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QS Edizioni - martedì 26 novembre 2024

Regioni e Asl

Centrale termoelettrica di Cerano. Cnr Lecce e Bari: “Almeno 44 morti l’anno per l’inquinamento”. Ma l'Enel ribatte: “Dati fuorvianti. Nessun pericolo per la salute”

immagine 12 luglio - E' guerra di dati tra il Cnr e l'Enel. Secondo una ricerca del Cnr di Lecce e Bologna le emissioni della centrale a carbone nella zona tra Brindisi, Taranto e Lecce sono letali. Ma l’Enel ribatte citando un precedente studio dell’Arpa della Puglia con risultati diversi e sottolinea che anche l'Oms ''non ha mai stabilito o riconosciuto un nesso di causalità tra le emissioni delle centrali termoelettriche e i tumori"-
''Fino a 44 decessi'' l'anno nella zona di Brindisi,Taranto e Lecce sono attribuibili agli inquinanti emessi dalla Centrale Enel termoelettrica a carbone di Cerano. E' quanto riporta lo studio dei ricercatori Cristina Mangia, Marco Cervino ed Emilio Gianicolo del Cnr di Lecce e Bologna. Lo studio evidenzia il ruolo cruciale per la salute del particolato secondario emesso.
 
L'Enel però, riferendosi ad uno studio Arpa Puglia-Asl-Ares, definisce ''fuorviante'' tale dato: ''non c'è pericolo per la salute''. La centrale termoelettrica situata a Cerano (Brindisi) ha una potenza elettrica di 2.640 MW ed è alimentata annualmente con circa 6 milioni di tonnellate di polvere di carbone. Questa potenza di produzione pone l'impianto in cima alle classifiche dell'Agenzia Europea per l'Ambiente (EEA) per emissioni di sostanze inquinanti. La centrale è entrata in funzione nei primi anni 90. Come anno di studio è stato considerato il 2006, anno intermedio del periodo totale di funzionamento.
 
L'aerea geografica di riferimento, spiega all'Ansa Emilio Gianicolo, ''è rappresentata da 120 comuni delle province di Brindisi Lecce e Taranto. Si tratta di un'area con una popolazione di circa 1 milione e 200 mila persone residenti''.
 
Nel 2006, precisa il ricercatore, ''sono stati 10.267 i decessi totali in questa area considerata. Di questi, fino ad un massimo di 44 - ovvero 4 per 100mila abitanti - sono attribuibili alle emissioni inquinanti della Centrale di Cerano, e cioè al particolato primario ma anche al particolato secondario. Le zone a sud-est della centrale - sottolinea - sono, in media in un anno, quelle più esposte alle emissioni della centrale''.
 
Gli effetti nocivi, avvertono i ricercatori, sono quindi amplificati proprio dal cosiddetto particolato secondario (che si forma in atmosfera per effetto di reazioni chimiche fra ossidi di azoto e ossidi di zolfo, emessi dalla Centrale, con altre sostanze presenti nell'atmosfera stessa). L'area popolata interessata dalla persistenza di particolato secondario è infatti ''molto più vasta - si legge nello studio dal titolo 'Impatto sulla salute della popolazione del particolato secondario originato da una sorgente industriale', pubblicato su International Journal of Environmental Research and Public Health - di quella interessata dal particolato primario. È stato osservato, ad esempio, che il particolato primario ha il suo massimo di concentrazione ad una distanza di circa sei chilometri dalla centrale. Al contrario, le diverse stime per il particolato secondario prevedono che il massimo di concentrazione giunga ad una distanza tra i dieci e i trenta chilometri dalla stessa centrale''. 
 
Ma per l’Enel le emissioni della centrale di Brindisi non sono rilevanti per la salute.Da un recente studio dell'Arpa Puglia ''si evince chiaramente che le emissioni della centrale Enel di Cerano (Brindisi) rispettano le severe norme poste a tutela della salute e dell'ambiente e sono non rilevanti per la salute dei cittadini, e comunque ben inferiori ai limiti di rischio individuati dalla normativa''. A sottolinearlo è lo stesso Enel, in riferimenti ai dati dello studio del Cnr di Lecce e Bologna. Lo studio, sottolinea l'Enel, ''è stato condotto congiuntamente da ARPA, ASL e ARES secondo le modalità previste dalla legge regionale specifica per la valutazione dell'impatto sanitario, assumendo ogni tipo di condizione cautelativa''.
 
Gli autori della ricerca, rileva l'azienda, ''fanno riferimento ad una indagine epidemiologica che devono aver condotto in autonomia, senza tenere conto delle innumerevoli altre fonti emissive contenenti PM 2,5 (auto, caldaie domestiche, aerosol marino, altre industrie) che non si possono isolare per stabilire eventuali ricadute per la salute. Inoltre lo studio non vede il coinvolgimento ed il parere dell'ARPA Puglia e delle ASL (che conduce le indagini epidemiologiche) e dell'ARES che sono gli enti preposti per il controllo e la valutazione di un eventuale danno sanitario. Condizione essenziale perché l'analisi possa avere validità scientifica e giuridica''.
 
Proprio perché la situazione epidemiologica ''non mostra evidenze critiche - afferma l'Enel - l'ARPA ha in corso di svolgimento una serie di approfondimenti per scongiurare ogni dubbio''. Anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità, rileva l'Enel, ''non ha mai stabilito o riconosciuto un nesso di causalità tra le emissioni delle centrali termoelettriche e i tumori. Infine, da uno studio condotto dall'Università di Lione, l'analisi dei dati ufficiali europei e nazionali mostra come, in Italia, l'intero settore termoelettrico incida per meno dell'1% sulle emissioni delle polveri sottili (PM2,5), su cui è stata posta particolare attenzione nelle politiche e nelle azioni di miglioramento della qualità dell'aria in Europa e in Italia''.
 
Fonte: Ansa
12 luglio 2015
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