L’osteoporosi è diffusa in tutte le Regioni, anche per effetto del progressivo invecchiamento della popolazione e incide profondamente sullo stato di salute e di benessere delle persone affette perché provoca gravi complicanze come le fratture, che peggiorano la qualità di vita e spesso ne riducono la durata.
Per questo è stato approvato in Stato Regioni il documento di indirizzo concernente “Una strategia di intervento per l’osteoporosi”, elaborato dal Tavolo di lavoro sulla prevenzione dell'osteoporosi e delle fratture da fragilità presso il ministero della Salute. Obiettivo è definire un approccio sistematico complessivo che consenta il raccordo e il coordinamento programmatico degli interventi di prevenzione, diagnosi precoce e cura dell'osteoporosi e delle sue complicanze, definendo priorità e obiettivi strategici da perseguire a breve, medio e lungo termine, in un'ottica di integrazione e valorizzazione delle singole competenze e professionalità.
Pur essendo notevolmente migliorate le possibilità di diagnosi precoce e terapia, la mancanza di un disegno strategico generate ha fatto in modo che gli interventi a oggi adottati per affrontare la patologia siano stati prevalentemente settoriali e frammentari, privi del raccordo tra prevenzione, diagnosi, cura e gestione delle complicanze nell'ambito delle cure primarie e delle diverse branche specialistiche coinvolte, ognuna per gli aspetti di competenza.
Attualmente la risposta al problema è inadeguata per diversi motivi, tra cui:
• assenza di una strategia generale;
• carenza di dati epidemiologici;
• insufficiente formazione e scarsa sensibilizzazione degli operatori sanitari sull'importanza della prevenzione fin dalle prime fasi della vita, secondo un approccio "life course";
• frammentarietà degli interventi di prevenzione e mancanza del necessario coordinamento programmatico tra le eterogenee figure professionali , le strutture e i servizi coinvolti;
• assenza di protocolli di diagnosi e cura, integrati e condivisi.
II documento formula una proposta di percorso operativo per l'osteoporosi e le fratture da fragilità, da realizzarsi in base ai modelli organizzativi di ciascuna Regione, tenendo conto delle conoscenze, competenze e risorse a disposizione, per favorire la standardizzazione dell'offerta di salute e ridurre le differenze territoriali.
II documento tiene conto della necessita di:
• favorire la prevenzione e/o r identificazione precoce della malattia ;
• migliorare la formazione degli operatori sanitari, in particolare dei pediatri di libera scelta e dei medici di medicina generale;
• promuovere un miglior collegamento tra ospedale e territorio, tramite la costituzione di reti assistenziali integrate che favoriscano un approccio personalizzato e interdisciplinare;
• migliorare l' aderenza del paziente alla terapia;
• migliorare l'identificazione e la gestione appropriata della prima frattura da fragilità, adottando un modello di gestione del paziente condiviso e multidisciplinare;
• promuovere informazione e comunicazione corretta alla popolazione generale, finalizzata a diffondere e migliorare le conoscenze sui corretti stili di vita e sulla malattia.
I risultati dello studio ESOPO (Epidemiological Study On the Prevalence of Osteoporosis) del 2001, condotto su 16.000 pazienti (donne tra i 40 e i 79 anni e uomini tra i 60 e i 79 anni) in 83 centri specialistici su tutto ii territorio nazionale, ha fatto emergere un dato di prevalenza di osteoporosi del 22,8% nelle donne di 40-79 anni, e di quasi il 50% per le donne di età superiore ai 70 anni. Le fratture osteoporotiche oltre i 50 anni di età colpiscono un uomo su cinque e una donna su tre. Si stima che il rischio di frattura osteoporotica nel corso della vita negli uomini di età superiore ai 50 anni arrivi fino al 27% e sia superiore al rischio di sviluppare il cancro alla prostata, che e dell'11,3 per cento.
I dati sono coerenti con l' indagine Istat "La salute e ii ricorso ai servizi sanitari , anno 2013" . Alla domanda "E’ affetto o e stato affetto in passato da una o pdt delle seguenti malattie o condizioni patologiche di lunga durata?" , il 25,1% degli italiani ultrasessantacinquenni ha dichiarato di aver ricevuto una diagnosi di osteoporosi. Le percentuali sono più alte in Sardegna (32,8%), Campania (31,3%) e Sicilia (30,l %), più basse in Trentino Alto Adige (16,6%), Valle d'Aosta (18%) e Friuli Venezia Giulia (18,9%).
Considerando le donne tra 45-79 anni la percentuale e del 19,5%, mentre considerando solo le donne ultra 70enni si arriva al 43%. L' analisi delle serie storiche dei dati raccolti dall'indagine !stat "Aspetti della vita quotidiana" tra il 2001 e ii 2016 conferma che le donne sono più colpite degli uomini dall' osteoporosi con un rapporto che nella popolazione generale e di circa 7:1 e che la prevalenza dell'osteoporosi presenta un trend in crescita, in particolare nelle donne.
Uno studio pubblicato nel 2013, inoltre, riporta una prevalenza di osteoporosi del 33,67% in una coorte di 995 donne italiane in post-menopausa (45-92 anni) reclutate con metodo casuale tra la popolazione generate.
La formazione delle tutte le figure professionali coinvolte rappresenta un nodo centrale in un percorso efficace ed efficiente. E' quindi fondamentale che, dalla formazione universitaria ai successivi percorsi accreditati, gli operatori sanitari acquisiscano competenze specifiche sull'osteoporosi per l'ambito più generate della prevenzione primaria e della promozione della salute, e per la diagnosi precoce e il trattamento dei pazienti.
E' necessario rilevare i bisogni formativi del personale (sanitario e non sanitario) anche in relazione al terna della gestione integrata e al lavoro di team.
Gli interventi formativi devono prevedere un coordinamento regionale di progettazione, pianificazione e valutazione delle iniziative attivate ed una procedura "a cascata".
Gli obiettivi principali da garantire per gli operatori sanitari comprendono il miglioramento delle conoscenze:
a) sulla fisiopatologia dell'osteoporosi;
b) sulla promozione della salute e sulla gestione dei fattori di rischio;
c) sugli interventi per l'identificazione precoce delle persone a rischio;
d) sull'appropriatezza delle terapie e sui modelli di gestione e di assistenza.
L' apprendimento continuo degli operatori va favorito anche attuando processi strutturati e periodici di audit, ai diversi livelli assistenziali, su aspetti sia clinici che organizzativi.