Regioni e Asl
Consiglio di Stato boccia le Unità di Degenza Infermieristiche in Umbria. Cimo-Fesmed: “Competenze mediche non siano affidate ad altri professionisti”
Il Consiglio di Stato boccia le Unità di Degenza Infermieristica (UDI) attivate dall’Azienda Ospedaliera di Perugia e mette fine una lunga azione legale avviata in Umbria dai sindacati Cimo e Aaroi.
Per il Consiglio di Stato nella deliberazione della Regione Umbria che ha istituito le Unità di Degenza Infermieristica (UDI) c’è una “illogica e ingiustificata confusione di ruoli tra personale medico ed infermieristico conseguente alla tendenziale separazione tra attività clinica ed attività assistenziale che viene realizzata con l’Unità di Degenza Infermieristica”.
“È incontestabile, infatti, - sottolinea ancora il Cds - che al personale medico compete la gestione del percorso terapeutico e clinico del paziente, mentre alla struttura infermieristica spetta il compito di attuare il percorso proriamente assistenziale. Invece, nell’UDI si ha che la struttura organizzativa afferisce al Dipartimento delle Professioni Sanitarie e il paziente post-acuto è gestito dal responsabile della posizione organizzativa, pur essendovi la presenza sussidiaria del medico di riferimento per le attività di competenza specifica e la possibilità, da parte del responsabile della posizione organizzativa, di contattare il medico di guardia della struttura inviante”.
Ed è con queste motivazioni che lo stesso Cds ha quindi respinto il ricorso della Regione Umbria contro una precedente decisione del Tar dell’Umbria risalente al 2016 che aveva già accolto, in parte, il ricorso e i due successivi ricorsi per motivi aggiunti proposti da CIMO Umbria, AAROI-EMAC Umbria, per l’annullamento di una serie di atti che avevano dato vita alla sperimentazione di una Unità di Degenza Infermieristiche nella Regione.
La sentenza del Consiglio di Stato conferma in pieno le decisioni del Tar ed è stata accolta con favore dai sindacati medici che si erano opposti al ricorso della Regione.
Una decisione, per i sindacati, “destinata a fare giurisprudenza”. La sentenza mette infatti nero su bianco che “al personale medico compete la gestione del percorso terapeutico e clinico del paziente, mentre alla struttura infermieristica spetta il compito di attuare il percorso propriamente assistenziale”, definendo “illogica e ingiustificata” la “confusione” creata dall’ospedale di Perugia tra personale medico ed infermieristico, a cui era stata affidata la gestione dei pazienti ricoverati nelle UDI (ovvero pazienti in fase post-acuta che necessitano di assistenza prima del ritorno a casa).
“Ancora una volta, richiamando il quadro normativo di riferimento, si sottolineano le peculiarità della professione medica e della professione infermieristica, che non possono essere sovrapposte, confuse o sostituite – commenta il Presidente della Federazione Cimo-Fesmed Guido Quici –. La sentenza del Consiglio di Stato, quindi, ci porta a combattere con ancora maggiore fermezza le nostre battaglie contro lo sconfinamento di altre professioni nel campo dei medici, vigilando attentamente sull’istituzione di reparti e ospedali a gestione infermieristica, a partire dai neonati Ospedali di Comunità. Non si tratta della mera tutela degli interessi di una categoria, ma di un’attenzione tenace per la sicurezza delle cure e la tutela della salute dei pazienti”.
Il sindacato dei medici, cui aderiscono Anpo-Ascoti, Cimo, Cimop e Fesmed, evidenzia anche un altro passaggio fondamentale della sentenza, che dichiara legittima l’azione legale delle associazioni sindacali su questioni “correlate alla tutela delle corrette modalità dell’espletamento dei servizi, incidenti sull’organizzazione del lavoro dei medici e degli infermieri”.
“Un passaggio – conclude Quici – che legittima l’azione sindacale anche su questioni organizzative, che precedentemente erano state messe in discussione da più parti”.