toggle menu
QS Edizioni - giovedì 18 luglio 2024

Regioni e Asl

Campania. Orario lavoro medici. Per i sindacati medici: “Il sistema salute è a rischio implosione”

di Ettore Mautone
immagine 24 novembre - Questo l'allarme dei sindacati medici a meno di 24 ore dal ripristino della normativa europea. Evidenziati anche gli "effetti devastanti" che la norma potrebbe avere sui livelli di assistenza, con ulteriore aumento delle liste di attesa, incremento della migrazione sanitaria extra-regionale e con la progressiva impossibilità di garantire Livelli minimi oltre che essenziali di assistenza.
A meno di 24 ore dal ripristino della normativa europea sull’orario di lavoro del personale del Servizio sanitario nazionale si leva il grido di allarme dei sindacati medici. “Lascia sgomenti ed attoniti il silenzio del Governo che rischia di paralizzare buona parte della assistenza sanitaria in molte Regioni, soprattutto quelle sottoposte ai Piani di rientro come la Campania – avverte la Cgil medici - Il 25 novembre 2015 è arrivato con la entrata in vigore della Legge n. 161/2014 che ha abrogato le illegittime disposizioni introdotte dalla legislazione italiana. Scaduta la proroga di un anno – sottolineano Alfredo Garzi segretario generale Fp-Cgil Campania e Giosué di Maro segretario regionale Fp Cgil Medici-veterinari-Spta - che ne posticipava di un anno l’applicazione per consentire una adeguata programmazione da parte del Governo, il lavoro del personale pubblico del Sistema salute dovrà essere riorganizzato in modo da rispettare la normativa europea su orari di lavoro e riposi ma nessuna delle aziende sanitarie pubbliche e private campane è pronta all’appuntamento. L’unica soluzione sarà chiudere servizi, accorpare divisioni e concentrare tutto sull’assistenza in emergenza. Ma il sistema oggettivamente rischia di implodere”. 
 
La Campania, al pari di tutte le altre regioni da domani ha l’obbligo di garantire al personale della dirigenza e del comparto il rispetto delle 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore, tra la fine di un turno ed il successivo, delle 24 ore di riposo settimanale obbligatorio ed il divieto di superamento delle 48 ore di lavoro medie settimanali, comprensive dello straordinario, e delle 12 ore e 50 minuti massimi di lavoro continuo. “Purtroppo, bisogna constatare – continua Di Maro - che a questo appuntamento si arriva in maniera del tutto impreparata, con il paradosso che un cambiamento positivo si possa trasformare in un rischio reale per l’assistenza in una Regione dove da anni la esigibilità del diritto alla salute è in forte pregiudicato e dove si attende, da sei mesi la nomina da parte del Governo del Commissario “ad acta. La Campania, dopo anni di Piano di rientro e di commissariamento, con gli organici ridotti ai minimi termini e 10 mila unità in meno non sostituite negli ultimi anni a causa del blocco del turn over per garantire la giusta applicazione della normativa si vedrà costretta a ricorrere ad accorpamenti, a chiusura di servizi e tagli alla assistenza”. I sindacati sottolineano gli effetti devastanti che la norma avrà sui livelli di assistenza, con ulteriore aumento delle liste di attesa, incremento della migrazione sanitaria extra-regionale e con la progressiva impossibilità di garantire Livelli minimi oltre che essenziali di assistenza.
 
A ribadire che l’assistenza pubblica in Campania sta modendo e non di morte naturale è l’intersindacale medica: “ Cittadini ed operatori della sanità campana ''pagano a caro prezzo, sulla loro pelle e con le proprie tasche, la situazione di dissesto che viene da lontano ed attraversa gli schieramenti''. Così la Cisl Medici, la Cimo, l'Anpo, l'Aaroi, la Fesmed e il Fassid che tornano a puntare il dito sulla precarizzazione di tutti gli aspetti, normativi, gestionali e di programmazione della sanità in Italia e con gravi riverberi nelle regioni commissariate. "La programmazione sanitaria è al palo - avverte Antonio De Falco, segretario regionale della Confederazione medici ospedalieri (Cimo) - e ci sta per cadere addosso la tegola dell'adeguamento alle regole europee sull'orario di lavoro, senza che né a livello nazionale, né a livello regionale si sia ancora fatto nulla, nonostante il fatto che la mancata riorganizzazione dell'assistenza ospedaliera ed il mancato potenziamento di quella territoriale, unito al disastro sugli organici del blocco del turnover, renderà insostenibile e caotica l'organizzazione del lavoro e comporterà la riduzione dell'assistenza e la concentrazione di tutte le energie organizzative nell'emergenza, con ulteriore riduzione delle attività di prevenzione e cura ordinarie”.
 
”Chiediamo che il decisionista Renzi decida di nominare il Commissario ad Acta per la Sanità - dice l'intersindacale - visto che il decisionista De Luca non può decidere da solo nulla in merito, in quanto la nuova norma nazionale disgiunge le funzioni di Presidente della Giunta da quella di Commissario ad Acta. Da ormai sei mesi questa decisione è sospesa e nessuno ne dà una spiegazione, si assiste solo ad uno sterile esercizio del gioco del toto-commissario, ma nessuno spiega quale è il motivo di questo ritardo, quali problemi nasconda o in quali trattative rientri”. I problemi ”sono tanti, accumulati nel tempo ed irrisolti. Anche il processo di stabilizzazione dei precari in camice bianco, che reggono le sorti del 118 come dell'attività assistenziale in corsia, seguono una immissione in ruolo affidata a un pericoloso fai-da-te delle singole aziende sanitarie- continua l'intersindacale - che presta il fianco a forzature normative, inadempienze e in alcuni casi arbitri che potrebbero creare altri esodati del pubblico impiego”. Qui Rosario Lanzetta, responsabile delle attività ospedaliere della Asl Napoli 1, invoca una cabina di regia per controllare tutte le attività legate allo sblocco del turn-over, la mobilità interaziendale e interregionale e la stabilizzazione dei precari.
 
“Al palo anche il piano ospedaliero – continua De Falco - che ha superato i 5 anni di vita e non ancora cammina sulle sue gambe perché mancano ancora gli strumenti di riorganizzazione per le aziende sanitarie (gli atti aziendali), ed a cinque anni dalla nascita è già vecchio perché ci sono (finalmente) linee di indirizzo nazionali con standard ospedalieri da rispettare. Ma anche prima non godeva di buona salute, visti i dissesti creati in alcuni ambiti quali il materno-infantile. Eppure quella della programmazione sanitaria, sempre altalenate, mai certa e mai pienamente realizzata, è una delle stesse cause del debito e dei disservizi. I nuovi elenchi dei direttori generali non sono ancora definiti e così non si possono nominare e si continua nella assurdità del commissariamento diffuso che paralizza ulteriormente la nostra sanità, magari con commissari che non hanno requisiti né vecchi né nuovi per dirigere un'azienda e forse ne avevano neppure l'ambizione”.
 
Intanto nei principali presidi ospedalieri tutte le direzioni sanitarie sono allertate per capire come fare a quadrare il cerchio dei turni. Il caos è dietro l’angolo. “Alcuni servizi dovranno essere ridotti, altri rimodulati, solo nelle attività di emergenza non potremo derogare – dice Giuseppe Matarazzo, direttore sanitario dell’ospedale Vecchio Pellegrini”.
 
Ad auspicare una proroga ci sono anche i direttori generali. “In un ospedale monospecialistico pediatrico come il Santobono – avverte il manager Anna Maria Minicucci - sia i servizi di emergenza sia quelli di elezione risentiranno fortemente della nuova norma. Non possiamo fermarci o permetterci ridimensionamenti di attività, abbiamo già liste di attesa molto lunghe e la stagione invernale comporta picchi di attività in concomitanza con le epidemie influenzali. Non oso pensare quello che possa accadere in assenza di provvedimenti da parte del governo nazionale che dia una ulteriore proroga. Riunioni fiume tra le direzioni sanitarie della Asl Napoli 1 e i vertici della regione per verificare la sostenibilità del provvedimento. Venti medici e trenta infermieri in meno per garantire i turni sono i numeri che nero su bianco ha messo il direttore sanitario del Vecchio Pellegrini Giuseppe Matarazzo. Ma in pratica tutti gli ospedali fanno riferimento a carenze nell’ordine del 20-30 per cento delle unità di personale necessarie ad assicurare tutti i turni secondo le nuove norme.
 
A ribadire l’allarme c’è anche l’Anaao del Cardarelli dove la direzione generale e sanitaria sono in conclave per verificare le aree di maggiore difficoltà. Al Policlinico Federico II l’impiego degli specializzandi non sarà più la panacea per chiudere le falle dell’assistenza e anche docenti associati e ordinari dovranno partecipare ai turni anche se i carichi di lavoro distribuiti tra didattica e assistenza non consentono grandi margini di manovra.  
 
Ettore Mautone
24 novembre 2015
© QS Edizioni - Riproduzione riservata