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QS Edizioni - domenica 24 novembre 2024

Lettere al Direttore

Caro Oliveti, ma perché quel “no granitico” alla dipendenza dei medici di medicina generale?

di Claudio Maria Maffei
29 marzo - Gentile Direttore,
è opportuno che il presidente della Fondazione ENPAM esprima il suo “granitico” no alla dipendenza per i Medici di Medicina Generale? Premessa: ho una grande stima professionale ed umana per il dott. Alberto Oliveti che conosco personalmente, visto che oltretutto è anche mio conterraneo. Siamo entrambi  marchigiani e nelle Marche ci siamo più volte incrociati quando lui era rappresentante della FIMMG ed io dirigente regionale. Ma non ho trovato condivisibile il suo no al passaggio alle dipendenza dei Medici di Medicina Generale (MMG) per due ordini di motivi.
 
Il primo riguarda il ruolo con cui  ha preso questa posizione e cioè quello di Presidente  della Fondazione ENPAM, che è l’Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza dei Medici e degli Odontoiatri, di tutti questi professionisti. Non avrei trovato nulla da eccepire se il dott. Oliveti in questo ruolo si fosse limitato ad affermare come ha fatto all’inizio del suo intervento che con questo passaggio si interromperebbe  il più importante flusso contributivo verso l’Ente con il  conseguente affondamento dell’intero sistema pensionistico dei medici e degli odontoiatri.
 
Ma poi il dott. Oliveti è entrato nel merito della questione affermando che è il rapporto di fiducia tra Medico di Medicina Generale e cittadino ad essere il perno di tutto il sistema delle cure primarie. E qui si inserisce la mia seconda obiezione di metodo. Nessun altro dei temi collegati alla evoluzione delle cure primarie è stato preso in considerazione e, quel che è peggio, non è stato ritenuto degno di essere preso in considerazione. Ne cito solo uno  tanto per esemplificare. Un  elemento centrale di una visione non dico moderna, ma diciamo attuale, delle cure primarie è quello della multiprofessionalità/multidisciplanietà delle figure/servizi coinvolti. Il cosiddetto chronic care model  che tutti citano come principale riferimento per un approccio proattivo alla cronicità ha ad esempio in tutti i suoi modelli che si sono sviluppati nel tempo la principale risorsa organizzativa nel team. E quindi il tema centrale è semmai oggi (anche) quello del rapporto fiduciario col team.
 
In un sistema che dovrebbe essere in rapida evoluzione come quello delle cure primarie in cui, centralità del team a parte,  entrano con sempre maggior forza nuove figure professionali (gli infermieri di famiglia e di comunità, non a caso dipendenti) e nuovi strumenti (come la telemedicina) che tutto continui  a ruotare senza possibilità di analisi, riflessione e confronto attorno alla figura del singolo medico di medicina generale e al suo rapporto di fiducia con l’assistito sembra posizione più sindacale che tecnica. Più finalizzata a raccogliere consensi che a immaginare nuovi modelli di cure primarie in cui c’è spazio anche per un ragionamento sulla figura del medico di medicina generale, sul suo ruolo e, perché no,  sul suo inquadramento contrattuale.
 
La enorme difficoltà (raccontata di recente anche qui su QS) a rendere operative in tante Regioni soluzioni organizzative pure “auspicate” da tempo come quelle degli ospedali di comunità e delle case della salute hanno a che vedere anche (non solo, ovviamente) con la natura dei rapporti tra Servizio Sanitario Nazionale e MMG.
 
C’è chi ha autorevolmente parlato a partire dalla esperienza della pandemia di storica arretratezza della medicina di famiglia in Italia ponendo la questione nazionale della medicina generale. E’ dentro analisi come quella citata   che va calato il dibattito senza impedirlo con una muscolare esibizione di un granitico no al passaggio alla dipendenza dei MMG. Il rapporto fiduciario con i suoi assistiti e il non-passaggio alla dipendenza magari alla fine con i dovuti correttivi potrebbero essere ancora la scelta migliore. Ma se non si discute e non si analizza,  non si può correggere.
 
Anche le regole della pallacanestro nel tempo sono cambiate come sa bene il dott. Oliveti che ha praticato questo sport ad alto livello. Una volta il tiro da tre punti ad esempio non c’era. Perché con la Medicina Generale questo non lo si può nemmeno pensare?
 
Claudio Maria Maffei
Coordinatore scientifico Chronic-On
29 marzo 2021
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