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QS Edizioni - sabato 27 luglio 2024

Lettere al Direttore

Io, infermiere col Covid, come un soldato di Caporetto

di Ivan Favarin
11 dicembre - Gentile Direttore,
sono un infermiere, uno dei tanti contagiati dal COVID-19. Grazie alla medicina preventiva aziendale sono stato individuato con un tampone positivo prima che insorgessero sintomi, messo fuori combattimento proprio mentre ero al lavoro in pronto soccorso. E ho chiesto di pormi in isolamento in un Covid Hotel. 
 
In questo periodo ho affrontato sintomi che per fortuna non hanno richiesto ricovero, a giudizio dei medici USCA che mi hanno visitato, e mi ritengo fortunato. E so di aver fatto la scelta giusta per la mia famiglia, salvando loro dal contagio. 
 
Ancor più di prima, mi vedo nei panni di un soldato della Grande Guerra. Mesi e mesi di trincea, battaglie quotidiane di posizione, non per conquistare alcunché ma per mantenere aperto a tutti l’accesso alle cure, CoVid o meno. E poi il colpo arrivato a segno dal cecchino, subdolo, più efficace delle mille difese messe in atto diligentemente, al lavoro e a casa (come tanti, non ho vita sociale da mesi ormai). Fuori uso, avanti gli altri. 
 
Il coronavirus non è sconfitto, ci vorranno mesi forse anni per avere un riscontro dai vaccini. Ma le battaglie perse bruciano sulla pelle, e temo che, uscito vivo dalla guerra, sarò sempre il soldato di Caporetto. Magari fra qualche decennio avrò anche una medaglia come accadde a quei combattenti. Ma non cambierà di certo le cose. E quel soldato sarà sempre il soldato delle battaglie perse in una guerra di soli vinti. 
 
Ivan Favarin
Infermiere
11 dicembre 2020
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