La proroga per i professionisti medici e sanitari delle Usca in Sardegna che con la piena approvazione del Consiglio regionale nel mese di luglio ha
trovato conferma, è in procinto al 31 dicembre di scadere. Il personale di queste équipe sanitarie itineranti che nell’assistere per via telematica e alla necessità a domicilio i pazienti contagiati dal Covid-19, così da ‘alleggerire’ il carico delle visite nei pronto soccorso e ricoveri negli ospedali già in sofferenza, ha acquisito anche un notevole bagaglio di esperienza di cui la Sanità sul territorio si può avvalere, si chiede cosa di loro ora ne sarà.
A sollevare il tema all’Assemblea legislativa sarda, presentando una proposta, è Marco Tedde (FI), componente della commissione Salute. Rivolgendosi a
Quotidiano Sanità, il consigliere spiega: “E’ vero che siamo usciti dall’emergenza sanitaria pandemica, che stiamo riuscendo a superare meglio oggi i sintomi del virus, quando il riscontro al tampone ci segnala di essere positivi. Ma i casi in isolamento domiciliare nell’isola rimangono comunque alti, parliamo di oltre 6000 pazienti positivi, di quelli per lo meno che sappiamo essere dichiarati. E di oltre 90 casi di pazienti ricoverati in area medica”.
“Tanti sono sul territorio i soggetti anziani e persone di tutte le età, a rischio, già fragili per altre patologie – prosegue il consigliere -. Si aggiunge inoltre la nota carenza dei medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, ed è in particolare, verso questi pazienti, che nell’ultimo periodo l’opera di assistenza delle Usca si è rivolta. Il Covid ha messo dunque a nudo le criticità del sistema assistenziale in generale e ha fatto emergere in modo rilevante lo stato degli ospedali, ancor più quelli periferici, che sono attualmente depotenziati, carenti di specialisti e altro personale sanitario. Il che crea difficoltà a garantire talvolta un’adeguata, efficiente assistenza”.
“In Sardegna – sottolinea l’esponente azzurro - sono in funzione 15 Usca che utilizzano 150 medici e che nel biennio di impiego hanno ampliato le loro prestazioni originarie, assistendo, come accennato, pazienti oncologici, pediatrici e, in generale, tante persone fragili, e che cesseranno dal servizio alla fine del 2022. Queste professionalità hanno ad oggi ben acquisito la gestione domiciliare dei pazienti, la loro fiducia, nonché la profonda conoscenza del territorio: rappresentano dunque una risorsa di cui ci si deve subito poter avvalere mettendola sia al servizio del cittadino, sia a supporto del servizio assistenziale e non necessariamente riservandolo ai soli pazienti Covid, ma anche agli utenti colpiti da altre importanti patologie”.
“Vero è – evidenzia Tedde – che significativo e complementare alle Usca è anche il servizio che prestano i medici che garantiscono la continuità assistenziale, ossia le guardie mediche. Ed anch’essi, per tutto il periodo emergenziale, non soltanto tutt’ora, hanno prestato assistenza sanitaria a tutti i pazienti, compresi i positivi al Covid-19. Non è fattibile quindi pensare che ai primi, ossia al personale Usca, venga riconosciuto un trattamento economico di 40 euro all’ora, mentre ai medici delle guardie mediche viene assegnato un compenso inferiore ai 20 euro. Così come c’è quantunque da considerare che siamo usciti dal periodo più difficile dell’emergenza pandemica ed è conseguentemente necessario pensare ad un’altra forma di organismo assistenziale, che non sia soggetto alla solita richiesta di proroga temporanea, e da arricchire anche con l’esperienza che il personale Usca, che avrà il piacere di farvi parte, potrà dare”.
Ed ecco la ‘ricetta’ dell’esponente azzurro: “Il
DM n. 77 del 2022 che riguarda il ‘Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale’, prevede l’attivazione dell’Unità di Continuità Assistenziale (Uca). Si parla, come esteso dallo stesso legislatore, di ‘un’équipe mobile distrettuale per la gestione e il supporto della presa in carico di individui, o di comunità, che versano in condizioni clinico-assistenziali di particolare complessità e che comportano una comprovata difficoltà operativa”.
“In Italia – rileva il consigliere -,
la Calabria ha fatto da apripista istituendo e facendo entrare a regime le UCA attraverso una nuova legge regionale. Spetta a noi ora attivarci, ancor più che alla luce del disposto normativo ministeriale, per la riorganizzazione del sistema delle cure primarie che possa intercettare fin dal domicilio i bisogni assistenziali del cittadino per poi potersene prendere cura con celerità, nei tempi utili al malato, non è più questione rimandabile”.
“Utilizzando peraltro il personale, le sedi e i mezzi delle Usca – puntualizza Tedde -, le UCA potrebbero essere istituite sul territorio nell’immediatezza, ed andrebbero a costituire una risorsa preziosa che potrà rispondere alle necessità clinico-assistenziali del paziente in un approccio integrato alla sua cura ed alla prevenzione delle malattie”.
“All’attivazione delle Uca va inoltre deliberata una misura equilibrata del trattamento economico delle risorse che andranno a costituire le Uca – osserva il consigliere -, tenendo anche conto che siamo usciti dal periodo di emergenza sanitaria, e che inoltre possa parallelamente valorizzare il capitale umano che presta servizio presso le guardie mediche attraverso l’investimento di risorse economiche regionali e/o comunitarie, che possano ‘premiare’ o quantunque modificare in aumento, la paga oraria di questi ultimi. Ciò, al di là della situazione sulla contrattazione nazionale di questi medici oramai retriva, e sulla quale i nostri delegati della Conferenza Stato-Regioni potranno altresì farsi portavoce del problema”.
“Non ci dobbiamo far sfuggire la ricchezza di queste risorse umane che hanno sviluppato una importante esperienza sul campo in questi anni – prosegue l’esponente azzurro - dove le richieste di assistenza da parte dei pazienti hanno raggiunto livelli di urgenza per lo più medio-alta. Anche perché non si può pretendere che i giovani medici coprano i posti delle guardie mediche nel quadro retributivo attuale, se lo stesso compenso arrivano a ricevere ai centri commerciali facendo sempre i medici, ma con una responsabilità e tempistica lavorativa sicuramente diversa rispetto a quella che richiede una sede di continuità assistenziale pubblica, dove il personale si è trovato e si trova molto spesso a lavorare con abnegazione”.
“Ragion per cui – conclude Tedde –, confidando nell’interesse alla tematica e nella sensibilizzazione bipartisan di tutti i colleghi della commissione Salute e dell’assessore
Carlo Doria, a breve presenterò una risoluzione con le proposte di cui ho accennato in precedenza e che auspico possa aprire i lavori del parlamentino per preparare, univoca, ed in presenza dello stesso assessore, una proposta soddisfacente. E’ vero che la carenza dei medici è un dato di fatto, un problema più grande di tutti, ma quando ci si presentano delle opportunità per non disperdere queste professionalità, dobbiamo poter essere pronti a raccogliere la sfida”.
Elisabetta Caredda