Il mercato fermo almeno dal 2010 e la difficoltà a redigere stime aggiornate sul valore esatto degli immobili oggetto di dismissione, frenano la
vendita del patrimonio in mano alle aziende sanitarie della Toscana. Anche per questo la Regione sta lavorando ad una modifica della legge 40, e in particolare degli articoli che riguardano l’utilizzazione e le procedure di alienazione (articoli 114 e 115), per arrivare alla dismissione di un patrimonio che dalla fine degli anni Novanta, e per oltre dieci anni, ha fruttato 325milioni di euro (dal 2010 ad oggi le vendite hanno prodotto solo circa 15milioni). Lo ha reso noto l’assessore regionale alla Sanità,
Stefania Saccardi, intervenendo negli scorsi giorni in Consiglio per una comunicazione in materia.
“Secondo quanto ricostruito da Saccardi – riferisce una nota di sintesi dell’ufficio stampa del Consiglio -, ad oggi risulta ‘non utilizzato a fini sanitari e inserito in programmi di alienazione’ un patrimonio immobiliare ‘molto consistente’, il cui valore esatto non è facile calcolare perché la documentazione è composta ‘almeno in parte da perizie piuttosto datate’, ossia “eseguite – ha spiegato l’assessore – in periodi precedenti la crisi del mercato immobiliare”.
Per affrontare la difficile congiuntura economica e dismettere gli immobili che hanno le caratteristiche per andare sul mercato, le aziende sanitarie stanno cercando di ottenere “nuove stime dall’agenzia delle entrate”. Un’operazione comunque non immediata in quanto il nuovo soggetto istituzionalmente preposto al calcolo “non dispone di un organico sufficiente ad evadere le numerose richieste in tempi rapidi. Si prospettano periodi lunghi anche di tre, quattro anni”, ha chiarito Saccardi. Da qui l’intenzione della Regione di attuare una modifica legislativa per la compilazione delle stime anche da parte degli uffici tecnici delle aziende sanitarie o tramite ricorso a professionisti esterni (iscritti all’albo dei consulenti presso il tribunale”.
In caso di aste andate deserte, si pensa anche di attivare una “procedura di evidenza pubblica ridotta nei termini e negli obblighi di pubblicità”, in modo da poter consentire alle Asl di procedere “celermente e ricorrendo anche alla trattativa privata”.
Un’ulteriore misura di intervento legislativo prevede la “possibilità di praticare ribassi rispetto al prezzo di stima”. “Non volendo comunque introdurre delle soglie di ribasso automatiche – ha spiegato Saccardi –, l’orientamento è quello di prevedere l’emissione di un avviso pubblico a maglie larghe con una decurtazione del prezzo fino al 5 per cento, ovvero pari al valore di oscillazione della stima”. Si ipotizza anche di “procedere con ulteriori stime a valle di ogni asta non andata a buon fine, introducendo un meccanismo per la dilazione del pagamento che possa agevolare la dismissione”.
Saccardi ha inoltre comunicato al Consiglio gli esiti dell’avviso pubblicato nel 2016, finalizzato ad “avviare un confronto informale con soggetti interessati ad un eventuale acquisto”. I beni oggetto di alienazione sono stati selezionati sulla base di criteri (immobili non utilizzati, con valore stimato unitario superiore a 1millione e con valore indicato nel bilancio inferiore a quello stimato dalla Asl, immobili appartenenti al patrimonio di tutte le aziende) e ne è scaturito un elenco di 26 stabili su cui le manifestazioni di interesse “sono state numerose”, ma tuttavia non risolutive. Non si è conclusa infatti alcuna vendita, “a conferma della grave crisi che investe il mercato immobiliare”, ha osservato l’assessore.
Circa un anno fa, a marzo 2018, la Regione ha anche sottoscritto un protocollo d’intesa con l’agenzia del demanio per “l’avvio di iniziative di valorizzazione, razionalizzazione e dismissione del patrimonio”. La collaborazione è aperta anche ad Anci e consentirà, tra l’altro, di “avviare le necessarie attività di concertazione utili a favorire i cambi di destinazione d’uso degli immobili”.
Dopo la comunicazione, il dibattito e il voto che ha respinto i due atti collegati, la proposta di risoluzione presentata da
Tommaso Fattori e
Paolo Sarti (Si - Toscana a Sinistra) e una mozione a firma
Monica Pecori (Gruppo Misto Toscana per Tutti)
La proposta di risoluzione illustrata da Tommaso Fattori intendeva impegnare la Giunta a prevedere l’esclusione della vendita di patrimonio considerato strategico perché potenzialmente efficace per assolvere funzioni sanitarie o socio-sanitarie. Si chiedeva inoltre di vietare la vendita di beni dove sono ancora attivi e forniti servizi.
La mozione presentata da Monica Pecori e illustrata da Andrea Quartini, intendeva impegnare la Giunta per evitare la vendita di villa Rodocanacci, immobile di pregio a Monterotondo in provincia Livorno, di proprietà dell’azienda sanitaria Toscana Nord Ovest. Nel testo si chiedeva anche di “ripensare l’utilizzo della villa a fini sociali”, con “fruizione gratuita per i cittadini, nell’ottica delle politiche sui beni comuni di recente integrate nello statuto della Regione”.
“Dopo tanto tempo siamo ancora fermi all’anno zero. La grande idea della Regione sul problema dell’alienazione dei beni è una modifica di legge, ma il nodo non verrà mai sciolto. Non vedremo mai la vendita degli immobili. Dichiarare che c’è una sorta di danno erariale, mi pare anche poco”, ha commentato
Maurizio Marchetti (Fi) al termine della comunicazione resa all’Aula dall’assessore Saccardi. Secondo il consigliere “non è accettabile scoprire oggi che c’è da dare un valore agli immobili. Doveva già essere noto e doveva già essere fatto anche attraverso il confronto con le realtà locali per capire la destinazione d’uso dei diversi beni”, ha detto rilevando che anche “l’appetibilità di un immobile determina il posizionamento sul mercato”. Marchetti ha inoltre rilevato come sia stato disatteso l’indirizzo “unanime del Consiglio espresso nel 2015, al termine della commissione d’inchiesta”. “Fu fatta una ricognizione enorme e individuato un patrimonio di 600/700 milioni di valore complessivo”.
Di “svendita” ha parlato Tommaso Fattori (Si - Toscana a Sinistra), in riferimento alle modifiche di legge annunciate da Saccardi. “Si parla di ribassamento dei prezzi e vendita ai privati. Nel frattempo mancano servizi sul territorio, società della salute, case famiglia”. Da Fattori, che ha anche illustrato uno dei due atti collegati alla comunicazione è necessario ragionare sulla possibilità di ripensare l’utilizzo del patrimonio immobiliare “in funzione sanitaria o socio-sanitaria”. “Potrebbe avere una funzione strategica nell’ambito della domanda legata all’integrazione tra assistenza ospedaliera e territoriale”. “La crisi del mercato – ha concluso – ha frenato il progetto di alienazione ma non c’è stato un ripensamento della strategia”.
“Il tema è complesso. Gli immobili non più utilizzati sono un problema. Capisco e riconosco le difficoltà ma dobbiamo lavorare ad una progettualità definitiva”, ha detto
Jacopo Alberti (Lega). Parlando dei sopralluoghi fatti quando era presidente della commissione controllo, il consigliere ha ricordato le tante risorse spese per la messa in sicurezza di alcuni beni e riferendosi ai tanti di immobili di pregio, ha chiarito quanto sia alto il rischio che possano diventare “patrimoni di macerie”. “Valutiamo se ci sono fondi europei da sfruttare”, ha chiesto ricordando le situazioni di disagio che quotidianamente vivono anziani, disabili, e in generale persone in difficoltà. Anche in questo senso ha parlato di “destinazioni diverse” da prendere in considerazione.
Di “scelta responsabile” ha parlato Elisabetta Meucci (Pd). “In un’epoca di grandi risorse si può anche pensare di investire nel recupero e nel mantenimento degli immobili. In tempo di crisi è diverso. L’obiettivo delle politiche regionali è quello di fornire servizi alla comunità e la scelta fatta da questo esecutivo emerge chiara”. Per la consigliera, la strategia immobiliare “è fatta”, ma ha avvertito: “Non si può riconvertire facilmente” e poi ha dichiarato di non voler sentir parlare di svendita. “Stiamo sul mercato con tutte le garanzie che si richiedono. Non stiamo svendendo”.
“Facciamo una valutazione corretta e attenta, consapevoli che ci sono immobili che hanno caratteristiche non facilmente modificabili”, è stato il commento di
Serena Spinelli (Articolo 1 - Movimento Democratico e Progressista), che ha aggiunto rivolgendosi all’assessore: “Occorre uno sforzo, occorre stringere un patto con i nostri territori per capire quali sono le esigenze cui dare risposte”. Ritrovandosi poi nella proposta di risoluzione presentata da Tommaso Fattori e annunciando il voto a favore, Spinelli si è invece detta contraria a una mozione firmata da Monica Pecori. “Non possiamo non vendere nulla”.
Di argomento “molto complesso da un punto di vista normativo, urbanistico e di funzioni” ha parlato
Andrea Quartini (M5S), che ha comunque rilevato la “mancanza di una strategia. Non si capisce cosa si intende fare”. Ha citato poi la commissione d’inchiesta della scorsa legislatura, in cui veniva “suggerito fortemente che insieme a Estar venisse creato un modello di gestione con caratteristiche di terzietà”. Una sorta di “cabina di regia” che il consigliere vorrebbe ritrovare oggi anche per “rivedere tutto l’assetto”, pensato dall’esecutivo.
“Per molti anni gli investimenti in sanità non sono stati finanziati. Si è dovuto pensare ad altro e ricorrere a mutui o alienazioni per recuperare risorse. In ogni caso assicuro che non c’è stata alcuna forma di alterazione dei bilanci attraverso la stima degli immobili”, è stata la replica di Stefania Saccardi.
L’assessore ha anche ammesso che “non tutto si deve vendere. Se ci sono attività istituzionali, non si aliena a meno che non sia previsto un trasferimento o un accorpamento”. E sul nodo del cambio di destinazione d’uso è stata chiara: “Non c’è ostacolo, e non c’è mai stato, né ci sarà, a patto che le amministrazioni diano il loro contributo”. “Se ci sono idee di utilizzo diverse, e risorse, siamo ben disponibili a discutere come peraltro abbiamo già fatto”, ha spiegato.