L’università di Trento nel recente convegno nazionale ha evidenziato come l’educazione professionale dopo circa quarant’anni dalla sua istituzione (1984) sia arrivato ad un bivio. All’incontro si è evidenziato come questa professione, con obbiettivi educativi e riabilitativi, mirati a promuovere lo sviluppo della persona, soprattutto in situazioni di disagio, compreso il suo reinserimento psico-sociale, sia nel tempo via via, sempre più ricercata ma non valorizzata a pieno. A fare il punto è il professore Dario Fortin, docente del corso di laurea interdipartimentale in Educazione professionale, dell’Università di Trento.
“Stiamo parlando di una professione sanitaria istituita nel 1984 – spiega il professore
Dario Fortin formata all’università che prepara a raggiungere conoscenze sociali, psicologiche, educative e mediche, eppure dopo tanti anni è ancora in cerca di una sua identità unitaria. Infatti, ancora oggi la si trova con due percorsi formativi diversi: quello socio-sanitario, come nell’Università di Trento i cui laureati sono afferenti all’Ordine dei Tecnici sanitari di radiologia medica e delle Professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e quello socio-pedagogico, come in altre università. Si tratta di due linee accademiche che non si sono volute mai incontrare”.
“La caratteristica specifica di questa professione – continua il professore Fortin – è che il suo profilo professionale è l’unico che appartiene contemporaneamente all’ambito sociale e sanitario, mentre la separatezza dei percorsi formativi universitari risulta totalmente incompresa sia dai servizi del territorio che dai professionisti. Per questo come docenti e ricercatori vogliamo fare la nostra parte rafforzando l’identità del campo di studio, senza divisioni epistemologiche. In fondo, l’educazione professionale si prende cura delle persone in condizioni di disagio a tutto tondo e non solo a parti del corpo o della mente, per cui, sta risultando più chiaro che un’unione è ora più che mai necessaria”.
Altro nodo che il professore porta evidenzia è il punto di vista del ricambio generazionale. Per Fortin, si percepisce dopo quarant’anni una situazione di stagnazione e confusione tra i diversi attori del comparto. I concorsi pubblici stentano a essere banditi e gli appalti di gara, che spesso prevedono queste figure professionali come risorse umane cruciali, sono molto spesso al ribasso, rendendo la professione sempre meno economicamente attrattiva. “I giovani in una cornice così difficile si stanno accorgendo della decostruzione del sistema sanitario e del sistema di welfare nazionale e stanno prendendo le distanze. L’Università di Trento deve fare la sua parte. Dobbiamo dare il nostro contributo per ridurre i danni di questa frattura, oltre che per aiutare a rilanciare una professione che sa prendersi cura di anziani, alcolisti, adolescenti, persone con disabilità e di pazienti che soffrono delle diverse malattie mentali e che sono a rischio di perdita – oggi più di ieri - della loro fragile umanità”.
Una buona notizia è che in Trentino, grazie anche alla collaborazione con l’università, nella prossima primavera, dopo più di vent’anni, ho avuto garanzie che verrà bandito un concorso per educatori professionali dall’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, lo ha annunciato proprio al all’incontro il dott. Claudio Agostini dirigente del Servizio Transmurale per la Salute Mentale del Trentino.
Endrius Salvalaggio