La stragrande maggioranza sono italiane, sposate o conviventi, ma anche donne libere che spesso hanno detto basta a un rapporto che non volevano più. Sono soprattutto donne tra i 30 e i cinquantacinque anni. Madri di famiglia, studentesse ed anche pensionate.
Tutte hanno un tratto comune: hanno subito violenza. Sei su dieci anche più di una forma di violenza. Donne che conoscono bene loro carnefici: sono i mariti, i conviventi, parenti e anche ex fidanzati; padri, fratelli e figli. Ma possono essere anche conoscenti stretti e colleghi di lavoro. Raramente l’aggressore è uno sconosciuto. E la maggioranza sono ancora sotto il giogo di chi le ha maltrattate
A fotografare il mondo delle donne violate è il
report dei cinque anni di attività condotta da Sportello Donna, un punto di riferimento per donne violate all’interno del Pronto Soccorso dell’azienda San Camillo-Forlanini di Roma. Un’oasi per quelle donne che vogliono uscire fuori da una situazione di prigionia fisica e psicologica, gestito da Be Free Cooperativa Sociale e finanziato dall’Azienda romana e sostenuto da Intervita We World. Un’ancora di salvezza che da luglio potrebbe però non esserci per mancanza di fondi.
Ecco quindi che per fare luce su uno dei capitoli più bui della nostra società, e sollecitare le istituzioni alla massima attenzione verso le donne e quanti con enormi sforzi cercano di dare un supporto reale è stato organizzato oggi al San Camillo di Roma il convegno “Codice violenza” sui modelli di accoglienza per le donne vittime di violenza.
Un incontro che il ministro della Salute,
Beatrice Lorenzin e la presidente della Camera
Laura Boldrini hanno voluto sostenere con un messaggio: “È necessario agire per una presa in carico delle vittime – ha sottolineato nel messaggio Lorenzin – non solo da un punto di vista sanitario, ma anche psicologico e legale, per una cura delle persona nelle sua globalità. Il ministero della salute è in prima linea al riguardo, attraverso strutture sanitarie pubbliche e, tra queste, i pronto soccorso. È qui che più frequentemente le vittime di violenza si rivolgono e che vengono accolte e accompagnate lungo il percorso di presa in carico che prevede un’assistenza sanitaria, psicologica e legale, ma è anche il luogo dove è possibile attivare la rete operativa territoriale. Ritengo che, per ridurre l’incidenza di tale fenomeno, la rete costituisca, un modello vincente, perché pone in campo tutti i soggetti istituzionali e non, coinvolti nel supporto alle vittime, attraverso l’armonizzazione di percorsi condivisi”.
Un plauso a Sportello donna è arrivato da
Laura Boldrini che ha ricordato come il progetto sia “un sostegno innovativo e di grande utilità in grado di andare incontro alle vittime della violenza di genere”. Per questo il presidente della Camera ha auspicato che le istituzioni centrali e territoriali possano trovare “le soluzioni idonee a ripristinare la funzionalità di un servizio dal quale le donne ricevono un empowerment, cioè forza e consapevolezza piena dei propri diritti”.
“Dare un primo servizio di ascolto e cura alla vittima di violenza e costruire poi la sua protezione e il suo percorso di autonomia, tramite la rete degli operatori sociosanitari, delle forze dell'ordine, fino ai tribunali, è parte delle responsabilità delle politiche pubbliche a tutti i livelli” ha aggiunto
Valeria Fedeli, senatrice del Partito democratico e vice presidente del Senato, nel messaggio inviato agli organizzatori dell'incontro “Codice Violenza”
“Per noi parla il dossier” ha sottolineato
Oria Gargano presidente dell’associazione Be free che gestisce lo Sportello donna. “In questi anni – ha raccontato – abbiamo dovuto lottare per proteggere le donne. Abbiamo realizzato un nuovo modello di accoglienza perché questo è il nostro dovere, ma moriremo a lugli se non si interviene”.
Una prima risposta è arrivata dal Direttore alla Salute della regione Lazio,
Flori Degrassi: “Mi impegno a sostenere e a fare diventare Sportello donna un’esperienza diffusa anche nelle altre aziende dove c’è il pronto soccorso. Istituzionalizzare un luogo di presa in carico della donna è fondamentale”. Mentre
Lidia Ravera, assessore alla cultura della regione Lazio, dopo aver ricordato l’importanza di un luogo amico dove la donna non si senta inadeguata, “un luogo del rispetto della diversità e della dignità che accoglie h 24, perché le violenze arrivano nel cuore della notte” ha rimarcato l’importanza di un sostegno economico: “Il presidente Zingaretti è sicuramente molto sensibile a questi argomenti”.
C’è quindi ancora molto da fare, ha spiegato
Maura Cossutta, referente dell’Ao San Camillo Forlanini del progetto sportello donna al pronto soccorso: “Quello della violenza di genere è un problema di sanità pubblica – ha detto – e le istituzioni si devono sentire impegnate su questo fronte anche con un sostegno finanziario. Non dimentichiamo che la violenza ha un costo, se si affrontasse il problema prima, con la prevenzione il costo sarebbe minore”.
“Le buone pratiche – ha aggiunto – devono diventare azioni di sistema. Abbiamo realizzato molto con sportello donna, ma ora stiamo perdendo colpi perché non ci sono più soldi. Ecco perché le istituzioni devo intervenire. E soprattutto non devono dimenticare che i progetti finiscono, ma la violenza contro le donne no”.
Pronto il nuovo piano nazionale antiviolenza. Un sostegno concreto alle persone vittime di violenze di genere e alle strutture che le supportano dovrebbe arrivare a breve dal nuovo piano nazionale antiviolenza. Ad annunciare l’arrivo di un Dpcm,
Giovanna Martelli, consigliere del presidente del Consiglio per le Pari Opportunità. Saranno stanziati 30 milioni di euro per il 2015 ripartiti per la presa in carico sul territorio, la formazione al personale e l’inserimento delle donne vittime di violenza nel mondo del lavoro. Sarà anche istituito all’interno Dipartimento Pari opportunità un Osservatorio per vigilare su fenomeno.
“La violenza sulle donne – ha detto Martelli – è una violazione dei diritti umani, come riconosce la Convenzione di Istanbul. Questo è il nostro mantra. L'obiettivo che ci poniamo con il Piano nazionale antiviolenza, è quello di creare un sistema di protezione capillare e omogeneo su tutto il territorio, superando le attuali carenze. Parlare di violenza alle donne è parlare della violazione dei diritti umani che vanno anche al di là dei nostri confini. Un piano impegnativo che non ha la presunzione di essere la tavola di Mosè è quindi sempre modificabile. Lo strumento individuato – ha aggiunto – è quello di una cabina di regia territoriale interdisciplinare che coordina i vari servizi. È necessario mettere in stretta connessione le offerte di servizi che esistono nei territori, dal medico del pronto soccorso agli operatori dei centri antiviolenza e dei centri per l'impiego. La presa in carico deve essere a 360 gradi. Una donna maltrattata deve sapere che non sarà lasciata sola nel suo percorso di emancipazione dalla vulnerabilità”.