Nessun braccio di ferro con Renzi. Per rilanciare la sanità meglio stringere un’alleanza. E il passepartout è un pacchetto di proposte da sottoporre al Governo preferibilmente “prima della redazione definitiva del Def” sulle quali gli assessori regionali alla Sanità e al Bilancio lavoreranno nelle prossime settimane. Solo dopo questa fase “si potrà capire se sia davvero impossibile evitare di andare ad incidere ancora sulle risorse per la sanità”.
Ecco la linea d’azione che il neo presidente della Conferenza delle Regioni
Stefano Bonaccini intende mettere in campo per risollevare le sorti della sanità, come ci ha raccontato in questa intervista a tutto campo. Molti i temi toccati, dal Fondo per il 2016 “sufficiente” se le Regioni sapranno “giocare fino in fondo la partita della razionalizzazione della spesa, della centralizzazione degli acquisti, della lotta agli sprechi”, fino al Patto per la Salute i cui contorni sono sicuramente da “ridefinire”, ma partendo dal principio che il “Patto è stato uno strumento utile anche per tenere sotto controllo il governo della spesa pubblica”.
Bonaccini è consapevole che il periodo delle vacche magre non è finito. Le Regioni, ha infatti spiegato, dovranno ricorrere a interventi organizzativi che, sul momento, potranno anche “rivelarsi dolorosi” ma, nel lungo periodo potranno diventare “la terapia migliore per una sanità”. E si dice certo che di fronte ad una prospettiva di questo genere incasseranno l’attenzione e la sensibilità del Presidente del Consiglio.
E poi in fondo al tunnel, per il neo presidente, una luce c’è, ed è quella che arriverà con riforma del Titolo V, con la quale si supererà il “bicameralismo perfetto” e che consentirà alle Regioni di entrare nel “futuro Senato da protagoniste”. Una riforma che Bonaccini promuove a pieni voti, in quanto “mette in cantina l’ambiguità delle competenze concorrenti, ma non snatura l’architettura istituzionale che è alla base della bipartizione delle competenze legislative fra Stato e Regioni”.
Presidente Bonaccini, innanzitutto auguri per il suo mandato alla guida delle Regioni anche perché credo che ne abbia bisogno soprattutto alla luce delle sfide future che attendono le Regioni sul fronte della sanità. Dovrete, infatti, garantire nuovi Lea, attrezzarvi per il Piano vaccini, erogare i farmaci anti epatite C dai costi elevati e tutti gli altri innovativi in arrivo sul mercato. E non parliamo poi delle partite di contratti e convenzioni sanitarie ancora in attesa del fischio d’inizio e i cui costi stimati secondo i vostri calcoli si aggirano sui 500 milioni, per una spesa totale “aggiuntiva” di 2,1 miliardi. È pronto? Siete pronti a fare fronte a tutto questo?
È una sfida che dobbiamo accettare. In gioco c’è il diritto alla salute, quindi un interesse prioritario di tutti i cittadini. Ritengo che nessuno – non le Aziende ospedaliere e sanitarie, non le Regioni, né tanto meno il Governo – possa chiamarsi fuori. A mio avviso il Fondo per il 2016 è sufficiente se sapremo giocare fino in fondo la partita della razionalizzazione della spesa, della centralizzazione degli acquisti, della lotta agli sprechi. E questo è un compito di responsabilità che le Regioni si sono assunte. Dall’altro lato occorre tornare a considerare la sanità come un valore, come un settore in cui vale la pena investire, come un’importante occasione di sviluppo. Ci sono aree e centri di eccellenza che dimostrano che questo traguardo è possibile e che per taluni aspetti può rappresentare anche una risposta alla crisi economica, al rilancio dell’occupazione ed una spinta per l’innovazione. Ed è questo un terreno su cui intendiamo confrontarci con il Governo – anche attraverso un’attenta valutazione di ogni buona pratica – nella convinzione che sia interesse comune difendere e rilanciare la sanità pubblica del nostro Paese.
Facciamo però qualche conto. Avete portato a casa un solo miliardo in più rispetto a quanto il Patto per la salute vi avrebbe dovuto garantire. Lei a questo proposito ha parlato di “minor incremento", ma sinceramente facciamo molta fatica a non definirli “tagli”. Inoltre le previsioni per il 2017 non sono rosee: potreste essere chiamati a un nuovo salasso per contribuire alla finanza pubblica. Alla luce di tutto questo cosà chiederà quindi al premier Renzi?
Ecco, questo è un approccio che vorrei provare a cambiare: non vorrei “chiedere”… Vorrei “proporre” invece un’alleanza per il buongoverno e il rilancio della sanità pubblica. Mi auguro che attraverso un lavoro comune dei nostri Assessori alla sanità e dei nostri Assessori al bilancio, possa uscir fuori, nelle prossime settimane, un pacchetto di “proposte” da sottoporre al Governo, magari prima della redazione definitiva del Def. Vedremo allora se sarà davvero impossibile evitare di andare ad incidere ancora sulle risorse per la sanità.
Certo sappiamo che occorrono “opzioni responsabili” e “scelte di campo” e dovremo valutare bene anche il modello complessivo del servizio sanitario, non rinunciando ad interventi organizzativi che sul momento possono anche rivelarsi dolorosi, ma che sul lungo periodo potranno dimostrarsi come la terapia migliore per una sanità che comunque, non dimentichiamocelo mai, resta - sia pura fra luci ed ombre - una fra le migliori d’Europa. E sono sicuro che di fronte ad una prospettiva di questo genere sapremo incontrare l’attenzione e la sensibilità del Presidente del Consiglio.
Avete già previsto una data di incontro?
Il confronto lo chiederemo nel momento in cui questo pacchetto di proposte sarà stato elaborato
In molti sostengono che il Patto per la salute sia da ormai da riscrivere. Cosa ne pensa?
In realtà so che è già in atto un confronto tecnico e politico con il Ministro della Salute. È chiaro che alla luce del nuovo quadro di risorse - di fronte alla necessità di rivisitare i Livelli essenziali di assistenza, alla esigenza di garantire farmaci innovativi e moderni strumenti diagnostici e terapeutici e alla necessità di “snellire” e sburocratizzare i piani di rientro delle Regioni in disavanzo, mettendo queste ultime nelle migliori condizioni possibili per un rapido recupero e l’uscita dal “commissariamento”- sia essenziale ridefinire i contorni del Patto per la salute. Con una considerazione di principio però: il “Patto” è stato uno strumento utile anche per tenere sotto controllo il governo della spesa pubblica come ha ripetutamente riconosciuto la Corte dei conti e questo non va dimenticato.
Ritiene che i costi standard possano essere la leva giusta per uscire dall’impasse e accorciare le distanze tra le Regioni con i conti in ordine e quelle in piano di rientro?
Ne sono convinto, ma l’ottica deve restare quella di un servizio sanitario di tipo universalistico, in grado di fornire gli stessi servizi al Nord come al Sud, e l’obiettivo di un costo standard dev’essere quello di un innalzamento della qualità. I costi standard devono essere un volano per colmare i divari esistenti, senza far retrocedere le numerose eccellenze e le esperienze più innovative che costituiscono un patrimonio per la ricerca e l’assistenza nel nostro paese.
Presidente, insomma dobbiamo intonare il de profundis del Ssn come sostengono in molti a partire dalle stesse associazioni sindacali del settore o no?
Credo proprio di no. Capisco la tentazione di cavalcare demagogicamente ogni singolo episodio di mala sanità - che va censurato e perseguito - ma le strumentalizzazioni non giovano al futuro del Servizio sanitario nazionale. Se ciascuno farà responsabilmente la propria parte, a partire dalle Regioni e dal Governo per arrivare alle organizzazioni sindacali della sanità, sono certo che sarà possibile costruire in tutti settori, anche in quelli delicati della contrattazione, soluzioni possibili. Ma c’è un approccio che dobbiamo – ciascuno per la propria parte – davvero evitare: quello di non considerare il contesto complessivo che ci vede operare in un quadro di risorse limitate.
Commissione sanità, lei ha detto che l’Emilia Romagna è pronta a cedere il timone? Il Veneto che per anni ha avuto il coordinamento si era nuovamente fatto avanti. Possibile pensare a un suo ritorno?
Discuteremo presto questo tema nella sede della Conferenza delle Regioni, ma sono già certo che con il concorso e la responsabilità di tutti i Presidenti troveremo insieme la migliore proposta possibile.
Ultima questione. La riforma del Titolo V. Nella versione ora in discussione alle Regioni si cancella la legislazione concorrente per la sanità che torna saldamente nelle mani del livello centrale. La motivazione di questa scelta è che il federalismo in sanità ha fallito e che si sono addirittura ampliate le differenze tra una Regione e l’altra. Che ne pensa?
La riforma della Costituzione va guardata nel suo complesso perché una visione parziale rischia di distorcerne la portata che io considero profondamente innovativa e necessaria. Si supera il bicameralismo perfetto e le Regioni entreranno nel futuro Senato da protagoniste. Si mette in cantina l’ambiguità delle competenze concorrenti, ma non si snatura l’architettura istituzionale che è alla base della bipartizione delle competenze legislative fra Stato e Regioni.
E per quel che riguarda la sanità se è vero che allo Stato competono - come a mio avviso è giusto che sia - la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni” e le “disposizioni generali e comuni per la tutela della salute”, è altrettanto vero che alle Regioni spettano tutte le funzioni relative alla programmazione e all’organizzazione dei servizi sanitari e sociali.
Mi pare dunque un quadro di una limpidezza assoluta, su cui comunque sarà chiamato a “sorvegliare” un Senato che non solo dovrà “rappresentare le istituzioni territoriali”, ma dovrà anche “concorrere” alla “valutazione delle politiche pubbliche”.
Ester Maragò