2 novembre -
Gentile Direttore,
sento i soliti politici lamentarsi della carenza di medici, qualcuno chiede anche perché non glieli mandino da Roma, come se si potessero comprare sul mercato. Questa carenza è il frutto di decenni di sistematica distruzione della categoria. Iniziamo dal 1974 anno in cui mi sono iscritto a Medicina insieme a altri 4.000 alla Sapienza.
Troppi, si disse: mettiamo il numero chiuso e oggi credo che i posti siano 10.000 circa in tutta Italia. Laureato nel 1980 ebbi la possibilità di accedere a uno degli ultimi concorsi per il tirocinio pratico ospedaliero semestrale retribuito che permetteva di accedere al primo gradino della carriera ospedaliera, quello di assistente, con facilità. In quel tirocinio di sei mesi imparai molto più che nella specializzazione universitaria in chirurgia di cinque anni, ma fu abolito e ora è necessaria la specializzazione per diventare ospedaliero.
Però era ancora troppo facile fare il medico in un ospedale per cui l'accorto legislatore decise di fare di più e ridusse drasticamente i posti nelle scuole di specializzazione. Si aggiungano stipendi molto più bassi dei colleghi europei, una riduzione degli ospedali per una assurda spending review che tagliava tutto tranne il numero dei politici, un mancato reintegro del personale andato in pensione per cui nella struttura ove lavoro siamo meno di un terzo di quando sono stato assunto e così si è giunti alla situazione attuale. Io stesso sto in Italia per un caso, avendo superato il VQE per andare negli USA. Quindi non c'è da meravigliarsi che i medici manchino ma piuttosto del fatto che qualcuno sia rimasto.
Dott Massimo Sonnino
Dirigente medico
Policlinico Umberto I di Roma