21 maggio -
di Eva Antoniotti
Uno dopo l’altro i presidenti regionali parlano di unità, percorso condiviso, ruolo istituzionale della Conferenza. E assicurano che dopo la giornata dedicata al dibattito politico sui criteri, giovedì prossimo si sceglieranno presidente, vicepresidente e l’intera squadra di coordinamento per i prossimi cinque anni. Tra le righe si legge l’ipotesi di una riconferma di Vasco Errani, molto sostenuto dalla Lega che avrebbe almeno un coordinatore chiave, quello della Commissione Salute. Ma Formigoni…
La seduta della Conferenza delle Regioni di ieri, rigorosamente a porte chiuse, è durata circa quattro ore. Iniziata a mezzogiorno, per permettere ai presidenti di partecipare ai funerali di Stato per gli alpini morti in Afghanistan, si è conclusa intorno alle quattro del pomeriggio, con la consueta sfilata dei “governatori” attraverso le forche caudine dei giornalisti che presidiavano la sede di Via Parigi.
Il primo a lasciare la riunione era stato Luigi Zaia, ansioso di raggiungere il Parlamento per l’approvazione del federalismo demaniale. E le sue dichiarazioni suonavano come una conferma all’ipotesi che circolava già dal giorno prima: conferma di Vasco Errani alla presidenza della Conferenza, ruoli di rilievo per i rappresentanti della Lega, a cominciare dal coordinamento della Commissione Salute. “Come Lega non abbiamo idee precostituite” dice infatti Zaia, aggiungendo per maggior chiarezza che “non è questione di casacca”, per poi passare a descrivere il “clima sereno”, l’assenza di tensioni, la fiducia nel “buon gioco di squadra”.
E sulla stessa lunghezza d’onda sembrano orientarsi le dichiarazioni degli altri presidenti, catturati dai giornalisti mentre cercano di prendersi una pausa o al momento di lasciare la riunione. Impostato secondo le regole più tradizionali della politica, il giovane Scopelliti spiega quanto sia importante “condividere tutti insieme un percorso” e rispondendo pazientemente a una domanda, ripete che non ha nessuna importanza che il presidente scelto sia del Nord o del Sud, importante è l’unità.
Stessa domanda, e stessa risposta, per Nichi Vendola, che apre le sue dichiarazioni con un affresco appassionato della realtà del Paese, la crisi che colpisce famiglie e giovani, il dramma della disoccupazione, le speranze del Sud, per poi giungere ad una moderata conclusione, nella quale si legge trasparentemente la riconferma di Vasco Errani:“L’orientamento è far vivere in continuità col passato l’esperienza della Conferenza, che non è un Parlamento né un’arena politica come tante ma un luogo per mettere insieme l’esperienza delle Regioni. In questi anni – ha aggiunto Vendola – la presidenza della Conferenza delle Regioni ha avuto grande autorevolezza, prudenza, capacità di costruire col governo negoziati difficili ma con risultati importanti. Bisogna continuare su questa strada”.
Diversi accenti regionali, parole e concetti molto simili. Unità, autonoma autorevolezza, valorizzazione dell’esperienza già compiuta. Insomma sembra sia tutto fatto. Viene da chiedersi perché, allora, rinviare le nomine al prossimo giovedì.
E a dare una risposta, indiretta, arriva Roberto Formigoni. Meno sorridente, molto deciso. Farete come dice Calderoli, chiede un giornalista. “Decidiamo noi”, risponde perentorio il presidente lombardo e lo ripete più volte, perché sia ben chiaro a tutti. Si lancia anche lui nel coro di lodi all’unità delle Regioni, alla loro autonomia, “nei confronti del Governo nazionale, non siamo né un contropotere né uno zerbino”, al loro senso di responsabilità, “ci siamo fatti carico dei problemi del Paese”. Ma a chi chiede se ci sarà continuità nei vertici della Conferenza ricorda, deciso, che il “decano” dell’assemblea è lui.
Di poche parole Errani, raggiunto dai giornalisti in quello che è ancora il suo ufficio da “presidente dei presidenti”. Sembra stanco e un po’ teso: “Si deciderà giovedì 27. Io ho già dato per cinque anni”.
Forse i giochi sono ancora aperti.