18 ottobre -
Gentile Direttoere,
ancora una volta, ricevendo in Udienza i partecipanti al Congresso promosso dalla Società Italiana di Farmaceutica Ospedaliera,
il Papa parla dell’aborto legale definendolo “omicidio” ed affermando che “non è lecito diventarne complici", come nel caso dei medici che praticano gli aborti, che il papa ha più volte definito “sicari”.
Non vi è dubbio che, in quanto capo di una religione, il Papa abbia tutto il diritto di condannare l’aborto considerandolo un omicidio. Ma quando invita gli operatori sanitari all’obiezione di coscienza, o quando usa il termine “sicari”, egli non si rivolge più alle coscienze dei cattolici; quando parla di “sicari” il papa giudica e condanna la legge italiana, che legalizzerebbe un omicidio, nonché gli operatori sanitari che quella legge applicano e che egli definisce assassini prezzolati, pagati dallo Stato per uccidere.
In quanto Capo della Chiesa Cattolica e dello Stato Città del Vaticano, le dichiarazioni del Papa costituiscono un’inaccettabile ingerenza nell’applicazione di una legge della Repubblica Italiana, a contenuto costituzionalmente vincolato, e una grave offesa a chi, spesso sopportando alti costi umani e professionali, ha fatto scelte etiche diverse da quelle imposte da Santa Romana Chiesa.
Nello stato teocratico di cui il Papa è capo, il diritto alle scelte riproduttive suona come una bestemmia. Non è così nella Repubblica Italiana, che ha una legge sull’aborto dal 22 maggio 1978.
Coloro che incarnano le istituzioni dello Stato dovrebbero sentire il dovere di ribadire la sovranità della Repubblica, difendendola da qualunque interferenza di natura confessionale. Il Ministro della Salute e il Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici e degli Odontoiatri dovrebbero sentire il dovere di muoversi in difesa della dignità professionale ed umana del personale che, nel Servizio Sanitario Nazionale, opera per la salute delle donne, nel rispetto e per la piena applicazione di una legge dello Stato.
In un suo recente documento, la Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia (FIGO), di cui fanno parte le società scientifiche di oltre 130 paesi nel mondo, compresa la SIGO (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia), con tutte le società scientifiche ad essa affiliate, è tornata ad esprimersi sul valore etico della scelta di praticare aborti.
Nel suo documento, la FIGO auspica un ribaltamento dell’ottica con la quale si guarda all’aborto: “Il termine ‘obiezione di coscienza’ implica l’idea che gli ‘obiettori’ siano i soli ad agire sulla base della coscienza. Questa distorsione è mediata dalla stigmatizzazione, e nega ai medici che praticano gli aborti il riconoscimento che essi agiscano sulla base della loro coscienza per salvaguardare i diritti delle donne, fornendo loro cure buone ed etiche”.
Dunque, la FIGO invita a superare questa distorsione della realtà, spostando la riflessione etica dal rifiuto ad intervenire sulla base dell’obiezione di coscienza, al “conscientious committment”, ossia alla scelta di intervenire sulla base della coscienza.
Di fronte alle dichiarazioni violente ed offensive del papa, la SIGO, che dovrebbe rappresentare le ginecologhe e i ginecologi italiani, ignorando le chiare prese di posizione della FIGO in tema di salute e diritti riproduttivi, non ha sentito il dovere di difendere la nostra identità professionale e il valore etico delle nostre scelte. Come spesso ci sentiamo dire, si tratta di temi “sensibili”, e parlarne potrebbe urtare i sentimenti profondi delle persone. Sarà per questo che, ormai da qualche anno, il tema dell’aborto è praticamente ignorato nei congressi della SIGO.
Ad un anno dalla pubblicazione dell’aggiornamento delle linee di indirizzo ministeriali sulla IVG farmacologica, questa procedura continua ad essere di fatto sconosciuta alla gran parte dei ginecologi italiani, e viene pertanto ancora negata a moltissime donne nel nostro paese. Il prossimo congresso SIGO avrebbe potuto essere un’occasione importante per mettere in comune e diffondere le esperienze degli operatori. E’, invece, l’ennesima occasione persa.
Di fronte alle offese gratuite del papa, allora, noi “sicari”, ignorati dallo Stato, dagli ordini dei medici e dalle società scientifiche che dovrebbero rappresentarci, rivendichiamo orgogliosamente il valore etico, la competenza scientifica e le qualità mediche che sono alla base della nostra scelta di praticare aborti, e rinnoviamo il nostro impegno nel campo dei diritti riproduttivi, che sono diritti umani fondamentali, come ci ricorda per l’ennesima volta la
risoluzione del Parlamento europeo del 24.6.2021.
I tempi sono cambiati, le donne, in tutto il mondo, prendono consapevolezza e si battono per l’affermazione dei loro diritti, e anche se governi, ordini professionali e società scientifiche preferiscono ignorarlo genuflettendosi, gli anatemi religiosi suoneranno sempre più come litanie monotone e noiose, come sempre inascoltate dalle donne le quali, anche nei paesi dove l’accesso all’aborto è negato o fortemente limitato, di fronte ad una gravidanza non voluta e ad una maternità impossibile, continueranno ad abortire.
Anna Pompili
Ginecologa, Roma
Corrado Melega
Ginecologo, Bologna