“Un’altra prima mondiale per la sanità veneta. E non sarà l’ultima. Ancora una volta siamo di fronte a un mix straordinario di conoscenza scientifica, di tecnologie disponibili, di razionale coraggio dei sanitari che, di fronte a un organo ritenuto inoperabile perché troppo malato, non si arrendono e trovano una nuova via per combattere quel male e tenere vivo quell’organo. Con orgoglio e riconoscenza, grazie al
professor Cillo e allo staff tutto di Chirurgia Epatobiliare e dei Trapianti Epatici dell’Azienda ospedaliera di Padova”. È quanto ha affermato il presidente della Regione del Veneto Luca Zaia in una nota.
"Con queste parole - prosegue la nota -, il presidente
Luca Zaia commenta l’eccezionale intervento, eseguito per la prima volta al mondo a Padova, su un paziente con metastasi al fegato al quale prima è stata trapiantata una piccola porzione di fegato ricevuta da donatore vivente, rigeneratasi in 17 giorni vicino all’organo malato, poi rimosso in videolaparoscopia. Sono state applicate 3 tecniche chirurgiche di alta specializzazione: l’asportazione di metà del fegato affetto da metastasi; il trapianto in posizione ausiliaria della porzione di fegato donato (a fianco del fegato malato); l’asportazione in videolaparoscopia del fegato malato residuo dopo aver ottenuto una rigenerazione fino ad oltre il doppio del volume della porzione del fegato donato".
“Al di là dell’eccezionalità dell’intervento - nota Zaia - con la prima mondiale dell’utilizzo totale della tecnica minivasiva per asportare l’organo malato, siamo di fronte alla possibile apertura di una nuova frontiera. Se gli studi confermeranno le premesse, la tecnica utilizzata rappresenterà infatti una straordinaria fonte di donazione aggiuntiva a quella oggi disponibile, caratterizzata da un bassissimo rischio di complicanze per i donatori viventi, vista la bassa percentuale di fegato donata (solo il 20%). Questa tecnica inoltre rappresenta una possibilità concreta di trapianto di fegato per i numerosissimi pazienti con metastasi inoperabili da tumore del colon-retto oggi affidati alla sola chemioterapia”.
“Ce n’è abbastanza - conclude Zaia - per provare stupore, orgoglio e speranza di nuove guarigioni, forse fino a ieri impossibili. E se succede da noi, invece che in America o in Australia, un motivo c’è”.