Sindacalisti, quindi, ma anche medici, psicologi, volontari, che hanno come comune denominatore l'impegno quotidiano all'interno della case circondariali laziali. Tutti sono stati ascoltati ieri in un'audiozione alla commissione sanità della Pisana.
Il problema principale emerso durante il primo incontro con Confedir è legato soprattutto al sovraffollamento delle strutture e alla parziale applicazione della riforma che ha di fatto passato le competenze in materia di medicina penitenziaria dal ministero della Giustizia al ministero della Salute, e quindi alle Ausl.
Ad oggi, i reclusi nelle carceri regionali sono 6.630 rispetto a una capienza massima stimata in 4.856 unità. Il sovraffollamento incide molto sulla salute dei detenuti e degli agenti di polizia, anche in virtù di presidi medico-infermieristici non sempre in funzione ventiquattro ore su ventiquattro.
Denunciata anche una inadeguatezza degli apparecchi diagnostici in dotazione agli ambulatori carcerari e l'eccessivo ricorso a strutture esterno di pronto soccorso in mancanza di presidi adeguati dentro le case circondariali. Con il conseguente intasamento di ospedali pubblici e il massiccio dispiego di forze di polizia per rendere sicuro il trasporto di detenuti feriti o colpiti da malore, hanno spiegato gli agenti della Uil Pa - Penitenziari e Fns Cisl.
Tutte le sigle ascoltate dalla Commissione concordano sull'istituzione di un tavolo permanente sulla sanità penitenziaria e sulla necessità di individuare da parte della Regione Lazio una struttura trasversale ad hoc che faccia da interlocutrice per tale problematica, alla stregua del Garante dei detenuti.