Due gemelle siamesi di 17 mesi unite per il torace e per l’addome sono state separate con successo all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. L’intervento di separazione su Rayenne e Djihene, provenienti dall’Algeria, è durato 10 ore ed è stato eseguito da un team multidisciplinare di circa 40 persone guidato dal prof. Alessandro Inserra, direttore del Dipartimento Chirurgico. Per preparare l’intervento sono stati realizzati modelli e stampe 3D delle gemelle. Una speciale procedura ha consentito di dimezzare la durata dell’operazione (in media di 18-20 ore) riducendo il tempo di esposizione delle bambine all’anestesia.
Le gemelle sono nate il 10 maggio 2016 in Algeria. “I medici – riferisce l’ufficio stampa del Bambin Gesù - non avevano dato loro alcuna speranza: la vita delle bambine era appesa a un filo. Mamma e papà, però, non si sono arresi. Erano convinti che qualcuno, nel mondo, sarebbe stato in grado di salvarle”. Così hanno lanciato un appello su Facebook. Alla richiesta di aiuto hanno risposto in tanti, compresa un’associazione francese, Halal Verif, che si è fatta carico delle spese di viaggio e di alloggio della famiglia. Nel giro di 6 mesi bambine e genitori hanno potuto lasciare la loro città di origine, Oum El Bouaghi, nel nord-est dell’Algeria, e trasferirsi in Italia, a Roma, per permettere alle gemelle di essere curate al Bambino Gesù.
“Nella storia dell’Ospedale – fa sapere ancora l’ufficio stampa - è il secondo caso di separazione di gemelli siamesi. L’unico altro intervento di questo tipo risale all’inizio degli anni 80, più di 30 anni fa, e fu eseguito su due gemellini maschi. Anche in quel caso si trattava di siamesi toraco-onfalopaghi (con torace e addome uniti)”.
L’ufficio stampa fa poi sapere che un’altra coppia di gemelle siamesi, ricoverate nel reparto di Neonatologia del Bambino Gesù, verrà separata nelle prossime settimane. Provengono dal Burundi e sono unite per la zona sacrale (pigopaghe).
Il percorso clinico e chirurgico delle piccole pazienti algerine e burundesi rientra nell’ambito delle missioni umanitarie promosse dall’Ospedale pediatrico della Santa Sede. Nel 2016 i casi pro bono sono stati circa 50.
Gli organi stampati in 3D
Stampa degli organi in 3D, TAC e risonanze tridimensionali. Sono gli strumenti di ultimissima generazione utilizzati dai chirurghi per studiare il caso clinico e per pianificare l’intervento. Durante la fase di indagine, la struttura, gli organi, la rete vascolare e le dimensioni delle gemelline sono state "replicate" in ogni dettaglio. La preparazione all’intervento di separazione è durata quasi un anno: 11 mesi (da novembre 2016 a ottobre 2017) per consentire all’organismo delle gemelle di sostenere un’operazione chirurgica così complessa e aggressiva. Gli studi clinici sono stati condotti da medici e specialisti di 7 diverse aree: Chirurgia generale, Neonatologia, Chirurgia plastica, Cardiochirurgia, Anestesiologia e rianimazione, Chirurgia epato-bilio-pancreatica, Diagnostica per immagini.
Cosa avevano in comune. cosa è stato ricostruito
Rayenne e Djihene avevano in comune la gabbia toracica e la cavità addominale, il pericardio (la membrana che riveste il muscolo cardiaco) con due cuori dentro e il fegato, ma con una rete vascolare speculare e distinta che ne permetteva la separazione. Nel corso dell’intervento sono state divise le costole e il fegato; ricostruiti lo sterno (prima inesistente) e il diaframma; è stato diviso e ricreato il pericardio con sostanze biologicamente compatibili; sono stati ricostruiti addome e parete toracica. La quantità di pelle necessaria per concludere l’operazione è stata ottenuta inserendo ai lati del tronco delle gemelline, nei mesi precedenti l’intervento di separazione, due espansori cutanei in silicone.
Il giorno dell’intervento
L’operazione è stata eseguita sabato 7 ottobre 2017 e è durata circa 10 ore, 2 delle quali dedicate alla preparazione anestesiologica, le restanti alla separazione delle gemelle e alla ricostruzione di addome e torace. Al tavolo operatorio si sono avvicendate 5 équipe chirurgiche a cui era stata assegnata una precisa fase dell’intervento. Dopo la separazione, la procedura di ricostruzione è stata condotta in parallelo in 2 sale operatorie. “Grazie a questo tipo di organizzazione, è stato possibile ridurre la durata dell’operazione e quindi il tempo di esposizione delle bambine all’anestesia”, spiega l’ospedale. Dopo un periodo di osservazione in terapia intensiva, il 24 ottobre le piccole algerine sono potute tornare nel reparto di Chirurgia.
“La chiave del successo di un intervento così complesso – sottolinea
Alessandro Inserra, Direttore del Dipartimento chirurgico – è stato proprio lo scambio di esperienze e il confronto continuo tra alcune delle migliori professionalità del Bambino Gesù che si sono prodigate senza riserve in ogni segmento del percorso che ci ha portati fino a qui. La fase di studio è stata curata in ogni dettaglio così che al momento dell’intervento ognuno sapesse esattamente dove e come operare. Tutto ciò ha consentito di portare a termine tutto l’intervento nello stesso giorno con diverse unità chirurgiche che hanno lavorato a ritmo serrato non più di tre ore ciascuna. Affrontare questo lungo cammino con i colleghi, il personale coinvolto e i genitori delle piccole che non ci hanno fatto mai mancare il loro sostegno, è stata un’esperienza esaltante a livello umano e professionale”.
“Il nostro futuro e quello delle bambine è nelle mani di Dio, ma vorremmo che il loro percorso di cura proseguisse qui in Italia, al Bambino Gesù, dove siamo stati accolti come in una famiglia. Come possiamo fidarci, ancora, di chi diceva che le nostre figlie non sarebbero sopravvissute?” commentano nella nota diffusa dall’ufficio stampa dell’ospedale
Amina e Athmané, i genitori di Rayenne e Djihene, all’indomani dell’intervento di separazione.
A quattro settimane dall’intervento, Rayenne e Djihene dormono e giocano ciascuna nel proprio lettino del reparto di Chirurgia. “L’intervento di separazione si è concluso senza complicazioni” afferma Alessandro Inserra “le bambine non hanno problemi funzionali e stanno bene. In futuro si dovrà intervenire nuovamente per correzioni di natura estetica, ma il loro percorso di crescita sarà normale”.
L’ospedale dei bambini del mondo
Il numero dei bambini provenienti dall’estero, accolti e curati al Bambino Gesù, cresce ogni anno sia per le sempre più frequenti richieste di aiuto da tutto il mondo, sia per il moltiplicarsi dei progetti di cooperazione promossi dall’Ospedale Pediatrico della Santa sede.
Nel 2016 i pazienti internazionali a carico dell’Ospedale sono stati 46, provenienti da 18 diversi Paesi (Albania, Algeria, Benin, Bielorussia, Costa D’Avorio, Egitto, Etiopia, Israele, Kenya, Kossovo, Marocco, Moldavia, Nepal, Nigeria, Palestina, Sira, Somalia, Ucraina), per un costo complessivo - tra spese sanitarie e di accoglienza - di oltre 1 milione di euro. Rispetto all’anno precedente, nei primi 9 mesi del 2017 il numero dei pazienti stranieri assistiti pro bono al Bambino Gesù è quasi raddoppiato.
“Ci piace pensare al Bambino Gesù come all’ospedale dei bambini del mondo. Da alcuni anni ormai – spiega la presidente
Mariella Enoc - siamo impegnati a condividere la capacità di cura con i Paesi che hanno più bisogno di affiancamento e solidarietà e sono sempre di più quelli che chiedono interventi di assistenza e formazione del personale. Ma sono tanti anche i bambini, come Rayenne e Djihene, che arrivano qui per affidarsi alle mani competenti dei medici e del personale del Bambino Gesù. Risultati come quello che presentiamo oggi premiano la grande professionalità che quotidianamente viene spesa al servizio dei piccoli e lasciano intravedere la generosità e il cuore che l’accompagnano sempre. Siamo molto orgogliosi che l’una e l’altra costituiscano il ‘marchio di fabbrica’ del Bambino Gesù”.