15 maggio -
Gentile Direttore,
l’imminente pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto legge “Rilancio” prova a sancire, ancor più che nel nome (siamo i primi ad augurarci che sia davvero foriero del rilancio, anche psicologico, di cui tutto il Paese ha enorme bisogno) una sorta di spartiacque tra la fase d’impatto, sanitario ed economico, della più grande crisi civile che si ricordi in tempo di pace, e la fase della auspicabile ripresa, che tutti sappiamo non potrà – purtroppo - essere veloce e robusta come servirebbe.
Troppo compromessa, infatti, era già l’economia italiana, e troppo gravemente il virus Covid19 si è accanito su di noi, prima nazione dopo la Cina dove si è venuto ad accanire, per consentire un ottimismo che non rischi di essere una patetica mancanza di qualsiasi realismo.
Eppure…forse qualcosa in più si poteva (doveva) fare, almeno per noi medici, inguaribilmente ingenui, convinti come eravamo che le entusiastiche affermazioni di stima ed affetto dei primi giorni si sarebbero tramutate in concrete azioni. Non per noi, no, ma per il Paese.
Abbiamo scritto e detto in mille occasioni che non ci interessava essere eroi, anzi! Abbiamo denunciato da molti anni la deriva pericolosamente egoistica dei 20 sistemi sanitari regionali, abbiamo indicato le falle nelle organizzazioni aziendali, abbiamo suggerito dove e come si sarebbe dovuto investire, per una sanità italiana che potesse - almeno lentamente – tornare appieno a svolgere quel ruolo di civile baluardo e garanzia per i cittadini che la Costituzione sancisce.
In questo decreto troviamo deboli segni di incoraggiamento e fragili spunti di attenzione. Doveva essere, certamente, un decreto che portasse un po’ di ossigeno a molte categorie di lavoratori, e lo comprendiamo.
Quel che fatichiamo a comprendere è con chi si potranno gestire le nuove sale di terapia intensiva, con chi si potranno sostituire i colleghi pensionandi (le borse di specializzazione dovevano almeno essere il doppio), che cosa si pensa di fare per evitare che i nostri ragazzi migliori siano attratti da fior di contratti esteri… Insomma: vorremmo sapere quando ci si metterà serenamente attorno ad un tavolo o almeno si ascolteranno le indicazioni di chi è in trincea da tanti anni e continua a dire ai propri comandanti che le guerre non si possono vincere con le promesse.
La CISL Medici vigilerà affinché gli impegni siano mantenuti ed incrementati; perché si possa migliorare, in sede di conversione, il poco che finalmente si intravede.
Biagio Papotto
Segretario nazionale Cisl Medici