con i soggetti erogatori”, debba decidere per tutti gli erogatori pubblici e privati “le tariffe delle prestazioni e i meccanismi premianti e penalizzanti sulla loro valorizzazione, finalizzati al perseguimento della qualità, dell’appropriatezza e al governo dei tempi d’attesa”.
Per la commissione è poi necessario il consolidamento dei rapporti con gli Ordini professionali sanitari. A questo scopo, all’art. 18, viene introdotto il comma 1-bis, che prevede l’istituzione,, quale organismo di consultazione e supporto agli atti di programmazione regionale, di un
Comitato di rappresentanza delle professioni sanitarie del quale fanno parte rappresentanti della Regione, degli ordini e collegi delle professioni sanitarie. Il Comitato renderà parere obbligatorio in merito alla proposta di piano socio sanitario regionale e ai conseguenti indirizzi programmatici.
Previsto anche, nell'articolo 10 dedicato alle cure primarie (comma 11ter) che venga istituito il
comitato di indirizzo cure primarie, composto da dirigenti della direzione generale Welfare, con funzioni di coordinamento, e da rappresentanti della medicina territoriale, e degli infermieri di famiglia e comunità al fine di "predisporre annualmente linee guida, da sottoporre all’approvazione della Giunta regionale, relative alla presa in carico dei pazienti affetti da malattie croniche, nonchè alla programmazione della formazione dei medici di medicina generale e degli infermieri di famiglia e comunità".
Sempre con riferimento alla
medicina generale, la riforma, sin dalla sua stesura in Giunta, prevede che la Regione finanzi
borse di studio aggiuntive, di cui una quota da destinare alle zone montane e alle zone disagiate. L'obiettivo da perseguire è: "Incentivare la formazione dei medici di medicina generale e favorirne la permanenza nell’ambito del servizio sanitario regionale".
Nuovo riconoscimento anche per il ruolo delle farmacie. "Fermo restando il ruolo degli MMG - si legge nel testo -, le farmacie contribuiscono alla realizzazione della presa in carico dei pazienti cronici assicurando la sinergia con gli erogatori e i pazienti attraverso la garanzia dell’aderenza farmacologica e l’erogazione delle prestazioni previste dalla farmacia dei servizi anche nell’ambito delle attività svolte dalle strutture". Questo ruolo è ricondotto anche nell'ambito delle nuove Case della Comunità, la cui gestione può essere affidata ai medici di medicina generale, anche riuniti in cooperativa, ma, si precisa nel testo, "in collaborazione con le farmacie convenzionate".
Alle farmacie è dedicato anche l'art. 84 della riforma, in cui si prevede che "la Regione, al fine di garantire presidi di prossimità per un immediato accesso alle cure e ai servizi sanitari e sociosanitari, promuove la valorizzazione della rete delle farmacie territoriali anche ai fini di cui all’articolo 37. In aggiunta alle funzioni già normate di distribuzione di farmaci e presidi sanitari, nonché di utilizzo di apparecchi di autodiagnostica rapida finalizzata a rilevamenti di prima istanza, anche in base alle attività della farmacia dei servizi previste dal decreto legislativo 3 ottobre 2009, n. 153".
Si rafforza il ruolo del volontariato, per il quale si prevede promozione e sperimentazione della partecipazione “non in forma sostitutiva di servizi”, ma, soprattutto, grazie a un emendamento approvato in commissione, “il coinvolgimento, con particolare riferimento alle organizzazioni dei pazienti, nella proposta, nella definizione, nel monitoraggio e nel miglioramento delle politiche regionali in materia sanitaria e sociosanitaria”.
Spazio anche a un rapporto più forte con il mondo universitario e la sua rete formativa, anche alla scopo di “sviluppare un lavoro di orientamento alle scelte curriculari dettate dai fabbisogni sanitari e socioassistenziali regionali”.
Tra i principi si evidenzia, inoltre, la necessità di potenziare l’assistenza territoriale, quale punto di riferimento del cittadino per la tutela e la cura della salute, attraverso l’innovazione organizzativa e gestionale in relazione all’evoluzione dei bisogni di salute della popolazione, anche attraverso una migliore integrazione con l’ambito sociale, nonché promuovendo multidisciplinarietà, interdisciplinarietà e integrazione. Nell’ambito della prevenzione rientra anche il richiamo a una collaborazione tra il SSR e il sistema produttivo, con particolare riferimento al welfare aziendale, alla salute e alla sicurezza nei luoghi di lavoro, alla ricerca biomedica e ai trasferimenti tecnologici. Senza dimentica la promozione del diritto alla vita indipendente e all’inclusione sociale di tutte le persone con disabilità, e l’integrazione delle cure palliative nei percorsi di cura per garantire continuità e appropriatezza delle cure a malati inguaribili e alla fine della vita.
Un articolo, l’11bis, è dedicato all’istituzione del Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive quale ente di diritto pubblico, di supporto tecnico-scientifico della Regione e del sistema sanitario, dotato di autonomia amministrativa, organizzativa, finanziaria e contabile appartenente agli enti sanitari del sistema regionale quale supporto tecnico-scientifico della Regione e del sistema sanitario.
Il centro svolge le seguenti funzioni:
a) preparazione ad eventuali emergenze sanitarie epidemiche e relativa attività di formazione alle strutture a tal fine preposte;
b) gestione delle emergenze epidemiche e pandemiche a livello clinico e diagnostico;
c) gestione dei dati epidemiologici in relazione ad epidemie e pandemie;
d) progettazione di interventi nella logica del principio one health prevedendo l’integrazione tra salute ambientale, animale e umana;
e) proposte di miglioramento ambientale e di riduzione di rischi di zoonosi;
f) ricerca e monitoraggio nel campo della prevenzione, della diagnosi e della cura derivanti dalla diffusione di microorganismi, batteri, virus;
g) ricerca di nuove strategie terapeutiche;
h) gestione delle pratiche di politica sanitaria finalizzate al buon utilizzo dei farmaci antibiotici e al contrasto all’antibiotico-resistenza;
i) azioni di prevenzione per il contrasto all’antibiotico-resistenza;
j) studio e controllo delle infezioni trasmissibili potenzialmente pericolose per la popolazione;
k) ricerca di nuovi vaccini;
l) sviluppo di programmi per il trasferimento tecnologico dei risultati della ricerca.
Il suo consiglio di amministrazione, che eserciterà le funzioni di indirizzo e programmazione nonché le ulteriori funzioni previste nello Statuto, sarà composto da cinque membri, esterni all’amministrazione regionale, tre nominati dalla Giunta regionale di cui uno sentito l’istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna e uno sentita l’ARPA Lombardia, uno nominato dal Ministro della Salute e uno dal Ministro della Ricerca, scelti tra esperti di notoria indipendenza, di elevata e accertata professionalità con esperienze e competenze in almeno uno dei seguenti settori: epidemiologia, virologia, prevenzione sanitaria, medicina delle catastrofi, malattie infettive, ricerca clinica, informatica previsionale, statistica.
Entrando ancora nel dettaglio, il progetto di legge 187 si occupa di attuare un potenziamento generale della medicina territoriale e dell’ambito della prevenzione, precisando le competenze dei diversi soggetti interessati (ATS, ASST, Assessorato e direzione generale), istituendo le Case di Comunità, gli Ospedali di Comunità e le Centrali Operative Territoriali e potenziando l’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI). Tra le novità, l’istituzione all’interno delle ASST (Aziende Socio Sanitarie Territoriali) dei distretti, dei dipartimenti funzionali di prevenzione e dei dipartimenti di cure primarie”.
Alle ASST viene assegnata l’attuazione degli atti di indirizzo e di pianificazione,
alle ATS spettano programmazione delle attività dei dipartimenti, coordinamento e sottoscrizione dell’accordo con i medici di medicina generale e politiche di investimento. Le ASST continuano a essere articolate in polo ospedaliero (articolato in dipartimenti) e rete territoriale (articolato in distretti). Il raccordo con i sindaci del territorio viene a realizzarsi a livello di distretto. Altri punti di rilievo del progetto di legge riguardano il rapporto pubblico-privato (“equivalenza e integrazione dell’offerta socio sanitaria di strutture pubbliche e private accreditate”) e il ruolo dei medici di medicina generale, che viene definito “centrale” nel percorso di cura degli assistiti in particolare quelli affetti da malattie croniche.
La rete territoriale prevede un distretto ogni 100 mila abitanti (uno ogni 20 mila nelle aree montane). Nel distretto troveranno posto le strutture territoriali:
Case della Comunità, Centrali Operative Territoriali e
Ospedali di Comunità.
Le Case della Comunità, dove opereranno team multidisciplinari, costituiranno il punto unico di accesso alle prestazioni sanitarie e saranno il punto di riferimento per i malati cronici. Le
Centrali Operative Territoriali (una per ogni distretto) avranno la funzione di coordinare i servizi domiciliari con gli altri servizi sanitari e si avvarranno di tutte le attività di telemedicina e medicina digitale: televisita, teleconsulto, telemonitoraggio. L’
Ospedale di Comunità è la struttura sanitaria della rete territoriale che si occupa di ricoveri brevi e di pazienti che necessitano di interventi sanitari a media/bassa intensità clinica. Di norma dotato di venti posti letto (fino ad un massimo di 40), ha una gestione prevalentemente infermieristica.
Tra gli strumenti per migliorare i servizi ai cittadini e rafforzare gli interventi in tema di monitoraggio della spesa nel settore sanitario e di appropriatezza delle prestazioni, la riforma stabilisce che i soggetti erogatori di prestazioni a carico del servizio sanitario regionale, compresi i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e i farmacisti, siano "tenuti a dare attuazione alle disposizioni nazionali e regionali in materia, anche utilizzando la piattaforma tecnologica del sistema informativo sanitario e i servizi messi a disposizione per la comunicazione ed elaborazione dei dati sanitari. Il mancato utilizzo del sistema informativo da parte dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta e dei farmacisti, nonché degli enti erogatori accreditati con il SSR integra la grave infrazione prevista e sanzionata dai vigenti accordi nazionali di categoria e costituisce inadempimento degli obblighi contrattuali".