Le ragioni della bocciatura delle Regioni alla manovra di bilancio sono riassunte in un documento votato all’unanimità e che riassume le
“Valutazioni in ordine alle principali criticità della manovra finanziaria 2011-2013” (
in allegato, a fondo pagina, il documento integrale)
.
Registrata la crisi lo scorso giovedì, dopo l’incontro con il ministro Tremonti, le Regioni aprono ora una fase di iniziativa per ottenere modifiche sostanziali alla manovra economica proposta dal Governo: oggi alle ore 17 incontreranno le forze sociali ed economiche (sindacati, Confindustria, Confcommercio ecc.) mentre per domattina sono fissati gli incontri con tutti i gruppi parlamentari, di maggioranza e di opposizione.
Il nodo essenziale è la ripartizione dei tagli previsti dalla manovra: “Il peso dei tagli – ha sintetizzato Vasco Errani, presidente della Conferenza dei presidenti – ricade sulla manovra per oltre il 50%, anche se in questi anni il comparto regionale ha mostrato di essere più capace di eliminare gli sprechi, riducendo complessivamente i suoi costi del 6%, mentre i costi dello Stato centrale crescevano di oltre il 10%”. La richiesta quindi è che, mantenendo il saldo finale, il peso sia ripartito equamente tra i comparti della Repubblica. Secondo Formigoni il Governo dovrebbe comportarsi come “un buon padre” ripartendo equamente i sacrifici tra tutti i figli, invece come “un padre sciamannato” li fa ricadere in gran parte sulle spalle del “figlio più virtuoso”, le Regioni appunto.
Le Regioni denunciano inoltre che i mancati trasferimenti mettono a rischio molti servizi fondamentali, come i trasporti locali, ponendo anche una questione di incostituzionalità perché non rispetta “la doverosità della corrispondenza tra funzioni attribuite e risorse a disposizione”, come si legge nel documento regionale.
E malgrado le molte dichiarazioni del ministro Tremonti, secondo Errani ci sono tagli anche per la sanità: “Ribadiamo che il Patto per la Salute viene toccato, perché la manovra farmaceutica è di fatto una riduzione del Fondo sanitario di 600 milioni all’anno. I risparmi ottenuti con un maggiore controllo sull’appropriatezza, invece, dovevano servire a coprire i costi dei farmaci innovativi”. A questi occorre poi aggiungere le difficoltà prodotte dal blocco dei contratti del pubblico impiego, che ovviamente riguardano anche medici e infermieri e che rendono difficilissima le trattative per interventi di cambiamento strutturale della sanità: territorializzazione, riduzione dei posti letto ospedalieri ecc.
Unanime la posizione in materia di federalismo fiscale. “Con questa manovra – ha detto Errani – si riducono sostanzialmente i margini per la realizzazione del federalismo fiscale, mentre la Conferenza dei presidenti chiede l’attuazione i tutte le sue parti della legge 42 sul federalismo fiscale”. Dunque, sembra di capire, nessuna “fuga in avanti”: se non si troverà un accordo sulla manovra, anche i decreti sul federalismo fiscale non potranno avanzare.
E.A.