21 giugno -
Gentile Direttore,
l’avvento del Green pass ha in qualche modo fatto ritrovare l’unità ai sindacati dei medici di famiglia, tutti scagliati contro la possibilità per il cittadino di recarsi di persona dal proprio medico per farsi stampare il certificato verde. Il 18 giugno con una
lettera congiunta Snami, Smi, Simet, Cgil Medici, Federazione Cipe-Sispe-Sinspe hanno denunciato che “non si possono attribuire compiti meramente amministrativi ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta” insistendo con una “ politica che sottrae tempo alle diagnosi e alle cure dei pazienti”.
Il giorno dopo (19 giugno) con un leggero ritardo si è allineata
anche la Fimmg che per voce del suo segretario Scotti ha tuonato che “si vuole costringere i medici ad occupare la gran parte del tempo a fare fotocopie facendoli apparire ai cittadini come dei meri impiegati” .
Evidentemente la misura è colma e ormai se ne stanno accorgendo tutti , ma è come voler chiudere la stalla quando i buoi sono scappati.
Sono anni che il problema dello svilimento della professione medica viene denunciato anche nelle pagine di questo giornale; sono anni che il professor Cavicchi parla di “questione medica” nella quale confluiscono tutte le questioni che stanno distruggendo il nostro essere medico: i limiti alla nostra autonomia, i condizionamenti nelle decisioni, la perdita del ruolo, la medicina amministrata, il carico burocratico.
In questi anni però, a parte il lodevole tentativo degli Stati Generali voluti dal presidente Fnomceo Anelli in cui almeno la questione è stata sollevata (tentativo per ora in “standbay”), non ho visto un grosso interessamento da parte dei nostri rappresentanti sindacali come se la questione fosse meramente intellettuale, filosofica, e quindi non di loro competenza, come se al sindacato spettasse solo la pura contrattazione.
Evidentemente servirebbe un “nuovo” modo di fare sindacalismo , servirebbe una svolta di pensiero per un sindacato a passo con i tempi che non può non capire l’importanza di difendere il ruolo intellettuale della professione medica.
La pandemia di Covid poteva essere una grande opportunità di rilancio della professione specie della medicina di famiglia invece è stata l’occasione per affossarci completamente.
Se fare il medico consiste nel mettere in atto una serie di procedure standardizzate, oppure compilare ricette, piani di cura (decisi da altri), stampare green pass, certificati vaccinali (anche questi fatti da altri), inviare flussi e bilanci, è chiaro che in molti lo possono fare se ben istruiti e che quindi la nostra è una professione facilmente sostituibile.
In tutti questi anni abbiamo accettato dalle Aziende sanitarie di adeguare il nostro lavoro alle loro esigenze di bilancio modificando le nostre prescrizioni sulla base di criteri di appropriatezza costruiti su modelli standard, abbiamo accettato di essere “amministrati” lasciando che il nostro giudizio clinico fosse sormontato da quello delle società scientifiche che hanno costruito protocolli per tutti i casi, abbiamo accettato il controllo su ogni nostro singolo atto con l’incubo di non poter giustificare il perché di scelte non in linea (alcuni colleghi sono stati costretti a restituire soldi alle Asl per “ripagare” scelte considerate inadeguate).
Dove erano i sindacati mentre si compiva questo scempio? Che ruolo hanno avuto?
Che senso ha allora adesso questo stracciarsi le vesti per lamentarsi di quello che è stato un processo inevitabile?
La medicina è un’arte ed essere un medico è un compito altissimo e difficilissimo, richiede competenze scientifiche, tecniche, giuridiche , economiche, psicologiche, etiche, richiede la capacità di individuare e governare la complessità.
Come è stato possibile svilire la nostra professione al punto da trasformarci in Trivial machine come ha detto bene Cavicchi?
Adesso la Fimmg promette “proposte”, chiede la possibilità di un “confronto” con il governo, minaccia battaglie… ma se non si capisce che va recuperata la vera identità dell’essere medico, sappiamo già tutti in partenza che nulla potrà realmente cambiare.
Ornella Mancin
Medico di medicina generale