I dipartimenti di prevenzione sono sempre più “oggetto di ulteriori forti ridimensionamenti in alcune Regioni italiane che non comprendono come la prevenzione e la promozione della salute rappresentino oltre che un fattore di crescita sociale e culturale della società anche un elemento di sviluppo economico sia indirettamente in termini di eventi sanitari evitati, sia direttamente tramite gli investimenti in sicurezza negli ambienti di vita e di lavoro, nonché per la tutela della salute dei consumatori”. E’ l’allarme contenuto in un documento dei direttori dei Dipartimenti di prevenzione delle Aziende unità sanitarie locali d’Italia, riuniti in un una Convention a Bologna il 5 aprile scorso ma i cui esiti sono rimasti sotto traccia, complice anche il clima generale del Paese in quelle settimane di convulsa crisi politica. Abbiamo pensato di riproporvelo per il suo interesse.
Ecco i punti centrali dell'allarme lanciato dei manager della prevenzione italiani:
- I tentavi di smontarne le varie componenti facendole afferire ad altri livelli statali (i veterinari al Ministero delle politiche agricole, la sicurezza sui luoghi di lavoro ad una agenzia nazionale, anche se quest’ultimo progetto è stato superato dall’accordo su un forte e giusto coordinamento) costituiscono un elemento di forte indebolimento delle tutele e dei diritti per la salute dei cittadini. Al contrario è necessaria una maggiore integrazione funzionale tra le varie discipline della prevenzione e della sicurezza tramite l’adozione di percorsi assistenziali trasversali, focalizzati alla presa in carico globale dei problemi sanitari delle collettività, come la sicurezza alimentare, la prevenzione primaria e secondaria delle malattie cronico degenerative, la sicurezza degli ambienti di vita e di lavoro, il rapporto tra ambiente e salute, la gestione delle emergenze di sanità pubblica.
- Occorre perseguire sempre più nuove modalità di lavoro costruite sull’analisi epidemiologica dei problemi di salute, sull’ appropriatezza degli interventi basati sulle evidenze scientifiche, sull’utilizzo delle banche dati e dei sistemi informativi disponibili sulla categorizzazione e comunicazione del rischio, nonché sulla partecipazione dei cittadini.
- Il 5% della spesa sanitaria destinato alla prevenzione collettiva va interamente impiegato nel settore (primo LEA) per assicurare gli strumenti indispensabili ed il turnover necessario del personale.
- La politica dei limiti di emissione ambientali fini a se stessi è stata clamorosamente smentita e deve essere ripensata. Così come occorre garantire, all’interno dei Dipartimenti di Prevenzione, il ripristino operativo di vere strutture che si occupino di salute e ambiente.-Va ripresa l’iniziativa per appropriate semplificazioni e per l’abolizione delle attività di non dimostrata efficacia, a partire da quelle già individuate nella proposta del Disegno di Legge, d’iniziativa del Governo, approvato dal Senato della Repubblica il 12 dicembre 2007, ma non approvato dalla Camera dei Deputati per crisi di governo.
- Va migliorata la reportistica e la comunicazione delle attività dei Dipartimenti di Prevenzione.
Nel complesso “di fronte alla grave e perdurante crisi sociale ed economica del nostro Paese - sottolineano i direttori dei dipartimenti - è indispensabile che gli sforzi per l’occupazione e per il rilancio della produzione avvengano nel pieno rispetto delle regole e delle garanzie di prevenzione e di sicurezza nei luoghi di lavoro che vigono nella Unione Europea”.