Formigoni ha tenuto a sottolineare come sia riuscito a riformare la Lombardia in questi quindici anni, senza necessità di riforme federaliste. “La mia critica al federalismo fiscale – ha poi precisato – è che si limita a prevedere regole virtuose solo per Regioni e Comuni, senza applicare la regola del ‘chi sbaglia paga e lascia l’incarico’ anche ai ministri e all’intero Governo”.
L’obiettivo di ogni amministrazione deve essere “il pareggio dei conti e la qualità dei servizi”. Queste due voci non sono affatto incompatibili, l’amministrazione della Regione Lombardia ne è un esempio, “siamo l’unica Regione in pareggio dal 2003, ormai da sette anni, basta solo applicare le regole del buongoverno”, ha incalzato Formigoni. Tra queste regole vige quella di “premiare i virtuosi e punire i viziosi”. Proprio a questo riguardo Formigoni ricorda come, ad esempio, i mitici tornelli antiassenteisti di Brunetta, siano stati da lui istituiti già dal ’99. Ma soprattutto, ha sottolineato il presidente lombardo, “i nostri dirigenti sono premiati: il 30% della remunerazione è legata a quel che producono”.
Riguardo l’amministrazione, infine, Formigoni ha parlato della necessità di introdurre la spesa standard al posto di quella storica. “Non si può continuare a pagare un camice cinque euro da una parte e cinquanta dall’altra. Lo stesso numero dei dirigenti parla da sé: la Lombardia ha 3mila dipendenti contro i 30mila di altre regioni, e costi sanitari più bassi”.
G.R.