Nella Ausl di Ravenna i pazienti affetti da patologie gravi, o i loro familiari, che vogliono chiedere un secondo parere ad un altro medico lo potranno fare liberamente e a spese dell’Azienda.
È questa l’iniziativa messa in atto dal Direttore generale dell’azienda ravennate, Tiziano Carradori. Un progetto che però ha incassato il “niet” della Federazione degli Ordine dei medici dell’Emilia Romagna in quanto incrinerebbe il rapporto tra medico e paziente. Per questo ha chiesto al manager un incontro urgente (fissato per il prossimo 5 febbraio) invitandolo a collaborare per riconsiderare il progetto. Ed è facile immaginare che sarà un duro braccio di ferro.
Secondo Carradori il progetto “secondo parere” sarebbe un’opportunità per i pazienti in quanto si dà loro la certezza che non è stato lasciato nulla di intentato. Soprattutto, l’Azienda accollandosi i costi della prestazioni offre una chance anche a quanti non possono permettersi di sborsare soldi di tasca propria per pagare una visita privata. Per questo la Ausl ha messo a disposizione dei pazienti un elenco di circa trenta professionisti, di tutta la Regione, che hanno aderito al progetto. Ortopedia, neurologia, ginecologia, oculistica, fisiatria, chirurgia, radioterapia, oncologia, urologia e neuropsichiatria le specialità individuate come tra le più gettonate per un secondo parere.
Ma l’Ordine dei medici la vede diversamente. Il progetto (il primo in Italia), per la Federazione, si traduce un vero e proprio “atto di sfiducia” nei confronti dei medici che formulano la prima diagnosi: una scelta che “ingenera dubbi nel cittadino”, e che crea agli occhi dei pazienti una sorta di classifica di medici di serie A (gli specialisti del secondo parere) e medici di serie B.
Con questo sistema, scrive in una nota la Federazione, il rischio è che si verifichino “palesi violazioni delle norme deontologiche”. Infatti, dal progetto “trasparirebbe che l’errore del medico di prima istanza non solo sia possibile, ma ritenuto di sistema, al punto da imporre l’obbligo del ricorso ad un secondo parere”. In base alle modalità proposte dall’Azienda “i medici del secondo livello o parere (anche se si ritiene che ciò non sia nelle intenzioni dell’estensore del progetto), finirebbero con l’apparire agli occhi del cittadino come veri e propri giudici dei medici che per primi hanno espresso valutazioni cliniche sarebbero cioè considerati come i sicuri esperti cui viene affidato il compito di correggere gli errori commessi dai primi medici”. E tutto ciò, spiega la Federazione “non potrà non apparire quale chiaro atto di sfiducia verso le strutture e gli stessi medici del sistema sanitario regionale”. Tradotto: un sistema che può ingenerare dubbi.
E.M.