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QS Edizioni - venerdì 22 novembre 2024

Lettere al Direttore

Quei luoghi comuni sui Mmg

di Lorenzo Lazzarotto
31 maggio - Gentile Direttore,
prendo spunto dalla recente lettera del dottor Vergallo per ribadire che non è affatto un luogo comune quanto viene enunciato tra i banchi dell’università di medicina e chirurgia, nonché in quelli infermieristici: il rapporto medico-paziente è un concetto che si può capire solo facendo questa professione. Il paziente parla dei suoi problemi, ma ancor più si confida con il proprio medico in quanto rapporto fiduciario, certo non lo farebbe con un professionista visto per la prima volta o a rotazione.
 
I pazienti esprimono il loro attaccamento al proprio medico e toglierglielo non può che concretizzarsi come un torto al paziente stesso.
Pur lavorando da alcuni anni come medico di famiglia in una medicina integrata, i miei pazienti continuano a voler proseguire il rapporto di fiducia, seppur visitati da altri stimati colleghi della MGI per motivi di urgenza, cercano sempre i consigli e le rassicurazioni da parte del proprio medico curante.
 
Mi pare ironico sentir parlare di rapporto di fiducia da parte di colleghi che non prestano questa attività, come possono capirlo dato che loro vedono i pazienti solo saltuariamente?
 
Qualcuno degli illustrissimi colleghi, mi dovrebbe poi spiegare perché il maggior numero di morti e di contagiati da COVID-19 è tra i medici di famiglia rispetto alle altre aree mediche coinvolte.
 
Per dare risposta a questa domanda retorica, non ci siamo fermati a fare i “passacarte” come più volte erroneamente stigmatizzati, ma ci siamo rimboccati le maniche e, con “scarpe di cartone”, abbiamo assistito e visitato milioni di pazienti Covid-19 mentre nelle terapie intensive d’Italia veniva ricoverati, aimè, le centinaia di pazienti con maggiore criticità.
 
In tutto ciò mentre gli ospedali chiudevano, chi ha dovuto gestire l’enormità di problematiche mediche incombenti? Sempre la medicina territoriale.
 
Viceversa, i pazienti dimessi dall'ospedale spesso non sono tutelati dal sistema sanitario, vengono dimessi senza certificati di malattia e senza assicurare una copertura farmacologica di 30 giorni (o meno nel caso in cui il farmaco dovrà essere assunto per un periodo di tempo più breve) per i farmaci di nuova prescrizione, come previsto dalla legge Bindi del 2001.
Anche in questo caso siamo noi medici di famiglia a vigilare e tutelare i nostri assistiti.
 
I numeri, come è facile dimostrare (la regione mensilmente riceve i dati di tutti i colleghi), vanno a favore sicuramente della medicina generale.
Vorrei sottolineare che la riforma delle Medicine di Gruppo Integrate del territorio è stata bloccata in Veneto dalla Corte dei Conti di Roma, non per mancato volere dei medici, ma per interessi che vanno al di là dei pazienti.
 
Continuare a tagliare sulla Sanità, certamente, non porta ad un miglioramento delle cure, la mancata tutela dei medici di famiglia non si esprime certo con la dipendenza, com’è stato recentemente proposto. Prendendo spunto dalle parole di un collega vi invito alla riflessione: “si vuole per caso trasformare l’unico comparto sanitario libero, in cui le nomine non vengono fatte dalla politica, in una medicina feudale …” ?
 
Concludendo la medicina territoriale può essere migliorata grazie a finanziamenti, ma ciò che deve ben essere salvaguardato è il rapporto medico-paziente, fondamentale per una visione d’insieme e la cura del paziente.
Siamo gli unici che hanno le competenze e la capacità di attuare ciò, ma è fondamentale la continuità terapeutica e il rapporto di fiducia.
 
Lorenzo Lazzarotto
Medico di Medicina Generale, Vicesegretario Organizzativo SNAMI Treviso e Responsabile Veneto Snami Giovani
31 maggio 2021
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