"Buongiorno io sono…". I medici napoletani si presentano a cittadini e pazienti per nome e cognome indicando anche il ruolo e la qualifica ricoperta all’interno delle organizzazioni di cui fanno parte. Non solo una formalità e un segno di rispetto verso la condizione di chi soffre, affetto da malattie acute e croniche più o mano gravi, ma anche e soprattutto un modo per aprire porte emotive e segnare un cambio di prospettiva del rapporto medico-paziente tanto declamato nei codici deontologici e nei convegni di medicina ma in realtà seppellito dalla burocrazia e da decenni d’incomprensioni.
L’iniziativa è di
Silvestro Scotti, presidente dell’Ordine dei medici di Napoli e provincia che, insieme a tutto il Consiglio dell’Ordine, nella prima riunione operativa del nuovo anno, ha deciso di aderire al progetto di
Slow medicine, versione italiana dell’analogo progetto pilota lanciato in Gran Bretagna da
Kate Granger una giovane dottoressa che, dopo essere passata ‘dall’altra parte’ ammalandosi di cancro, ha compreso l’importanza di uno sguardo che incrocia e incontra gli occhi dell’altro, di un rapporto umano che tracima in una stretta di mano e che con una presentazione cordiale è capace di scavare nel vissuto dei pazienti toccando corde che nessuna anamnesi è capace di fare.
“Si tratta di comprendere – avverte
Scotti – la reale condizione di sofferenza del paziente, di accompagnare i suoi tempi e le sue esigenze, di farsi carico del vissuto del malato”. La campagna virale avviata sul web con l’hashtag “#buongiornoiosono (hellomynameis) ha già contagiato centina d’internauti in camice bianco, pronti a cambiare atteggiamento nel lavoro quotidiano e a tendere la mano per un saluto e una presentazione, spesso dati per scontati, ma poi lontani dalla prassi quotidiana delle corsie degli ospedali di mezzo mondo.
“Come Ordine dei medici, e anche in qualità di portavoce del nuovo coordinamento, riunito in federazione, degli Ordini della Campania, sento di dover aderire immediatamente a questo semplice gesto che, a mio avviso, come la punta di un iceberg, potrà essere capace, tuttavia, di muovere un’enorme massa di percezioni e vissuti emotivi mortificati da anni difficili. Sotto l’orlo dell’acqua, cova una massa di sentimenti inespressi pronti a disciogliersi l’uno nell’altro e a farsi causa comune. Tra i pazienti che chiedono di essere curati e i medici desiderosi di fare bene il proprio lavoro”.
Presentarsi dunque per facilitare l’individuazione del medico, eliminare malintesi, offrire un’ancora di riferimento a familiari e pazienti, dare attenzione alla sofferenza, garantire disponibilità e soprattutto dare contenuti alla relazione tra medico e paziente.
Ettore Mautone