Sempre più medici ospedalieri cercano realizzazione professionale e miglioramento della qualità di vita al di fuori dell’ospedale. Nel 2019, in Piemonte un totale di 292 dimissioni volontarie, dati in forte aumento dal 2017. Un numero cresciuto di tre volte e mezza in 10 anni, con una impennata negli ultimi 3 anni. Nel 2009 i medici piemontesi dimessi dagli ospedali erano 92. A lanciare l’allarme è l’Anaao Assomed Piemonte che spiega come non sia la passione per il lavoro a venire a mancare, quanto le condizioni giusto per permettere ai medici di scegliere l’ospedale pubblico.
“Il lavoro in ospedale non è più attrattivo. Pochi decenni fa, essere assunti a tempo indeterminato in un reparto ospedaliero era un traguardo, l’obiettivo. Era il posto fisso di prestigio, che dava soddisfazione professionale, opportunità di carriera, una certa sicurezza economica. Ci si realizzava. A nessuno sarebbe mai venuto in mente di dimettersi dagli ospedali. Oggi non è più così. Nel 2019, dai dati del Conto Annuale del Tesoro, il 3,5% dei medici ospedalieri,
contro il 2,9% della media nazionale, ha deciso di dare le dimissioni. Siamo la quarta Regione d’Italia come percentuale di medici che decidono di licenziarsi, dopo Marche, Veneto e Valle d’Aosta”.
Dall’analisi dell’Anaao emerge che si scappa più dalla provincia. Le specialità con maggiore emorragia sono state, in Piemonte nel 2019, Rianimazione, Medicina d’Urgenza, “perché prevedono molti turni disagevoli ed un lavoro usurante”, Pediatria, “perché offre allettanti sbocchi sul territorio”, e a seguire Ortopedia e Ginecologia, “che permettono di lavorare nel privato”.
In ospedale i problemi sono molti, spiega l’Anaao:
– il taglio del personale e la carenza di specialisti hanno creato organici sempre più ridotti rendendo insostenibile il carico di lavoro;
– la presenza delle donne in sanità è in progressivo aumento, e i turni disagevoli previsti dal lavoro in ospedale non consentono, soprattutto a loro, di dedicarsi alla famiglia come vorrebbero;
– il lavoro burocratico è diventato intollerabile;
– l’autonomia decisionale è svilita, la professionalità poco premiata e per nulla incentivata;
- il coinvolgimento nei processi decisionali è assente;
- il loro lavoro ha perso valore, anche economico, come il proprio ruolo sociale;
- la solitudine di fronte a tutte le mancanze e le carenze organizzative è pesante da tollerare;
– il rischio di denunce legali e aggressioni, verbali e fisiche, è aumentato negli anni;
– le ambizioni di carriera sono frustrate.
"In queste condizioni, il privato diventa sempre più attrattivo, anche per la possibilità di un trattamento fiscale agevolato del reddito prodotto. La medicina di famiglia o specialistica ambulatoriale per il fatto di non conoscere il lavoro notturno e festivo. La speranza è soprattutto di avere un lavoro meno burocratico, più autonomo, con orari più flessibili”.
Per l’Anaao PIemonte, poi, “la pandemia Covid aggraverà le fuoriuscite”, che nel 2021 saranno probabilmente più alti ancora.