Incroceranno le braccia il prossimo il 26 marzo i medici del servizio di emergenza territoriale della Campania. A proclamare lo sciopero 16 sigle sindacali che manifesteranno sotto la sede della Regione Campania in via Santa Lucia, a Napoli, contro la
decisione regionale che prevede non solo la sospensione dell’indennità oraria di 5 euro e 16 centesimi già percepita dai medici del 118 dal 1999 ad oggi, ma anche la restituzione delle indennità già ricevute.
In un documento inviato al prefetto di Napoli,
Marco Valentini e al presidente della Regione Campania
Vincenzo De Luca, firmato dai sindacati
Anaao, Aaroi, Cimo, Cgil Medici, Cisl Medici, Uil Medici, Fvm, Fassid, Anpo Ascoti Fials Medici, Fesmed, Fimmg, Smi, Snami, Sumai Assoprof, Fespa e Intesa Sindacale hanno quindi messo nero su bianco le ragioni della protesta.
“Nonostante le azioni messe in campo allo scopo di addivenire a una positiva composizione della vicenda della retribuzione dei medici convenzionati di emergenza territoriale – scrive l’Intersindacale – allo stato nulla è cambiato e anzi alcune Aziende, oltre al taglio della retribuzione già posto in essere, minacciano contemporanee azioni di recupero fino a un quinto dello stipendio. C’è stato un incontro tra il capo di Gabinetto della Regione Borgo, del quale abbiamo apprezzato l’impegno promesso di una interlocuzione qualificata con la procura generale della Corte dei Conti – proseguono le sigle sindacali – ma tuttavia tale impegno è stato giudicato tardivo soprattutto in considerazione del fatto che non è stata proposta una scadenza temporale definita. Le decurtazioni contribuiscono a rendere insostenibile lo sforzo dei medici di emergenza territoriale già profondamente provati dalla necessità di essere in prima linea per la pandemia in atto”.
Per sigle sindacali non è “secondario il fatto che la retribuzione totale offerta a questi medici in Campania è nettamente al di sotto delle altre Regioni fatto questo che ha determinato il progressivo depauperamento del servizio di emergenza territoriale che è passato dalle 1.411 unità previste dalla delibera di giunta regionale del 2004 alle 500 unità complessive di oggi”.