1 settembre -
Gentile Direttore,
c'è molta preoccupazione per la mancanza di personale sanitario, con particolare riguardo a medici e infermieri. Per i medici è mancata una adeguata programmazione. Improvvisamente ci ritroviamo in carenza quando negli anni '80 avevamo problemi perché il rapporto medici-pazienti era fra i più alti del mondo. La fuga di cervelli e neppure una tendenza ad andare in pensione precocemente spiegano le attuali difficoltà.
Quest'anno è stato aumentato il numero chiuso per gli studenti di medicina ma non sarà sufficiente per coprire i posti vuoti e soprattutto ne avremo la disponibilità solo fra 9-10 anni.
In realtà non possiamo aumentare più di tanto il numero degli studenti in medicina perché non abbiamo le Università in grado di ospitarli e di formarli adeguatamente. Infatti abbiamo diluito le scuole di medicina, parte delle Università, in tante città riducendole fondamentalmente a delle aule in cui predominano le lezioni frontali dei docenti, perché mancano,le strutture in cui gli studenti possano prendere familiarità con i laboratori, le apparecchiature, i procedimenti diagnostici che dovranno utilizzare nel loro futuro.
Mancano successivamente le possibilità di imparare come interagire con gli ammalati perché il personale docente ha i propri impegni di lavoro. Per non parlare degli specializzanti che in molti casi sono chiamati a partecipare alla routine anzicché a una formazione specifica per il settore medico selezionato. Inoltre per molti la formazione per arrivare a un posto di lavoro è troppo lunga: fra scuola di medicina e specializzazione passano 11 anni in cui le entrate economiche sono modeste e comunque poco attrattive anche per il futuro considerando che lo stipendio dei medici ospedalieri italiani è meno della metà della media europea.
Occorre quindi un grande sforzo per rendere le Scuole di medicina più adeguate agli sviluppi della moderna medicina e per fare in modo che i medici siano meglio preparati ad affrontare in modo collaborativo l'integrazione fra le varie specializzazioni e a considerare che la formazione non termina con la laurea o con la specializzazione.
Occorre anche organizzare le strutture ospedaliere in modo da utilizzare al meglio il personale disponibile. L'eccesso di piccoli ospedali ancora presente in Italia richiede più personale di quanto non sia necessario avendo meno ospedali di maggiori dimensioni. Infine, un significativo miglioramento dello stipendio rappresenterebbe certamente per molti un incentivo a concentrare la propria attività nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale anziché ricorrere ad attività private.
Le infermiere(i) son un altro grande problema. Si calcola che ne manchino almeno 60.000 e forse più se si vuole inserirle nei centri della salute dove dovrebbero operare più medici di medicina generale per poter essere d'aiuto anche a livello domiciliare. Oggi le infermiere si possono laureare e quindi hanno un livello di formazione differente dal passato.
Anche in questo caso come per le scuole di medicina - pur con tutte le notevoli eccezioni - non abbiamo le necessarie strutture per una preparazione adeguata ai tempi. La formazione deve avvenire, almeno in larga parte nelle scuole di medicina, visti gli stretti rapporti che le due professioni devono poi avere nell'assistenza agli ammalati. Una laurea infermieristica deve dare anche una adeguata professionalità che, non si può nascondere, trova una riluttanza del mondo medico.
Sono gli infermieri che hanno più rapporti con gli ammalati e questi rapporti andrebbero ad esempio utilizzati per un grande programma di prevenzione di cui abbiamo molto bisogno in Italia per mantenere la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale. Gli infermieri potrebbero avere una importante funzione nella raccolta delle richieste e dei suggerimenti dei pazienti nonché in generale nella esecuzione di quanto è necessario per migliorare la ricerca clinica. Inoltre dovrebbero avere più autonomia, con adeguata formazione, ad esempio nella prescrizione di farmaci in casi di urgenza. In linea generale la loro funzione non può essere quella del passato visto che devono esercitare un lavoro diverso, ma integrato, rispetto a quello del medico.
Anche in questo caso poi è fondamentale un miglioramento salariare vista la necessità di turni notturni e festivi.
È, quindi, necessaria un'ampia riflessione,con i relativi dibattiti, nel ripensare la formazione del personale sanitario, medici ed infermieri, essenziale per un corretto funzionamento del Servizio Sanitario Nazionale. La formazione non può essere disgiunta dal tipo di organizzazione che si vuole realizzare per concentrare la medicina ospedaliera e rifondare la medicina del territorio in modo da ottenerne una integrazione ottimale. È tempo che il Ministero della Salute apra le consultazioni e le relative discussioni.
Silvio Garattini
Presidente Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS