8 giugno -
La Regione Veneto da qualche settimana si trova al centro di una polemica in quanto accusata di discriminare i pazienti candidati al trapianto. La storia prende spunto dalla lettura dell’allegato A delle “linee Guida per la Valutazione e l’assistenza psicologica in area donazione-trapianto” datata marzo 2009, nelle quali si escludono dai trapianti di organo le persone con danni cerebrali irreversibili; quelle con ritardo mentale fissando il quoziente intellettivo inferiore a 50, coloro che hanno tentato da poco il suicidio e chi ha dipendenze da alcol e/o droghe. Fattori questi ritenuti “controindicazioni assolute”.
Di questa “discriminazione” non ne ha parlato nessuno per più di un anno fino a quando due nefrologi del Gemelli di Roma Nicola Panocchia e Maurizio Bossola, insieme a Giacomo Vivanti, psicologo dell’Università della California, in un articolo pubblicato sull’“American Journal of Transplantation” sono partiti all’attacco denunciando come: “Le linee guida della Regione Veneto indicano il ritardo mentale come una controindicazione al trapianto e di fatto escludono pazienti con disabilità intellettiva da questa procedura salvavita”. “Tali disposizioni – hanno spiegato i medici – non trovano nessuna giustificazione di tipo etico, clinico o giuridico. Che il ritardo mentale medio o grave sia una controindicazione al trapianto è una disposizione discriminatoria priva di logica e tanto più grave se perpetrata da un’istituzione pubblica. Non c’è nessuna prova scientifica che giustifichi l’esclusione dei disabili intellettivi”.
In più ha specificato Bossola: “Tutte le Regioni adottano dei criteri per l’inserimento dei pazienti in lista d’attesa ma il criterio di esclusione è una malattia psichiatrica grave, che ridurrebbe la possibilità di adesione alle terapie antirigetto. Invece nelle linee guida del Veneto c’è un criterio di controindicazione assoluta all’inserimento di persone con ritardo mentale, stimato peraltro usando una misura grossolana, quella del quoziente intellettivo”. Dunque tra i possibili esclusi anche i bambini con sindrome di Down e gli autistici.
Alla luce di queste polemiche la Giunta del Veneto, a fine maggio, ha emanato una circolare applicativa, firmata dal coordinatore regionale per i trapianti Francesco Calabrò, in cui sono sparite le “controindicazioni assolute”, e si scrive che “In sintesi, il documento ha il significato di indicare ed evidenziare le condizioni nelle quali, per eseguire con successo il trapianto, è necessario mettere in atto interventi di tipo diagnostico e terapeutico, nonché una rete di sostegno, finalizzati a garantire il massimo delle possibilità di cura, anche in presenza di rischi aumentati.
Questo è il senso e lo scopo principale delle linee guida, che vanno nella direzione di dichiarare le condizioni che possono ostacolare la buona riuscita del trapianto, per richiamare la necessità di diagnosticarle in maniera metodica e precisa”.