Gentile Direttore,
l’emergenza epidemica ha trovato nella Regione Lazio una rete di servizi territoriali fortemente depotenziata e con organizzazioni disomogenee nelle 10 Aziende sanitarie. Questi due aspetti hanno particolarmente accentuato le difficoltà di risposta del “sistema”. Dall’avvio del Piano di Rientro del luglio 2008 i servizi territoriali del Dipartimento di Prevenzione e dei Distretti hanno subito un netto ridimensionamento. Sono stati questi a pagare il prezzo più alto nelle complessive azioni regionali tendenti all’equilibrio di bilancio.
Questo fenomeno si è ulteriormente accentuato negli ultimi cinque anni per l’applicazione da parte delle Direzioni Generali di modelli organizzativi, a volte molto originali, ispirati a convincimenti non supportati da evidenze scientifiche sulla loro efficacia, disattendendo le indicazioni delle normative emanate dallo Stato e dalla stessa Regione tendenti a rendere la risposta ai bisogni di salute in forma integrata e omogenea.
In larga misura i modelli organizzativi applicati dalle Aziende sanitarie sono stati troppo complessi e di difficile applicazione operativa, accentuando in questo modo la cronica carenza di risorse. Spesso al Distretto non è stato riconosciuto il ruolo trainante l’integrazione assistenziale, sua peculiare caratteristica, privilegiando la frammentazione organizzativa che ha fatto pagare alla collettività prezzi altissimi in termini di costi e di capacità nel rispondere ai bisogni.
Si potrebbero fare numerosi esempi per dimostrare questo fenomeno sviluppatosi negli ultimi anni e più volte monitorato dalla Card Lazio con specifiche indagini, ma due sono particolarmente significativi e che certamente impattano o andranno a impattare nella gestione dell’emergenza. Il primo riguarda l’assistenza domiciliare non finanziata adeguatamente, con servizi in gran parte esternalizzati e, paradossalmente in alcune Aziende sanitarie, non gestita dal Distretto.
E’ evidente che questa scelta oggi sta comportando difficoltà organizzative non di poco conto impedendo tempestive risposte agli interventi richiesti e rendendo difficile programmare presso il domicilio dei pazienti interventi coordinati. Il secondo riguarda i centri vaccinali che hanno visto modalità organizzative e risorse assegnate particolarmente difformi nelle 10 ASL regionali (indagine Siti-Card 2017), centri che avranno un ruolo strategico per le campagne vaccinali del prossimo autunno e, quando sarà disponibile, per garantire alla popolazione il vaccino contro il COVID-19.
In questo contesto per lungo tempo la Regione non ha esercitato il necessario ruolo di governance del sistema permettendo la progressiva frammentazione dell’offerta dei servizi riducendo la loro capacità nel rispondere ai bisogni di salute in modo unitario.
L’attuale emergenza ha imposto alla Regione Lazio di prendere posizione nei confronti delle Aziende sanitarie per evitare che viaggiassero in ordine sparso. Ha avviato il 9 aprile scorso un programma di potenziamento delle cure primarie che, basandosi sul convincimento che “l'attuale condizione di diffusa emergenza e l'evolversi della situazione epidemiologica, cui si associano le disposizioni di distanziamento sociale e di isolamento domiciliare, impongono l'assunzione immediata di iniziative relative alla prevenzione, monitoraggio e presa in carico delle persone a livello territoriale”, assegna al Distretto un ruolo “Centrale” a cui compete “la presa in carico della popolazione fragile mediante la sua profilazione tramite questionario, la valutazione del rischio, la programmazione ed effettuazione degli interventi conseguenti, nonché il monitoraggio/verifica dell'attività erogata”.
Sembra una cosa ovvia, ma non lo è per il contesto regionale dove le ASL in larga misura hanno svuotato il Distretto delle funzioni assegnate dalla normativa, pensando nel loro “piccolo mondo aziendale” di poter governare autonomamente, secondo propri convincimenti, come si diceva, non supportati da evidenze scientifiche e continuando a dare all’area ospedaliera la funzione strategica ed essenziale per la lotta al COVID-19.
Questo importante cambio di rotta della Regione Lazio prevede nello specifico la garanzia di canali di ascolto attivo del bisogno dei cittadini, lo svolgimento della funzione proattiva, con particolare riferimento alla popolazione fragile, l’assistenza ai casi confermati COVID-19 in isolamento domiciliare, alberghiero o altro, attivando modalità di sorveglianza sanitaria e il monitoraggio delle strutture residenziali sociosanitarie e socioassistenziali, compresi gli alberghi protetti nelle due fattispecie di assistenza a soggetti COVID e non COVID.
Per raggiungere questi obiettivi la Regione Lazio ha previsto la costituzione di un Coordinamento unico per ogni Distretto, realizzando in questo modo il superamento dei modelli organizzativi parcellizzati delle singole ASL, la costituzione delle Unità Speciale di Continuità Assistenziale Regionale (USCAR) per COVID-19 e di gruppi di Assistenza Proattiva Infermieristica (API) collegati con l’assistenza domiciliare con standard di 1 infermiere ogni 10.000 residenti. Gli obiettivi assegnati al Distretto prevedono l’ascolto attivo degli assistiti sui bisogni di salute sia legati che non legati al COVID-19, l’azione proattiva per le patologie croniche con particolare riguardo alle fasce di popolazione più a rischio, l’assistenza ai casi confermati COVID-19 e il monitoraggio e gli interventi su strutture residenziali sociosanitarie e socioassistenziali.
Come si vede la Regione Lazio finalmente ha assunto la funzione di governance sull’organizzazione delle singole Aziende sanitarie determinando in questo modo un’azione propositiva e propulsiva per rispondere al meglio ai bisogni della popolazione ed eliminando ogni aspetto di diseconomia organizzativa che ha portato nel passato ad avere risposte parcellizzate e inadeguate dell’offerta assistenziale. Questo è un segnale importante per le Direzioni aziendali nell’orientarle a superare l’immotivata autonomia organizzativa.
Sta emergendo da parte dei professionisti impegnati nei servizi di sanità pubblica e dall’analisi degli elementi critici evidenziati durante l’epidemia che a livello nazionale risulta ormai indispensabile procedere a sostanziali modifiche del SSN che prevedano:
- il superamento dell’attuale forma di autonomia regionale per rendere omogeneo nel territorio nazionale l’intervento assistenziale e possa dare allo Stato la possibilità d’intervenire nelle emergenze in modo efficace e tempestivo sull’intero territorio nazionale;
- l’obbligo da parte delle Aziende sanitarie ad attenersi alle indicazioni organizzative regionali per rendere uniforme l’organizzazione dei servizi evitando la frammentazione nello stesso territorio, elemento che finora ha ulteriormente reso complesso l’intervento sanitario;
- l’affiancamento alle Direzioni Generali delle aziende sanitarie di organismi indipendenti di controllo, al fine di riequilibrare in ambito aziendale le funzioni di governo e controllo completando in questo modo il processo di aziendalizzazione avviato nel 1992 con il primo riordino del SSN;
- il potenziamento reale della rete dei servizi territoriali di sanità pubblica e con formazione di gruppi di Dirigenti preposti, con particolare riguardo alle direzioni di Distretto che dovranno essere dirette da professionisti di sanità pubblica particolarmente capaci ad affrontare ogni tipo di bisogno assistenziale della popolazione di riferimento;
- la ricerca in tempi rapidi di nuove forme contrattuali per i Medici di Medicina Generale, per i Pediatri di Libera Scelta, per i Medici di Continuità Assistenziale e per i Medici Specialisti Ambulatoriali al fine del loro pieno inserimento operativo nella rete della sanità pubblica territoriale.
L’uniformità organizzativa nelle ASL e il reale potenziamento della rete dei servizi territoriali sono due aspetti che la Regione Lazio può autonomamente affrontare e che possono rientrare in pieno nell’attività di governance avviata con il provvedimento di potenziamento della rete delle cure primarie. Sono aspetti che necessitano d’indirizzi specifici e che divengo indispensabili per garantire alla popolazione un’assistenza territoriale complessiva rispondente ai bisogni assistenziali legati all’epidemia e alle azioni proattive per le patologie croniche.
Rosario Mete
Presidente della CARD Lazio (Confederazione delle Associazioni Regionali di Distretto)
Docente Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive Sapienza Università di Roma