Le regioni devono alle Aziende sanitarie per la spesa corrente e per il ripiano di perdite, poco meno di 15,8 miliardi guardando al bilancio 2011. Lo ha reso noto il presidente della Corte dei Conti,
Luigi Giampaolino, nell’audizione presso le Commissioni speciali congiunte di Camera e Senato sul documento di economia e finanza 2013. Il provvedimento prevede la possibilità per le Regioni di accedere ad un’anticipazione di liquidità, per il pagamento dei debiti sanitari accumulati al 31 dicembre 2012, entro un tetto massimo di 14 miliardi di euro, di cui 5 miliardi da corrispondere nel 2013 e 9 nel 2014. Si tratta di spesa già sostenuta dagli enti del Servizio sanitario nazionale e scontata nei saldi; non è, pertanto, considerato alcun impatto in termini di indebitamento netto.
Naturalmente, ha spiegato Giampaolino, non tutte tali posizioni corrispondono a situazioni in cui il credito può ricondursi alle situazioni su cui si intende intervenire. Somme rimaste da pagare a fine esercizio possono essere da ricondurre alla fisiologia dei rapporti tra regioni e aziende sanitarie. Vengono tuttavia sottolineati due dati in particolare:
- il rilievo patologico di tali somme è evidente ove si guardi al peso dei crediti sul complesso delle risorse trasferite in via ordinaria per il finanziamento della spesa corrente nel 2011. Se in media nel 2011 i crediti rappresentavano circa il 15% delle entrate per il finanziamento indistinto e di quelle ricomprese come finanziamento regionale nei CE, tale percentuale era superiore al 30% in ben 5 regioni con punte di poco inferiori al 40%;
- alle regioni in piano di rientro sono riconducibili nel 2011 oltre 14 dei 15,8 miliardi complessivi. Nel 2008 le aziende sanitarie delle regioni vantavano crediti per poco più di 7 miliardi raddoppiati in soli 3 anni. Il rapporto tra crediti e finanziamento complessivo in queste regioni è di poco inferiore al 30% (contro il 3% delle regioni non in Piano).
Due sono le grandezze finanziarie che, come spiegato nella relazione, si ritiene possano spiegare il ritardo dei pagamenti accumulato dagli enti del servizio sanitario: gli investimenti effettuati nel passato a valere sul finanziamento corrente per importi non coerenti con le possibilità economiche e finanziarie degli enti e le mancate erogazioni da parte delle regioni di somme da queste incassate quale contributo dello Stato al finanziamento della sanità o di cui era prevista la somministrazione a copertura (a carico della regione) dei risultati economici annuali del settore sanitario regionale (posto che, come ricorda la relazione tecnica, l’equilibrio economico è garantito da specifiche disposizioni vigenti e dalle verifiche trimestrali dei Tavoli tecnici competenti).
La relazione tecnica al provvedimento non riporta una indicazione del peso e della distribuzione tra regioni dei due fenomeni individuati a base del ritardo dei pagamenti. Una prima quantificazione può essere fatta a partire dai dati tratti dai conti economici e patrimoniali degli enti sanitari, consolidati a livello regionale. Gli investimenti effettuati sul finanziamento corrente per importi eccedenti i costi capitalizzati risultano nel complesso limitati: guardando ai dati delle amministrazioni regionali a statuto ordinario la differenza tra ammortamenti e costi capitalizzati ante 2012 è di circa 580 milioni. Di questi circa 340 sono già stati inseriti in bilancio nel corso del 2011. In alcuni casi le regioni hanno operato una copertura complessiva, estesa a tutto il periodo preso a riferimento (dal 2001). Le somme residue sono riferibili soprattutto alle regioni in piano di rientro a cui va ad aggiungersi l’Emilia.
Suddividendo il totale complessivo dei debiti per area geografica, vediamo che nel Nord questi ammontano a 4.224,3 mld, nel Centro a 4.241,1 mld, e al Sud 7.332 mld.
Giovanni Rodriquez