9 aprile -
Gentile Direttore,
la Giornata Nazionale per la donazione e il trapianto di organi indetta dal Ministero della Salute per l’11 di aprile compie il suo 24° anniversario. Una ricorrenza significativa in questo periodo di emergenza sanitaria poiché il Covid-19 non ha cancellato le altre malattie, e questo vale anche per le gravi insufficienze di organo. Per l’intera comunità dei Tecnici di Neurofisiopatologia (TNFP) però si tratta di una doppia celebrazione dal momento che l’11 aprile 2008, con apposito Decreto Ministeriale veniva sancito che l’esecuzione dell’esame elettroencefalografico durante l’accertamento di morte cerebrale, propedeutico al percorso di donazione e trapianto di organi, è di esclusiva competenza del TNFP.
La drammatica emergenza dovuta alla diffusione del COVID-19 non ha fermato l'attività dei Tecnici di Neurofisiopatologia (TNFP) nell’esecuzione dell’elettroencefalogramma (EEG) nelle terapie intensive. L’EEG è l'esame strumentale che la legge italiana indica fra le valutazioni per l'accertamento della morte di pazienti sottoposti a manovre rianimatorie. I TNFP assicurano quindi da molto tempo un insostituibile supporto diagnostico al collegio medico attestante l’effettiva morte cerebrale, presupposto delicato ma necessario per sostenere il prezioso processo della donazione degli organi.
Il trapianto di organi rappresenta, spesso, l’unica terapia possibile per i pazienti con grave insufficienza d’organo non più suscettibile di terapia sostitutiva o farmacologica. Il prelievo di organi da cadavere a scopo di trapianto, è una delle attività sanitarie identificata quale obiettivo prioritario del Piano Sanitario Nazionale e secondo la normativa vigente può effettuarsi da pazienti deceduti nei quali si effettui l’accertamento di morte con criteri neurologici.
Nel corso della storia, l’uomo si è sempre confrontato con la necessità di dover accertare la morte attraverso criteri che sono mutati in ragione dell’evoluzione delle conoscenze e delle strumentazioni biomedico-tecnologiche. Il mutamento radicale che ha permesso il passaggio dal criterio tradizionale, precedente all’era della rianimazione, della constatazione della cessazione irreversibile della funzione circolatoria-respiratoria (criterio di “morte cardiaca”) è rappresentato dalla pubblicazione su JAMA nel 1968 del report, ad opera di un comitato di esperti di Harvard, nel quale venivano definiti e sottoscritti quei criteri neurologici basati invece sulla constatazione della cessazione irreversibile e definitiva della completa funzione del cervello e del tronco cerebrale (criterio di “morte cerebrale” o “pan encefalica”). (A definition of irreversible coma report of the Ad Hoc Committe of the Harvard Medical School to examine the definition of Brain Death, JAMA 1968;205:337‐340).
Da più di 50 anni questi criteri sono utilizzati quasi ovunque nel mondo e anche nel nostro paese costituiscono l’impianto fondante del Decreto del Ministro della Salute del giugno 2008, secondo il quale devono essere accertate da un collegio medico convocato ad hoc le seguenti condizioni perché si possa identificare la condizione di morte cerebrale: assenza dello stato di vigilanza e di coscienza, assenza dei riflessi del tronco encefalico e del respiro spontaneo, e l’assenza di attività elettrica cerebrale accertata con elettroencefalogramma (EEG) documentata per almeno 2 volte in un periodo di osservazione non inferiore alle 6 ore.
Da molti anni i tecnici di neurofisiopatologia, una delle 22 professioni sanitarie oggi ordinate, sono al fianco del collegio medico, composto da: un anestesista, un neurologo ed un medico legale; e si occupano dell’esecuzione dell’EEG nelle terapie intensive garantendo con scrupolo e rigore metodologico, il rispetto di tutti i criteri e dei parametri strumentali previsti nelle registrazioni di 30 minuti volte a certificare l’assenza di attività elettrica di origine cerebrale spontanea e provocata; inoltre preparano meticolosamente il paziente e, soprattutto, vigilano sulla eventuale presenza di fattori interferenti con strumentazione e sulla qualità complessiva del segnale durante tutta la durata della osservazione. Oltre ad abilità tecniche avanzate, un ambiente “difficile” come quello delle terapie intensive richiede un background operativo che possa permettere al TNFP di operare nell’ambito di uno staff eterogeneo e multidisciplinare; sono diversi infatti i professionisti sanitari che possono assistere il paziente in accertamento di morte, se solo pensiamo ai monitoraggi periodici degli anestesisti, alle cure di nursing dei colleghi infermieri o all’intervento degli ecografisti soprattutto in ottica di pre-spianto degli organi.
Quello che fa riflettere e merita una certa attenzione è la dimensione etica vissuta dagli operatori sanitari nei confronti del concetto stesso di morte. Siamo consci, come tecnici NFP, che un evento di questo genere non lascia certamente indifferenti dal punto di vista emotivo, si pensi in particolare alla procedura di accertamento in età pediatrica, ma conserviamo un approccio il più possibile scevro da aspetti personali legati alla religione, alla morale, alle esperienze, alle emozioni con la consapevolezza che la diffusione della cultura della donazione abbia un altissimo valore solidaristico: dare un senso alla morte e salvare la vita di persone altrimenti destinate a soffrire e a morire.
Indipendentemente da queste considerazioni, anche durante l’attuale scenario socio-sanitario che stiamo vivendo quando ci accingiamo alla procedura di accertamento di morte, con scomodi camici plastificati, con soffocanti mascherine, con occhiali e/o visiere appannate, con guanti e sovrascarpe, con la tensione e, a volte, con la paura, continuiamo a lavorare con il cuore e l’anima, al pari di molti altri colleghi, nutriti dall’art 32 della nostra Costituzione.
La Commissione d’albo nazionale Tecnici di Neurofisiopatologia e Associazione Italiana Tecnici di Neurofisiopatologia