7 settembre -
Gentile Direttore,
la sanità calabrese scivola sempre più in basso e, ad indirizzarla verso il fondo, è la gestione rigorosamente ragionieristica degli ultimi tempi.
Quando, con la prima riforma del Servizio Nazionale si decise, giustamente, di dare un taglio agli sprechi che derivavano dai rimborsi a piè di lista, introducendo i concetti di razionalizzazione dei costi ed ottimizzazione delle risorse, di mission e vision, insomma, la ratio dell’aziendalizzazione, probabilmente nessuno immaginava che saremmo passati da un eccesso ad un altro.
E che oggi (da più di qualche anno a questa parte, per la verità) la priorità se non l’unico obbiettivo sia diventato, per lo meno in Calabria, quello di far quadrare i conti sulla pelle della gente attraverso un mero esercizio contabile, possiamo tranquillamente affermare che è ormai un inconfutabile dato di fatto.
Il tutto con buona pace di mission e vision.
Di mission perché le Aziende non sono certo poste nelle condizioni di garantire quell’offerta sanitaria, in termini quali-quantitativi, che il cittadino utente si aspetta.
Di vision perché i decisori invece di puntare sugli investimenti, soprattutto ai professionisti, guardando quindi al futuro della tutela della salute, si chiudono a riccio ed imbracciano matita, gomma e pallottoliere, organizzandosi così per tentare di raggiungere il proprio obbiettivo: dimostrare ai loro sponsor quanto siano bravi nel ridurre il deficit.
Mera e miope illusione. Il deficit è espressione della migrazione sanitaria. E la contrazione degli investimenti, soprattutto sul personale, non potrà far altro che incrementarlo. Certo, aumentare ulteriormente le passività adesso, per avere un feed back positivo nel lungo periodo porterebbe, paradossalmente a mettere in cattiva luce chi ha sposato una vision corretta, orientata a migliorare il sistema. Ed i meriti ricadrebbero, ovviamente su chi gestirà la sanità negli anni a seguire.
Quindi, meglio investire sull’ovetto risicato oggi, che sulla gallina dalle uova d’oro di domani.
Con buona pace dell’auspicata diligenza del buon padre di famiglia nel governo della salute del cittadino.
Un esempio per tutti è il Grande Ospedale Metropolitano, una delle ultime roccaforti della sanità calabrese, autorevole DEA di II livello.
Una struttura la cui mission è, esattamente come per tutti gli Hub, l’acuzie.
Ma che la scarsa capacità di dare risposte al cittadino da parte degli Spoke, degli Ospedali Generali, e soprattutto delle Cure Primarie del territorio porta obbligatoriamente ad essere collettore di tutte le richieste di salute, anche di quelle non congrue al proprio mandato istituzionale. Con due pesanti ricadute negative: riduzione quali/quantitativa dell’offerta sanitaria da un lato e storno di risorse umane ed economico-finanziarie dall’altro.
Ma, ed è questa la cosa più grave, non diciamo nulla di nuovo.
Confrontando i dati del G.O.M. con un’Azienda benchmark della regione, salta agli occhi la differenza delle risorse rese disponibili per il finanziamento del personale tra le due, nonostante i numeri relativi a posti letto (+10,5%), valore di produzione (2018: +9%) e di accessi al Pronto Soccorso (2019: +30,5%) siano spostati a favore della prima mentre le unità di personale (2019: +6%) risultino già, in essere, maggiori nella seconda.
E ciò nonostante, senza nulla togliere all’Azienda di confronto (dato che la sanità della Calabria deve necessariamente riconoscere un comune denominatore ed altrettanto comuni interessi), al G.O.M. che fino ad oggi ha prodotto questi numeri a scapito di eccedenza oraria, mancata fruizione delle ferie da parte dei propri lavoratori, ed a volte, pur di non ledere la continuità dell’assistenza al cittadino, di mancato rispetto della normativa vigente in materia di riposo, la richiesta di personale, pur se parametrata sugli indirizzi del DCA 192/2019 resta al palo.
Ma se Atene piange, nella Magna Grecia, non è che le altre Aziende sanitarie/ospedaliere abbiano a che sorridere…
Insomma, com’è sotto gli occhi di tutti, la sanità calabrese continua la sua caduta libera, con nubi sempre più minacciose all’orizzonte.
La domanda dunque nasce spontanea: questo è il modo con il quale la Struttura Commissariale intende garantire la salute dei nostri concittadini? Facendo cassa sulla loro pelle? Indignandosi incredibilmente poi davanti agli eventi avversi, come se questi non discendessero da un evidente difetto di programmazione ed organizzazione.
Non sarebbe dunque meglio cominciare coraggiosamente a lavorare nell’interesse dei contribuenti, abbandonando radicalmente la strategia dei tagli sul personale, soprattutto in considerazione dell’acclarato fatto che oltre dieci anni di commissariamento altro non siano riusciti a fare se non peggiorare i conti pubblici senza apportare miglioramento alcuno all’offerta sanitaria?
Siamo assolutamente convinti che solo una decisa inversione di rotta possa invertire il trend.
Ed i calabresi attendono ormai da tempo ciò che è loro costituzionalmente dovuto.
Dr. Domenico Minniti
Presidente Regionale AAROI-EMAC Calabria
Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani - Emergenza ed Area Critica