Lavorare troppo fa male all’umore e al fisico. È una constatazione data dai risultati di una ricerca svolta dall’Università di Trento e di Bologna dopo un’indagine su un campione di 139 lavoratori. Lo studio “Uncovering the Main and Interacting Impact of Workaholism on Momentary Hedonic Tone at Work:An Experience Sampling Approach” è stato pubblicato sulla rivista
Journal of Occupational Health Psychology.Il progetto di ricerca ha voluto dare voce ai lavoratori attraverso dei questionari e una app costruita ad hoc. L’ambito di studio è quello del workaholic, in cui chi lavora eccessivamente lo fa non tanto perché gli viene chiesto o imposto dal datore di lavoro, ma per un comportamento compulsivo del lavoratore stesso, che propriamente è “dipendente dal suo lavoro”. “Come avviene per altre dipendenze – spiega quindi
Luca Menghini, assegnista di ricerca al Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive dell’Università di Trento – le persone che praticano l’over work non traggono maggior piacere durante l’attività lavorativa, ma hanno un tono emozionale negativo che permane per tutta la giornata. Una condizione che ha forti ripercussioni sulla salute, sul benessere psicologico e sulle relazioni con familiari e amici”.
“Lo studio è stato compiuto direttamente sul campo su 139 lavoratori – spiega il ricercatore – dove attraverso un’apposita applicazione i lavoratori scrivevano ogni 90 minuti e nell’arco della propria giornata lavorativa il loro tono dell’umore. Dalle risposte si è compreso che il tono dell’umore era più basso rispetto ad un lavoratore non workaholic. Un altro dato interessante è che abbiamo potuto constatare come le donne rispetto gli uomini di pari condizioni hanno dimostrato un tono di umore ancora peggiore”.
“Va ricordato che questa dipendenza, se non si interviene per tempo - continua Menghini - dà forti ripercussioni negative sulla salute, sul benessere psicologico e sulle relazioni con i familiari e con la società, con la relazione inversa, quanto più l'umore è compromesso, più la quantità di stress risulta essere elevata e quindi aumenta un maggiore rischio per queste persone di sviluppare burnout e problematiche cardiovascolari inoltre, considerato che il workaholic tende frequentemente a ricoprire incarichi di responsabilità con il rischio che il suo umore negativo potrebbe facilmente contagiare quello dei suoi collaboratori”.
Come si è detto, la dipendenza dal lavoro può portare a rilevanti ripercussioni negative non solo sulle relazioni con familiari e amici, “ma anche sul benessere fisico e psicologico con le cosiddette “malattie da superlavoro”, aggravandosi, fino a condurre alla morte. “Le organizzazioni dovrebbero mandare segnali chiari ai lavoratori su questo tema, evitando di incoraggiare un clima in cui lavorare anche fuori dall’orario lavorativo, al contrario, è necessario promuovere un ambiente che disincentivi un investimento eccessivo e disfunzionale nel lavoro, promuovendo politiche di disconnessione, specifiche attività di formazione e interventi di prevenzione”, conclude Luca Menghini.
Endrius Salvalaggio