Allerta massima dei servizi sanitari e veterinari della Regione Sardegna per i nuovi casi di Trichinella comparsi nelle campagne di Orgosolo con il ritrovamento del parassita in nove cinghiali abbattuti nella giornata di caccia del 27 novembre scorso. Il tema è stato illustrato in una conferenza stampa questa mattina a Nuoro, nella sede dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna (IZS). All’incontro hanno partecipato il direttore generale dell’IZS,
Alberto Laddomada, la dirigente del Servizio sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare dell'assessorato della Sanità,
Daniela Mulas, il responsabile del dipartimento IZS di Nuoro,
Ennio Bandino, e
Pietro Mesina, già primario di malattie infettive all’ospedale San Francesco di Nuoro ed esperto sugli effetti del parassita nell’uomo.
Ai cinghiali, cacciati a Orgosolo in località “Olai”, due settimane fa erano stati prelevati i campioni di diaframma, per essere analizzati, come previsto dalla normativa e come ribadito dalle prescrizioni sulla caccia al cinghiale istruite dall’Unità di Progetto (UdP) per l’eradicazione della Peste suina africana (PSA).
“Dopo i dovuti controlli e le verifiche effettuate dall’Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna, che su alcuni aspetti saranno ancora approfonditi”, la Regione invita i cittadini a “prestare la massima attenzione nel consumare le carni suine”.
“In vista delle festività natalizie e delle tradizionali lavorazioni della carni per la produzione dei salumi, che tante famiglie fanno in casa, - ha spiegato Laddomada – invitiamo tutti i sardi ad acquistare carni sicure e provenienti da allevamenti sottoposti a controllo sanitario. Raccomandiamo quindi ai consumatori di evitare l’acquisto di maiali allevati al pascolo brado illegale e senza alcun controllo sanitario. È necessario – ha aggiunto il direttore generale dell’IZS – prendere coscienza che si tratta di animali che potenzialmente potrebbero avere virus, parassiti o altri patogeni dannosi per la salute per l’uomo”.
Daniela Mulas ha ricordato che “è sempre possibile effettuare le macellazioni domestiche ad uso famiglia, di suini allevati legalmente, avendo cura di garantire l’obbligatoria presenza di un veterinario della ASL che attesti la salubrità delle carni, così come previsto dalla legge”.
L’Unità di Progetto per l’eradicazione della PSA ribadisce “la forte preoccupazione per la possibilità che, alla luce dei ritrovamenti del parassita nei cinghiali, sia forte la probabilità della presenza della Trichinella anche fra i maiali domestici illegali che vivono allo stato brado nei territori di Orgosolo e dei Comuni confinanti. Questo conferma la necessità di rafforzare la lotta all’allevamento illegale dei maiali per tutelare la salute di tutti e liberarsi di un intollerabile vincolo allo sviluppo di una suinicoltura di qualità, che rappresenta una grande occasione di sviluppo e lavoro per tutta la Sardegna e per le nostre aree interne, in particolare”.
La Trichinellosi, ricorda la Regione, è una zoonosi parassitaria del genere Trichinella. Presente in tutti i continenti, tranne che nell’Antartico, è stata segnalata in più di 100 specie di mammiferi, 13 specie di uccelli, 3 di rettili e colpisce più di 2.500 persone ogni anno e può portare alla morte. “Si tratta di una larva infettante. Un piccolo verme parassita di circa 1mm di lunghezza che si può trovare nei muscoli dei maiali e di animali selvatici quali la volpe e il cinghiale. Gli animali infetti da Trichinella non mostrano alcun segno della malattia e quindi non possono essere distinti da quelli sani”. Così Ennio Bandino che ha aggiunto: “Per identificare i soggetti colpiti è necessario effettuare un esame di laboratorio. Il principale serbatoio è la volpe, ma anche altri carnivori come il lupo, la martora, la donnola e i gatti selvatici”.
“La presenza della Trichinella nella fauna selvatica e la promiscuità tra questa e i suini allevati allo stato brado – ha osservato Mulas – è un motivo in più (si pensi alla PSA) per agire con determinazione nel favorire la regolarizzazione degli allevamenti illegali e l’avvio di nuovi modelli di allevamento sottoposti a controllo sanitario e al pascolo confinato”.
La trasmissione. Il parassita si localizza inizialmente a livello intestinale per dare poi origine a una nuova generazione di larve che migrano nei muscoli dove si incistano. “La trasmissione all’uomo – ha detto Pietro Mesina – avviene esclusivamente per via alimentare con il consumo di carne cruda o poco cotta contenente la larva del parassita. Il periodo di incubazione è di circa 8-15 giorni, con variazioni da 5 a 45 giorni a seconda del numero dei parassiti ingeriti. La trasmissione può avvenire attraverso il consumo di carni suine (maiale e cinghiale) o equine”.
I sintomi. “La sintomatologia classica – ha proseguito Mesina – è caratterizzata da diarrea (riscontrata in circa il 40% dei soggetti infettati), dolori muscolari, debolezza, sudorazione, edemi alle palpebre superiori, fotofobia e febbre”.
La prevenzione. La carne va consumata ben cotta, in modo che le eventuali larve presenti vengano inattivate o distrutte dal calore. È sufficiente 1 minuto a 65°C che raggiunga tutte le carni, fino all’osso. Il colore della carne deve virare dal rosa al bruno. La selvaggina e i maiali macellati a domicilio devono essere esaminati da un veterinario per determinare l’eventuale presenza delle larve del parassita. Se non è noto se la carne è stata sottoposta a esame Trichinoscopico, è bene congelarla per oltre un 1 mese a -20°C, controllati e reali attraverso l’utilizzo di sonde tarate non presenti nei classici frigoriferi domestici. Un congelamento prolungato e certo uccide infatti le larve. “Nel caso di allevamento di maiali – ha precisato la dottoressa Mulas – è necessario impedire che i suini mangino la carne cruda di altri animali, anche ratti, che potrebbero essere stati infettati. Infine, è molto importante ricordare che: salatura, essicamento, affumicamento e cottura al forno microonde della carne non assicurano l’uccisione del parassita”.
L’arrivo in Sardegna. Il parassita, spiega la Regione, “è presente in Sardegna dal 2005 quando in due distinti focolai (aprile e dicembre) 19 persone finirono in ospedale con sintomi clinici causati da grave infestazione di Trichinella. In entrambi i casi, verificatisi a Orgosolo, venne accertata che l’origine dell’infestazione era dovuta al consumo di insaccati freschi provenienti da suini macellati clandestinamente senza alcun controllo sanitario”.
Nel 2007 ci fu un altro caso su un uomo “e poi nessuna segnalazione fino al gennaio 2011 quanto è ricomparsa con 6 casi che hanno richiesto il ricovero in ospedale. Il numero degli infettati sarebbe potuto essere molto più elevato se non si fosse adottata un’ordinanza comunale, concordata con l’assessorato regionale della Sanità, che consentiva il controllo degli animali irregolari macellati per consumo familiare nel comune di Orgosolo. Tali analisi risultarono positive su altri 8 capi destinati al consumo familiare e prontamente sequestrati”.
L’area da investigare dal punto di vista scientifico si scelse in base ai pregressi focolai riscontrati nell’uomo e in alcuni maiali allevati allo stato brado, con l’obiettivo di verificare la eventuale diffusione del parassita anche nei territori limitrofi. “Considerando Orgosolo come epicentro dell’infestazione –spiega la Regione - sono stati monitorati, in primo luogo, i territori confinanti e quindi le zone dei Comuni più distanti delle vecchie province di Nuoro e dell’Ogliastra. Nei diversi ritrovamenti di questi ultimi 11 anni, l’unica specie di Trichinella ritrovata in Sardegna è la Trichinella Bitrovi”.
La Trichinella, se si esclude un'unica positività riscontrata nel 2008 in un cavallo importato dai Paesi dell’Est e macellato regolarmente in un mattatoio della provincia di Cagliari, è stata rilevata solo nei territori del comune di Orgosolo. “L’infezione – ha illustrato Bandino –, dai primi focolai del 2005, si è diffusa in quasi tutto l’agro del Comune di Orgosolo e si avvicina pericolosamente ai Comuni limitrofi. I cinghiali e le volpi del territorio di Orgosolo sono ben monitorati, mentre nelle zone dei comuni limitrofi non si hanno campionature sufficienti sulle volpi per poter stabilire con certezza la presenza o l’assenza della parassitosi”.
“Se negli ultimi anni i campioni prelevati sui cinghiali, e poi analizzati dall’IZS, si attestavano su una media di 12mila in tutta la Sardegna, per ogni stagione venatoria – ha precisato Laddomada –, nella stagione di caccia in corso si è già arrivati a 10mila campioni raccolti da inizio novembre a oggi”.
Come evitare l’infezione. “Il periodo invernale – spiega la Regione - rappresenta il momento di maggior rischio di infezione per l’uomo, perché in questa stagione tradizionalmente si macella il maiale per preparare prosciutti, salsicce, guanciali, pancetta, coppe, etc. Questi prodotti fatti in casa rappresentano la principale sorgente di infezione perché non sottoposti a cottura ed è quindi assolutamente necessario che tutti gli animali macellati o cacciati siano sottoposti all’esame specifico per la ricerca della Trichinella, prima del loro consumo”.
Viste le recenti positività nei cinghiali, “anche in Sardegna i cacciatori sono una categoria a rischio e dovrebbero essere ben informati sui rischi collegati alla mancata ispezione sanitaria o all’abbandono di visceri o carcasse nell’ambiente che in caso di positività amplificherebbero la diffusione della malattia. Su questo aspetto – spiega la Regione - l’Agenzia agricola Laore sta organizzando da mesi diversi, in collaborazione con i Servizi veterinari delle ASL, corsi di formazione/informazione dove oltre 4000 cacciatori hanno avuto modo di apprendere le nuove regole sanitarie sulla raccolta dei campioni e sulla lavorazioni delle carni del cinghiale”.