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QS Edizioni - giovedì 21 novembre 2024

Lettere al Direttore

L’infermiere scolastico: se non ora, quando?

di Walter De Caro
13 luglio - Gentile Direttore,
“Le infermiere non solo insegnavano ai bambini a lavarsi le mani e ad usare un fazzoletto, ma li selezionavano anche per le malattie contagiose e mettevano in quarantena quelli che si ritenevano contagiosi nelle loro case, controllando periodicamente i bambini per valutare il loro stato di salute. Le infermiere provvedevano ad indirizzare bambini gravemente malati ai medici e ad insegnare ai genitori come prendersi cura di loro”.
 
Questa frase è del 1919: è di una infermiera scolastica statunitense, come ci ha recentemente ricordato la Presidente dell’Associazione Statunitense di Storia Infermieristica (AAHN, 2020).
Sempre a proposito di infermieri scolastici, argomento recentemente trattato da QS, con una interessante lettera per valorizzarne il ruolo, ma purtroppo anche con altre volte ad ipotizzare di medicalizzare anche le scuole: nel nostro paese la storia sembra non insegnarci mai nulla.
 
Possibile che nessuno si ricordi – ha recentemente affermato la Past President Sironi, -  almeno fra chi è “stagionato come me” – del ruolo fondamentale nelle scuole (e non solo!) delle Assistenti sanitarie visitatrici degli anni dai Trenta agli anni Novanta del secolo scorso?
 
Possibile che nessuno riesca a guardare agli esempi di infermieri scolastici (non medici) presenti in tutti il mondo, dal Regno Unito, ai Paesi del Nord Europa, agli Stati Uniti e alle competenze che esercitano?
 
La pratica infermieristica in ambito scolastico ha lo scopo di proteggere e promuovere la salute degli studenti, per facilitarne lo sviluppo ottimale e contribuire al successo accademico. Educare alla salute come elemento cardine, ed in questo periodo COVID-19 ad esempio insegnare ai bambini a lavarsi le mani, indossare mascherine, guanti; monitorare e gestire le sintomatologie febbrili e da raffreddamento, gestire le vaccinazioni, gestire eventuali ulteriori patologie o effettuare il primo soccorso a livello scolastico è ora più critico che mai. Ogni scuola italiana dovrebbe avere un infermiere per la gestione degli studenti ed una infermeria o almeno una area dove poter temporaneamente isolare e curare fino al successivo arrivo dei genitori o prima dell’invio in strutture sanitarie.
 
La CNAI ha sempre sostenuto la necessità della presenza dell’infermiere scolastico tanto da aver consentito l’attivazione dell’infermiere scolastico, con un progetto di grande successo del Nucleo CNAI Ravenna, finanziato dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna realizzato in collaborazione con altri soggetti, come l’Ausl e il Lions Club «Dante Alighieri») a partire dal 2015.
 
Il successo di questa iniziativa in Italia è tra le buone pratiche da seguire e da riverberare in tutte le regioni. Avere infermieri scolastici sarebbe un investimento valido non solo per il COVID-19 ma per il futuro, al pari dell’investimento che si sta attuando nell’infermieristica di famiglia.
 
Non si può che accogliere infatti con estremo favore il provvedimento che prevede finalmente l’introduzione iniziale di circa 9.600 infermieri di famiglia/comunità. CNAI è da sempre attiva per l’istituzione dell’infermiere di famiglia con la traduzione dei documenti del WHO di fine anni novanta e del Consiglio Mondiale degli infermieri, oltre che con numerosi eventi formativi dedicati ed il supporto ad iniziative universitarie internazionali.
 
Tuttavia appare necessario un appello ai decisori politici ed istituzionali per strutturare al meglio la presenza degli infermieri di famiglia innovando radicalmente l’assistenza primaria, non semplicemente innestandoli lasciando inalterata la precedente organizzazione. Come bisogna andare oltre l’idea di dedicarli solo ad un’assistenza domiciliare evoluta, in particolare per gli anziani.
 
Nella sostanza infatti, continuiamo ad avere e - pensare - servizi sanitari operativi e di grande valore nell’attività di risposta e reazione alla malattia, piuttosto che al servizio della salute e del benessere. Stiamo affrontando e reagendo alla pandemia da COVID-19, ma non è che si siano fermate le altre pandemie: quella dell'obesità, del diabete, delle patologie tumorali, delle malattie cardiovascolari. Alla fine, il pensiero, le risorse, le azioni sono direzionate in azioni volte a sconfiggere, ad esempio, il diabete, non in azioni volte alla promozione della salute e alla prevenzione dello stesso.
 
Quindi è cruciale offrire un nuovo Servizio sanitario ri-orientato alle attività di promozione della salute e di prevenzione, con risorse vere non solo il 4% della spesa sanitaria complessiva (Meridiano Sanità 2018): un ri-orientamento degli ambiti di esercizio delle professioni e una diversa ripartizione delle risorse umane e strumentali rispetto a quelle attuali.
 
Questa è l’opportunità che ci offre questa pandemia. Sarà un processo sicuramente non facile, avversato, occorrerà sicuramente agire per mutare gli assetti consolidati e corporativi, ma i dati hanno chiaramente mostrato i numerosi aspetti disfunzionali su cui agire.  
 
Non si può pensare di continuare nella stessa modalità, semplicemente aggiungendo una decina di migliaia di infermieri: si possono e si devono ripensare le strutture distrettuali-territoriali: ipotizzare, ad esempio, innovative strutture di salute di comunità multidisciplinari, che vadano anche oltre alla centralità della professione medica come primo elemento di contatto con i cittadini. È accaduto, con successo, in tanti Paesi. Può accadere anche in Italia.
 
Disegnare, quindi, un nuovo servizio sanitario che preveda la partecipazione alle attività di progettazione di tutte le professioni e delle associazioni professionali, e che veda emergere le attività di promozione, di prevenzione, la sicurezza nei diversi ambienti produttivi e professionali, la digitalizzazione, la valorizzazione dei dati sanitari ed epidemiologici per il continuo adattamento del sistema, la flessibilità, il coinvolgimento attivo dei cittadini.
 
Ed in tale disegno risultano cruciali gli infermieri, a livello di policy, a livello decisionale ed operativo, con la necessità di dare concreta valorizzazione alle loro funzioni e degli ambiti di esercizio professionale.
 
Abbiamo bisogno di un infermiere, in linea con gli obiettivi della campagna Nursing Now, che possa davvero operare ai diversi livelli del continuum, e quindi anche al massimo del suo potenziale, con l’espansione delle competenze avanzate fino alla prescrizione.
 
Walter De Caro
Presidente Nazionale CNAI
13 luglio 2020
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