17 luglio -
Gentile Direttore,
il 19 luglio di vent’anni fa veniva approvata la legge 10 agosto 2000 n. 251 che riconosce, definitivamente, libertà, indipendenza ed autonomia alle “nuove” professioni sanitarie. Una norma che arrivò ad un anno dall’ approvazione della legge 42/99 integrando la lettura dei profili professionali e sgombrando il campo da ogni ambiguità interpretativa degli stessi.
Per capirci, i profili professionali furono scritti quando ancora, le attuali professioni sanitarie, erano giuridicamente delle “professioni sanitarie ausiliarie” e quindi contengono tutta una serie di disposizioni giustificate da questo motivo.
Infatti, il Ministero, nella loro stesura, non si limitò a definire solo le competenze, ma individuò anche una serie di modalità operative come: “autonomamente o in collaborazione”; “in regime di dipendenza o libero professionale”; “in riferimento” o “su prescrizione medica”. Dizioni, queste, giustificate proprio dal non essere ancora una professione sanitaria.
Ora, grazie alla 42/ 99 e soprattutto alla 251 /2000, questi aspetti sono stati superati e le professioni sanitarie possono svolgere le loro attività in qualsiasi forma giuridica consentita nello Stato in cui operano.
Il compianto Luca Benci, all’ indomani dell’approvazione della legge 42, in un suo famoso articolo dal titolo: “Professioni sanitarie non più ausiliarie” scrisse che:” la soppressione del carattere di ausiliarietà porta le professioni sanitarie a esercitare a due livelli: un livello autonomo e uno collaborante”. Riferendosi poi al fisioterapista scrisse:” Il profilo professionale del fisioterapista, forse con ancora più nettezza rispetto agli altri, dispone il doppio campo di attività autonomo e di collaborazione di questo professionista….. dove l’attività collaborante viene svolta in riferimento alla diagnosi e alla prescrizione del medico”.
Il fisioterapista nasce, dunque, anche autonomo fin dal ’94 a differenza di altre professioni che hanno raggiunto questo status solo con l’approvazione della 251.
Questa legge, che riconosce l’autonomia a tutte le professioni sanitarie, per quelle di area riabilitativa si spinge oltre arrivando a sancire anche la “titolarità” delle competenze attribuite. Il tutto in una norma primaria votata all’unanimità dal Parlamento e non in un decreto ministeriale.
Non tutti sanno che la L. 251 rappresentò un momento molto critico perché eravamo giunti a un bivio: o si andava avanti, nel solco della 42/99, o si faceva un passo indietro ridando centralità, in particolare, al medico.
Fu una partita molto difficile. Per quanto riguarda le professioni riabilitative, in prima lettura, il Senato aveva riconosciuto, nel testo approvato, esplicitamente, una attività diagnostica (“procedure diagnostiche”) ai fini dell’esercizio professionale, ma, quando il provvedimento arrivò alla Camera, subì uno stop proprio per questo aspetto. Parlare di diagnosi, fuori dall’ambito medico, venti anni fa, era molto difficile.
Toccò al sottoscritto consegnare, al relatore Augusto Battaglia, l’emendamento che, pur non cambiando sostanzialmente il contenuto, poneva fine alle strumentalizzazioni. Durante un convegno e dopo aver dimostrato a un pubblico, non certo di parte, la correttezza e lungimiranza della scelta del Senato consegnai all’ On. Battaglia, ivi presente, l’emendamento che sostituiva “procedure diagnostiche” con “procedure di valutazione clinico-funzionali” che diventò, a legge approvata, “procedure di valutazione funzionale”.
Con una norma primaria, quindi, veniva riconosciuta la necessità di un momento diagnostico preliminare allo svolgimento dell’attività’ professionale. Questo fu tradotto, nel nostro Codice Deontologico, come “diagnosi fisioterapica”, attività finalmente in linea con le necessità della professione e con gli standard previsti dalle Organizzazioni internazionali (WCPT) che ci rappresentano. Grazie 251.
Mauro Gugliucciello
Fisioterapista