22 febbraio -
Gentile Direttore,
il presidente Draghi nel presentare il programma del nuovo Governo al Senato ha parlato di riforma della sanità, con particolare riferimento al potenziamento del territorio. Draghi ha indicato i capisaldi: “una forte rete di servizi di base (case della comunità, ospedali di comunità, consultori, centri di salute mentale, centri di prossimità contro la povertà sanitaria)”. Sottolineando che “è questa la strada per rendere realmente esigibili i “Livelli essenziali di assistenz
a”.
I LEA sono le prestazioni che il Servizio Sanitario si impegna a garantire ai cittadini su tutto il territorio nazionale tramite i servizi delle aziende sanitarie. Nel 2017 i nuovi LEA hanno preso atto dei bisogni psicologici della popolazione: ne trattano ben 15 articoli sui 64 complessivi del testo.
L’elenco sarebbe lungo, ma si parla di assicurare gli interventi psicologici/psicoterapici nei servizi delle dipendenze, per i disturbi del neurosviluppo nell’infanzia, per l’assistenza alle persone con gravi patologie fisiche, croniche e disabilità, nel dolore e cure palliative, per i disturbi mentali, nei servizi consultoriali, nel campo della salute della donna e del bambino, problemi di sterilità e IVG, del disagio psicologico nei minori, nell’adulto e nel nucleo familiare, nell’attività per la sicurezza e salute sul lavoro, per lo stress lavorativo e burnout dei sanitari, per l’umanizzazione e la qualità relazionale nei contesti sanitari.
Una missione realmente trasversale ai diversi livelli e contesti del SSN che si è sinora realizzata in modo assolutamente disomogeneo nelle diverse regioni e persino nelle diverse aziende sanitarie. Realtà di eccellenza accanto allo zero assoluto: in sostanza una enorme disparità di trattamento e una assai diffusa assenza di queste prestazioni.
Questa situazione è figlia di un paradosso: mentre – a causa delle evidenze scientifiche e dei bisogni reali – sempre più norme ampliavano l’ambito delle attività psicologiche, le regioni e le aziende sanitarie riducevano il numero degli psicologi pubblici, sino agli attuali 5000: 1 ogni 12 mila abitanti con una età media di 56 anni! Dati che parlano da soli.
L’assenza di uno standard che vincoli le Regioni, come accade per molte altre situazioni, e che preveda un modello organizzativo realmente efficiente e trasversale, ha prodotto questa abissale distanza tra domanda ed offerta.
Ora il Ministero della Salute e le Regioni hanno in mano gli strumenti per superare la situazione, e questo grazie a due recenti leggi, nate dal fatto che la pandemia ha fatto toccare con mano questa grave inadempienza.
La legge 126 del 13.10.20 che prevede “
al fine di garantire il benessere psicologico individuale e collettivo” l’adozione di “
linee di indirizzo per la tutela delle fragilità psicosociali” entro sei mesi. E la legge 176 del 18.12.20 che prevede in ogni Azienda del SSN “
l’organizzazione di tutte le attività degli Psicologi in una unica funzione aziendale”.
Avere delle linee di indirizzo specifiche e una organizzazione unitaria delle risorse professionali è l’unico modo per assicurare le attività psicologiche necessarie alla rete complessiva dei servizi domiciliari, territoriali ed ospedalieri. Gli aspetti psicologici nella salute della mente e del corpo, nella diagnosi, cura e riabilitazione, nel rilancio della prevenzione e promozione delle risorse, sono a volte decisivi, e richiedono una Psicologia in grado di integrarsi proattivamente nella rete sanitaria e sociosanitaria.
Si tratta di potenziare la presenza nei servizi “storici”, come quelli per i disturbi mentali o quelli consultoriali, dove siamo molto sottodimensionati, ma anche di assicurare le attività nelle case della comunità, nella domiciliarità, nei centri di prossimità, nelle strutture intermedie e negli ospedali.
Se davvero si vuole una Sanità in grado di tutelare la salute come realtà “biopsicosociale” e non solo biologica (anche se con oltre 50 anni di ritardo sulla definizione dell’OMS!) bisogna attuare con chiarezza e coerenza queste normative.
David Lazzari
Presidente CNOP