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QS Edizioni - lunedì 30 dicembre 2024

Lettere al Direttore

Mes: prendere o lasciare?

di Carlo Palermo
2 ottobre - Gentile Direttore,
il dibattito intorno al MES sta assumendo note ideologiche e di bandiera, lontane dalle reali necessità della nostra sanità. Forse avremmo bisogno di un approccio più pragmatico, di obiettivi ben calibrati sull’andamento dell’epidemia e di un’attenta valutazione delle ricadute del finanziamento. Vediamo di cosa si sta discutendo.
 
All’interno del cosiddetto Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) è stata creata una linea di finanziamento speciale denominata “Supporto alla crisi pandemica”.
 
È una linea di credito molto diversa rispetto a quella conosciuta dopo la crisi finanziaria del 2008/2009 presentando chiari elementi di rottura.
È, innanzitutto, immediatamente disponibile avendo la Commissione Europea già stabilito l’accessibilità per l’Italia, così come per gli altri Stati membri, a questo finanziamento relativamente alla propria stabilità finanziaria, solvibilità bancaria e sostenibilità del debito.
 
Richiede una semplice rendicontazione delle spese, senza particolari obblighi presenti, invece, nel Recovery fund. Il controllo della rendicontazione spetta esclusivamente alla Commissione europea e non prevede meccanismi di intervento esterno, tipo Troika. L’unica condizionalità è quella di coprire le spese destinate a contrastare l’epidemia di Covid-19. Pertanto, la cosiddetta sorveglianza rafforzata sarà concentrata esclusivamente sul monitoraggio e sugli obblighi di comunicazione relativamente all’uso effettivo dei fondi per coprire i costi sanitari diretti e indiretti legati all’epidemia. E questo mi sembra un controllo più che opportuno e da valutare positivamente.
 
Si può arrivare ad un finanziamento massimo corrispondente al 2% del PIL relativo al 2019, che equivale per l’Italia a circa 36 mld, erogabili in tranche mensili del 15% e quindi di 5 mld, fino all’occorrenza del tetto previsto.
Il finanziamento garantito dalle istituzioni europee gode della tripla A e sul mercato avrà tassi assolutamente concorrenziali valutabili intorno allo 0,1%/annuo, se non addirittura negativi. Attualmente l’Italia per le scadenze a 10 anni si finanzia con tassi intorno all’1%. Il risparmio potrebbe essere di circa 5 mld in 10 anni. Certamente una cifra non trascurabile.
 
Sussiste una questione di tempistica cui non si può sfuggire. I finanziamenti del Recovery fund saranno disponibili, se non insorgeranno ulteriori intoppi nel confronto tra i Paesi europei, a partire dalla seconda metà del 2021.
 
Purtroppo l’epidemia da Sars-CoV-2 va affrontata ora e non tra un anno come dimostrano i recenti dati epidemiologici. 
Pertanto, se vogliamo veramente tutelare la salute dei cittadini come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”, secondo quanto statuito dall’articolo 32 della Costituzione, è necessario un consistente ed immediato incremento delle risorse destinate alla sanità come previsto dal piano illustrato recentemente dal Ministro Speranza alla Commissione Sanità del Senato.
Ora e non tra un anno, altrimenti il controllo dell’epidemia rischia di sfuggire di mano, portando ad un allargamento dei contagi, ad un sovraccarico delle strutture ospedaliere e, inevitabilmente, ad un aumento del numero di morti.
 
Cosa può essere finanziato con il Mes? Cosa significano spese dirette e indirette? 
Certamente acquistare tamponi reagenti, macchinari per processarli, al fine di allargare la capacità di testare la popolazione rientra nel novero delle spese dirette. L’apertura delle scuole richiede almeno il raddoppio della capacità attuale. Poi, incrementare la possibilità di tracciamento rinforzando i Dipartimenti di Igiene e Prevenzione sul territorio con un adeguato numero di personale assunto a tempo determinato. Anche acquistare farmaci, dispositivi di protezione individuale, il cui stoccaggio mancava nella fase iniziale dell’epidemia, e, quando saranno disponibili, i vaccini e gli anticorpi monoclonali per trattare i pazienti rappresenta una spesa diretta, così come la remunerazione dei ricoveri passati e futuri per Covid-19. Ugualmente rinforzare la trincea ospedaliera attraverso assunzione di personale a tempo determinato (l’assunzione a tempo indeterminato rappresenta un incremento della spesa corrente che richiede altri strumenti finanziari) e l’acquisto di tecnologia (dai ventilatori ai monitor e ai letti per le Terapie intensive e sub-intensive, dalle TAC alle Risonanze magnetiche per la diagnostica radiologica) possono rientrare tra la spese dirette.
 
Le indicazioni per le spese indirette nel modulo di rendicontazione sono piuttosto generiche e questo potrebbe far comprendere nel finanziamento, dopo adeguata verifica tecnica, anche la ristrutturazione degli ospedali più vetusti per renderli flessibili e capaci di modulare la loro attività rispetto alle esigenze derivanti dall’evoluzione dell’epidemia e del suo impatto sulla popolazione, in particolare strutturando la separazione dei percorsi “sporco-pulito” per rendere sicuro l’accesso ai luoghi di cura per la popolazione, la cui mancanza, è bene ricordarlo, è stata alla base della sospensione delle attività ordinarie negli ospedali e negli ambulatori territoriali e dell’accumulo imponente di prestazioni sanitarie da eseguire. La stessa considerazione può essere avanzata per la ristrutturazione delle RSA, tragico punto debole emerso nella fase primaverile dell’epidemia. Potrebbero rientrare, altresì, gli investimenti in ricerca biomedica rivolti allo studio del Sars-CoV-2 e al suo trattamento, quelli nello sviluppo digitale della sanità (cartella clinica, teleconsulto, fascicolo sanitario personale, etc.) e gli investimenti in formazione, anche finalizzati ad aumentare i contratti di formazione post-laurea per quelle specialità, spesso carenti, direttamente impegnate nel contrasto dell’epidemia: Anestesiologia e Rianimazione, Medicina di Emergenza/Urgenza, Malattie infettive, Malattie respiratorie, Medicina interna, Geriatria.
 
Si tratta di un finanziamento eccezionale a condizioni e meccanismi totalmente diversi rispetto al passato. Il “Supporto alla crisi pandemica” fa parte di una strategia diversa dell’Europa che, insieme alla previsione di sovvenzioni e prestiti con il Recovery fund e alla sospensione del Patto di stabilità, punta ad accrescere la resilienza dei sistemi sanitari nei confronti dell’emergenza epidemica e ad invertire la tendenza della crisi economica ad essa collegata. Non necessariamente bisogna accedere all’intero finanziamento di 36 mld e non è detto che questo contribuisca sempre ad incrementare il debito pubblico, potendo sostenere spese già previste, magari con linee di credito a tassi più elevati.
 
“La Troika non esiste” ha affermato il Governatore Visco. Gli strumenti di controllo rafforzato sulle finanze pubbliche nazionali non sono previsti, hanno dichiarato il Vice-presidente Dombrovskis e il Commissario Gentiloni, escludendo in una lettera inviata ai Governi europei interventi correttivi.
Non possiamo prendere altro tempo per mettere in sicurezza la sanità e ridurre i danni dell’epidemia.
 
Qualcuno parla di stigma dei mercati finanziari nei confronti dell’Italia in caso di accesso al “Supporto per la crisi pandemica”, ma lo stigma di avere rifiutato il più grande finanziamento per il nostro servizio sanitario dal momento della sua nascita, siamo sicuri che non esista? Una recentissima indagine di Demopolis pone la sanità al secondo posto, dopo il lavoro, tra le priorità degli italiani, in netto incremento percentuale rispetto alla rilevazione effettuata 15 mesi addietro. Il coronavirus ha cambiato molto la sensibilità degli italiani. 
 
Carlo Palermo
Segretario Nazionale Anaao Assomed
2 ottobre 2020
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