La discussione sui costi standard sanitari entra nel vivo. E le Regioni, dopo aver dato il loro assenso ad applicarli in via prioritaria sul riparto 2013 seguendo la logica delle 5 regioni benchmark, hanno approvato una nuova proposta per il 2014 da sottoporre al Governo per modificare l’attuale legge sul federalismo fiscale.
La proposta prende lo spunto da una nota della Regione Toscana (
vedi allegato e
intervista all'assesore Marroni) che ribalta sostanzialmente la logica del documento del ministero della Salute del luglio scorso basato su 5 Regioni benchmark dalle quali selezionare le tre di riferimento per l’applicazione dei costi standard al riparto del fondo sanitario.
La proposta, sulla quale si dovrà ora lavorare nel merito per trasformarla in una norma emendativa al Dlg 60 del 2011 (le Regioni spingono perché si possa fare già in sede di legge di stabilità), abbandona di fatto la logica delle Regioni benchmark prevedendo in alternativa “un metodo che definisca a cadenza annuale, ed in connessione con l’attribuzione alle regioni delle risorse destinate ai servizi sanitari, standard di qualità e livelli obiettivi di servizio che tutte le regioni sono chiamate a garantire”.
Per la Conferenza dei Presidenti, infatti, la logica delle tre Regioni benchmark per la definizione dei costi standard non va bene perché, si legge nel documento, è “basata in via prioritaria sul criterio economico rispetto a quello della qualità dei servizi erogati”. Ma anche perché, “l’utilizzo del risultato medio delle tre migliori regioni quali standard di riferimento comporta l’individuazione di obiettivi troppo sfidanti per le Regioni con maggiori problemi che operano in contesti demotivati e insostenibili”.
Piuttosto che rischiare di non raggiungere alcun obiettivo, è quindi meglio – si legge ancora nel documento - abbassarli per renderli “sfidanti, ma raggiungibili”. Ma anche spostare l’ago della bilancia oggi fermo sugli obiettivi economici un po’ più verso la qualità, prevedendo “più correttamente un bilanciamento della prospettiva economica con quella dei volumi, della qualità e dell’appropriatezza dei servizi erogati, per evitare di promuovere comportamenti tesi al contenimento della spesa ottenuto però mediante tagli dei servizi e non grazie al miglioramento dei livelli di assistenza”.
I nuovi criteri, in prima applicazione, potrebbero basarsi sui risultati medi delle regioni “non in piano di rientro”, da declinare in termini di qualità, appropriatezza ed efficienza dell’offerta sanitaria per ciascun livello assistenziale “e non solo medico”, su cui è invece incentrato il decreto 68/2011 sulla determinazione dei costi e dei fabbisogni standard, quasi dimenticando - sottolinea la proposta – “le altre dimensioni e macrolivelli assistenziali del sistema sanitario”.
In tal modo, quelli proposti alle Regioni saranno obiettivi “sfidanti”, che richiederanno “sforzi significativi”, ma che saranno comunque “raggiungibili” anche nelle Regioni più in difficoltà. Via via che le Regioni rientrano dalle loro crisi di bilancio grazie ad adeguate strategie orientate alla qualità ed alla riorganizzazione dei setting assistenziali, si potrà passare a un nuovo sistema di calcolo dei costi standard che sia ancora più sfidante e che dovrebbe prevedere standard di riferimento calcolati sulla media delle Regioni con risultati superiori alla media nazionale.
“Questo – ribadisce il documento - per garantire un processo continuo di miglioramento della qualità dei servizi e di miglioramento complessivo dei rendimenti del sistema sanitario nazionale, con risultati determinanti sulla crescita del prodotto interno lordo”.