19 febbraio -
“Quello della povertà in Italia è un tema trascurato, mai entrato nell’agenda politica, e invece con la crisi si è acuito. La povertà assoluta negli anni della crisi è aumentata di tre volte e più. Un problema consistente che riguarda molti minori, 1 milione su 4, persone dunque segnate dalla carenza di consumi essenziali durante il loro processo di crescita. E purtroppo questo si sovrappone con la povertà educativa, perché dove c’è maggiore povertà anche i servizi educativi sono più scarsi”. Lo ha sottolineato la sociologa
Chiara Saraceno, intervenuta oggi al convegno, organizzato da Regione Toscana e Irpet, su “La povertà in Italia. Analisi e proposte”.
“Occorre introdurre un reddito minimo di garanzia – ha detto – almeno per i poveri assoluti. La ritengo la proposta più praticabile, e con il precedente governo ne avevamo elaborata una in questo senso: un reddito ragionevole e sostenuto da forti misure di accompagnamento, di orientamento e anche di investimento nel capitale umano. Con l’ultima legge di stabilità qualcosa è stato fatto. Ma molto poco. Le stime più conservative, quelle che tengono basso l’importo necessario per far fronte alla copertura della povertà assoluta, parlano di 7 miliardi all’anno, invece il governo ha messo per ora 800 milioni pensando di arrivare a regime in un anno a circa 1 miliardo e mezzo. Questo significa che resta esclusa una fascia molto ampia di persone, a parte il fatto che gli adulti senza figli sono esclusi dall’aiuto”.
“Un reddito minimo è importante – ha proseguito la sociologa – perché bisogna garantire il diritto al consumo minimo in una società democratica sviluppata, ma anche perché bisogna evitare che le persone, a causa delle difficoltà nel far fronte ai loro bisogni primari, si impoveriscano ulteriormente, impoveriscano le proprie capacità nel tentativo di arrabattarsi. Se avessero garanzia di reddito minimo, sostenuto da altri servizi, come l’orientamento, potrebbero migliorare il proprio capitale umano, e dedicarsi ad uscire dalla povertà con le proprie forze”. Quanto al lavoro, “è importante ma non basta per uscire dalla povertà. Ci sono troppi lavori che sono troppo poco pagati, è importantissimo investire nell’occupazione, ma deve essere buona occupazione”.
La sociologa ha poi tracciato un quadro dettagliato delle caratteristiche della povertà in Italia, “un fenomeno eminentemente familiare, con una forte concentrazione territoriale”. I 4,1 milioni di persone in povertà assoluta, di cui 1,5 circa al nord, 660.000 al centro, e 1,8 milioni al sud, sono costituiti per un 1 milione circa da minori (pari al 10 per cento di tutti i minori) e da 590.000 anziani. Il dato preoccupante, a livello familiare, è che si trova in povertà assoluta il 5,2 per cento delle famiglie dove la persona di riferimento è occupata, percentuale che sale al 9,7 percento se chi lavora è un operaio. Dunque un solo occupato in famiglia può non essere sufficiente, anche perché si tratta spesso di “cattivi lavori”, quelli che che non danno garanzie. Per Chiara Saraceno “mancano anche politiche di conciliazione che aiutino le donne con carichi familiari pesanti a stare nel mercato del lavoro, soprattutto, ma non solo, nel Mezzogiorno. Peraltro sono inadeguati – ha sottolineato – i trasferimenti alle famiglie, come gli assegni per i figli o le detrazioni, che spesso, come è il caso degli 80 euro, lasciano fuori proprio i più poveri”.