La Regione Sardegna vanta oggi eccellenti risultati nel contrasto della Peste Suina Africana (PSA) tanto da soddisfare pienamente le attese della Ministra
Giulia Grillo che ne riconosce il merito per l’export. Ma dagli uffici della Regione Sardegna tangono a precisare che è bene ricordare come questi risultati siano il frutto di un’intensa riforma di oltre quattro anni e mezzo di lavoro dall’insediamento della Giunta di
Francesco Pigliaru, che non possono, per ovvi motivi, restringersi al riepilogo riduttivo di pochi mesi di attività collegati al cambiamento di Governo a livello nazionale.
“Il contrasto alla peste suina africana non è soltanto abbattere gli animali – afferma
Giovanni Salis, Capo di Gabinetto dell’Assessorato regionale per la Sanità sino al marzo 2018 -, quando siamo subentrati in Assessorato nel Marzo 2014 ci siamo trovati con una situazione ormai avviata alla decisione da parte del Ministero della Salute di un Commissariamento molto forte, molto rigido, per garantire dei controlli accurati da questo punto di vista. Per prima cosa abbiamo quindi preso d’urgenza contatto con gli uffici dell’allora Ministero della Salute e ci siamo opposti fermamente al commissariamento perché comunque va bene il rigore, ma è importante avere anche il consenso e l’organizzazione per poter procedere.”
La legge 34/2014 che istituisce l’Unità di Progetto per l’eradicazione della PSA e riorganizza la veterinaria in assessorato
La Regione ha così cominciato a fare programmazione ed a riorganizzare il suddetto settore. A cominciare, per iniziativa della Giunta, da una legge regionale, la n.34/2014, che è stata approvata da tutta la maggioranza in Consiglio regionale ed ha avuto l’astensione di tutta la minoranza (35 voti favorevoli e 14 astenuti). “In questa legge vi sono tutte le prime norme per il contrasto della peste suina africana – dice Salis -, con l’Istituzione dell’Unità di Progetto per l’eradicazione della PSA e la riorganizzazione anche dell’assessorato sulla parte veterinaria, sulla sanità animale, per la quale questa legge disciplina che il Direttore del Servizio della Sanità Pubblica Veterinaria Regionale deve essere un veterinario. Sembra quasi una cosa scontata se non fosse che questo requisito, prima di essere legiferato, non veniva rispettato.”
La Giunta ha dunque istituito l’Unità di Progetto che prevede un coordinamento tra l’Assessorato alla Sanità, i servizi veterinari delle Asl (ora ATS) e dell’Istituto Zooprofilattico di Sassari, l’Assessorato all’Ambiente sia con Fo.Re.S.T.A.S. che con il Corpo Forestale, l’Assessorato all’Agricoltura, la Presidenza della Giunta tramite il Direttore Generale del Presidente che è stato nominato a presiedere l’Unità di Progetto. Oltre ai tre Assessorati e l’ATS, inoltre, è stato inserito anche il centro di referenza nazionale della peste suina (CEREP), un consulente esperto di fama mondiale, il Prof. Josè Manuel Sanchez Vizcaino che è il protagonista della eradicazione della PSA in Spagna, Portogallo, Sud America, ed altri Paesi. Con convinzione anche il Ministero della Salute ha voluto partecipare attivamente al lavoro dell’Unità di Progetto. Il rappresentante del Ministero è il Direttore Generale della Sanità Animale e dei Farmaci Veterinari (DGSAF).
“L’Unità di Progetto è intervenuta in diversi settori – sottolinea l’ex Capo di Gabinetto -, innanzitutto nel settore sanitario, si è riorganizzato tutto il sistema dei controlli con dei provvedimenti ad hoc ed a seconda della biosicurezza si sono classificati i vari allevamenti; si è organizzato il sistema veterinario, fino ad arrivare ad una task force con il compito preciso di controllare la PSA. Quindi all’interno dei servizi veterinari regionali dell’ATS c’è un gruppo di veterinari che si occupano specificatamente ed esclusivamente del controllo della PSA, con un piano di controllo, un piano di prelievi e analisi, un piano che riguarda il benessere animale. Il tutto è stato fatto esclusivamente con fondi regionali.
Il piano per il depopolamento
La Regione ha tentato all’inizio di esternalizzare il depopolamento dei suini, ma nessuna ditta ha partecipato al bando e quindi è stato deciso di farlo con équipes interne. L’Assessorato dell’Agricoltura ha proposto alcuni benefici per gli allevatori che rispettassero le norme sanitarie, ad iniziare da incentivi sul benessere animale, sulla recinzione, sulla registrazione anagrafica degli allevamenti ecc.; nel 2016 è stato inoltre superato insieme al Ministero della Salute il problema delle sanzioni. Infatti accadeva che nel caso in cui un allevatore si autodenunciava, per regolarizzarsi, la norma precedentemente in vigore prevedeva comunque una sanzione di 10 mila euro. Norma che scoraggiava gli allevatori.
Questa sanzione è stata fatta passare da 10 mila euro a circa 400 euro. Per cui, con questa iniziativa, è stato garantito che anche chi avesse un allevamento con un significativo numero di animali, e decideva di procedere alla regolarizzazione, era soggetto alla semplice sanzione di 400 euro. Prima di cominciare con i depopolamenti, è stata data agli allevatori l’opportunità di regolarizzarsi senza nessuna sanzione, dopodiché si è dato la possibilità di regolarizzarsi con la nuova sanzione, e così molti allevatori di molti paesi si sono regolarizzati. Conseguentemente il carico di animali allo stato brado è diventato molto minore.
“Perché ci si è concentrati sui suini allo stato brado? – spiega Salis -, perché sono i principali diffusori della malattia. Questi animali possono essere trovati in tre condizioni sanitarie, o con il virus, ossia con la malattia in atto, e questo è il caso più grave, ne sono stati trovati spesso a Desulo e Orgosolo, o sierologicamente positivi, cioè con gli anticorpi e il che vuol dire che hanno avuto la malattia e che può comunque ripresentarsi, ossia possono reinfettarsi perché per una qualsiasi forma di stress il virus che magari è incistato da qualche parte, in qualche linfonodo, può nuovamente tornare in circolo e infettare gli altri animali. Oppure possono risultare sierologicamente negativi. Però essendo a contatto con gli altri animali sempre allo stato brado prima o poi lo prendono, per questo motivo vengono abbattuti tutti (stamping-out) e non ha senso che debbano essere depopolati in tempi successivi.
Dopodiché vengono sotterrati in siti idonei, definiti in modo che non ci sia contaminazione dell’ambiente. Il depopolamento inoltre si effettua con il coinvolgimento delle forze dell’ordine e delle prefetture perché tutte le attività vengano svolte in sicurezza; l’abbattimento dei suini bradi è iniziato a fine 2016 e fino a marzo 2018 sono stati eseguiti circa 2.000 abbattimenti. Gli animali allo stato brado ricordiamoci sono animali non controllati, non registrati, completamente sconosciuti di cui la situazione igienico sanitario è totalmente ignota, e le cui carni non possono per questo motivo essere destinati al consumo umano. Molto spesso questi animali vengono inoltre confinati in ambienti angusti, a volte senza neanche porte o finestre, alimentati attraverso dei piccoli imbuti, quindi vivono in condizioni non solo igieniche sanitarie inidonee ma anche in condizioni di grave degrado etologico e di sofferenza dell’animale stesso.
La riduzione dei focolai e l’eradicazione della Psa in alcune aree
Allo stesso modo l’Unità di Progetto è intervenuta sui cinghiali – continua - sensibilizzando i cacciatori che hanno collaborato sempre più con efficacia ed in modo più completo, ciò ha dato la possibilità di effettuare numerosi esami e di verificare che il virus sta circolando molto meno. Si osservano così, in numero significativamente ridotto, meno animali sieropositivi e meno animali che sono virologicamente positivi. Quindi da un punto di vista epidemiologico c’è stato un netto miglioramento: un minor numero di focolai nel domestico, un minor numero di casi di sieropositività nell’animale selvatico, cioè nel cinghiale. Anche i suini allo stato brado sono andati numericamente a ridursi, non ci sono quasi più nelle terre pubbliche; se ne possono trovare ancora alcuni in terreni privati, e quindi la situazione epidemiologica di questi animali sta nettamente migliorando al punto che i focolai sono ridottissimi e in alcune aree non si presentano più. Ad esempio l’area della Gallura, del Medio Campidano e anche l’area di Cagliari, oltre che nei territori del Sulcis, Oristano, Sassari, dove da anni non si registrano focolai di PSA”.
Obiettivo: l’esportazione di prodotti
Salis rileva che il miglioramento netto della situazione epidemiologica riscontrata è un risultato che il Ministero della Salute ha il dovere ora di riconoscere e di far valere fortemente nell’interesse della Sardegna e dell’Italia. Ossia nell’interesse degli allevatori onesti che verrebbero premiati per i loro sforzi e sacrifici, si nota un cambiamento anche nel clima sociale: mentre prima i comportamenti illegali o irregolari potevano dirsi abbastanza diffusi, adesso sono confinati a piccoli gruppi in pochissimi paesi; sembrerebbe che la maggior parte della popolazione abbia capito che l’illegalità dell’allevamento è un sistema che non produce ricchezza e che invece si ottiene facendo il contrario.
Quindi tutti questi sforzi concentrati, i numerosi incontri con i sindaci, con gli allevatori, con le associazioni di categoria, hanno portato nel corso di questi quattro anni e mezzo alla consapevolezza che il settore suinicolo è un settore che potrebbe avere una crescita enorme, che potrebbe raggiungere dei prodotti che si collocano nella fascia medio-alta di prezzo, parliamo di prodotti che hanno qualità ma che non hanno la possibilità di essere commercializzati con un prezzo equo alla qualità stessa perché non possono essere esportati. Quindi è necessaria una regolamentazione e un disciplinare per la produzione di prodotti che siano di suini nati e allevati in Sardegna.
“Non si può ancora dire che la peste sia stata eradicata – conclude Salis -, però possiamo dire che abbiamo una situazione epidemiologica talmente migliorata e un controllo talmente capillare ed efficace, che deve consentire alla Regione Sardegna di uscire fuori dalla zona rossa, dalla situazione epidemiologica che viene definita la peggiore, ed entrare in quella fascia che consente l’esportazione di prodotti a iniziare da quelli a lunga conservazione. Adesso è necessario arrivare all’export dei prodotti. Una prima battaglia con protocollo approvato dal Ministero è stata vinta nel 2015 sui prodotti cotti, il maialetto precotto.
La stessa cosa si deve poter fare con i prosciutti e salumi “ben più pregiati di lunga stagionatura come scritto anche nelle norme comunitarie, poiché la stagionatura devitalizza il virus. Ma ora la Sardegna può garantire prodotti sani, di alta qualità, senza rischi di diffusione della PSA. Fin dall’inizio del mandato politico nel 2014 l’Assessorato alla Sanità ha sempre avuto un rapporto di collaborazione col Ministero e non certo da questi ultimi mesi, e non in contrapposizione come è giusto che sia tra Istituzioni”.
“Il Ministero ha sempre apprezzato negli ultimi anni la determinazione della Giunta, del Presidente della Regione, dell’Assessorato alla Sanità e del sistema regionale sardo dell’Unità di Progetto, ma anche degli allevatori e di tutti quanti hanno partecipato nell’operatività per porre fine a questa piaga. Ci si aspetta dunque - conclude Salis - che il Ministro ora faccia la sua parte. E non abbiamo dubbi che la farà”.
Elisabetta Caredda