10 novembre -
Gentile Direttore,
le osservazioni di Maffei riguardanti il documento Anaao sul
rapporto pubblico-privato in sanità meritano alcune considerazioni. Anzitutto un ringraziamento per aver riconosciuto che con quelle proposte abbiamo“provato a fare la prima mossa per arrivare ad un rapporto pubblico-privato più equilibrato”.
Era il primo obiettivo che ci eravamo proposti: indicare la possibilità di un rapporto tra i due sistemi, disegnare i confini lasciati finora liberi e senza una vera governance, ma soprattutto definire un punto di partenza in direzione di quella sinergia convintamente indicata e sottolineata dal Ministro della Salute.
Cominciamo dai requisiti di accreditamento delle strutture per acuti.
Secondo l’attuale DM 70 (e sembra anche secondo il DM71) le strutture accreditate devono essere dotate di servizi DEA/PS senza i quali, scrive Maffei, l
a rete ospedaliera pubblica mantiene tutta o quasi l’attività di pronto soccorso. E’ vero, ma quanto contenuto nella normativa, l’abbiamo visto fin qui, è puramente teorico tanto è vero che dei 39.915 posti letto/acuti presenti nelle strutture accreditate 22.735 sono privi di tali servizi e difficilmente se ne potranno dotare. Così come i 2.792 letti/acuti pubblici anch’essi privi di pronto soccorso.
La domanda è se sia possibile sospendere l’accreditamento, a norma del DM 70, a 25.527 posti letto con le conseguenze di far precipitare il rapporto posti letto/acuti per mille abitanti a 2,5 o piuttosto trovare una soluzione, mettendo in rete strutture ospedaliere pubblico/private, dotate e senza pronto soccorso, mediante accordi di convenzione regionali in modo da creare reti territoriali, peraltro previste dal DM 70. In tal modo verrebbero coinvolti nel sistema emergenziale anche gli ospedali privati di piccole-medie dimensioni (ma anche i pubblici privi di PS) oggi lasciati completamente liberi nella loro produzione programmata.
Ovviamente le reti ospedaliere devono fare riferimento alla classificazione delle strutture pubbliche e private, stranamente mai invocata dai sostenitori del DM 70, ma anche a quel ribadito standard del 3,0 letti/acuti per mille abitanti che ci relega tra gli ultimi in Europa e non sembra aver imparato nulla dalla pandemia. Rapporto che come evidenziato potrebbe anche diminuire in una applicazione rigida del decreto.
Per quanto riguarda le prestazioni è vero che la capacità produttiva delle strutture impegnate nell’urgenza è inferiore. E proprio in queste ultime infatti le liste di attesa sono più lunghe.
Ma di fronte alla odierna maggiore produttività del privato, strutturalmente inevitabile,
l’agenda unica digitale per le prestazioni specialistiche di elezione, di ricovero ed ambulatoriali, obbligherebbe alla condivisione dei criteri di priorità con diminuzione della possibilità di selezione delle prestazioni; determinerebbe un indubbio miglioramento delle liste di attesa a tutto vantaggio degli utenti, e permetterebbe comunque il mantenimento del principio di libera scelta. Certamente l’organizzazione e il governo dell’
Agenda non potrebbe che essere affidato alle Regioni che, si spera così, possano migliorare nella regolamentazione del settore.
Per quanto riguarda i criteri di indicazione alle prestazioni, alla loro appropriatezza e alle tecniche utilizzate, queste non hanno nulla a che fare con l’
Agenda bensì con le competenze, l’esperienza e le capacità del Personale che le esegue, il terzo e fondamentale aspetto preso in considerazione nel nostro documento.
È il Personale infatti il
vero patrimonio ai fini della qualità ed efficacia del servizio erogato, come affermato nel Libro bianco sui principi fondamentali del SSN, che effettuando prestazioni per il SSN deve obbligatoriamente avere i medesimi requisiti. Specializzazione, dotazioni organiche, sicurezza e livelli retributivi, da individuarsi questi ultimi – lo ribadiamo per l’ennesima volta - nella specifica contrattazione nazionale ed aziendale, pubblica e privata, nel rispetto di una omogeneità riguardo alle
voci retributive fondamentali o di base, lasciando le voci accessorie alla trattativa decentrata. Sempre nel rispetto della libertà del datore di lavoro, ma impedendo gli attuali fenomeni di “
dumping salariale” insensato vista la carenza di professionisti specializzati.
In conclusione il privato accreditato lasciato finora ad una deriva incontrollata è una realtà esistente, difficilmente limitabile, e dunque da governare da parte delle Istituzioni in un rapporto più equilibrato col pubblico, come giustamente suggerito da Maffei, ma difficilmente realizzabile se non si inizia con un programma preliminare come indicato nelle nostre proposte.
Fabio Florianello
Esecutivo Nazionale ANAAO