26 aprile -
Gentile Direttore,
vorremmo portare alla sua attenzione un iniziativa, nata in modo spontaneo, che ha visto la collaborazione di circa 300 Medici del Lavoro, in una sorta di grido d’aiuto, per fare arrivare la nostra voce, alle istituzioni governative centrali. Riteniamo infatti, il nostro un ruolo importante, in qualità di Medici, e collaboratori del datore di lavoro, per fronteggiare le naturali difficoltà che, alla riapertura, ci troveremo a dover gestire, per mantenere quel sottile equilibrio tra salute e diritto al lavoro, che tanto bene siamo abituati a mantenere, nella nostra operatività quotidiana.
Ma, perché vengano fatte scelte fondate su basi scientifiche, oculate e soprattutto praticabili, è necessario che, tra gli addetti ai lavori, sia coinvolto anche un Medico del lavoro, scelto tra le nostre società rappresentative.
Pensare ad una riapertura, senza mettere in atto pratiche puntuali, in risposta alle criticità emerse negli ultimi mesi, significherebbe non solo non garantire una ripresa in sicurezza, ma addirittura, sovraccaricare un sistema, già duramente messo alla prova.
I punti, sottolineati nella lettera aperta “
Epidemia Covid-19 – ruolo del Medico competente”, inviata al Presidente del Consiglio, a vari ministeri (Salute e Lavoro), istituzioni (INAIL), associazioni (SIML, ANMA, Cosips, Confapi, Confindustria) e rappresentanze sindacali (CGIL, CISL e UIL), tocca diversi punti salienti.
In primis la necessità di poter garantire lo svolgimento della nostra attività in sicurezza, per noi e per tutti i lavoratori visitati (sia in termini di condizioni igienico/strutturali degli ambienti in cui ci operiamo, che in termini di possibilità, al pari delle altre attività ambulatoriali differibili, di poter procrastinare le visite a seconda dell’andamento epidemiologico della pandemia o l’adozione di soluzioni tecnologiche alternative, come la “telemedicina”).
Secondariamente, poniamo attenzione sull’ effettiva possibilità di partecipazione alla messa a punto di procedure specifiche, in questo caso, relative alla gestione dell’ emergenza da SARS-COV-2, in collaborazione con datore di lavoro e sistema di prevenzione e protezione aziendale.
Sempre nell’ottica del ruolo chiave in termini prevenzionistici della nostra figura, che si traduce anche nella salvaguardia dei cosiddetti “soggetti fragili”, ci interroghiamo in merito alla loro gestione (che parte dalla così tanto difficile definizione, per concludersi nelle misure di tutela previste, che, pur non rientrando nel nostro campo di competenza, non poco ci preoccupano, dovendo, per etica, garantirne, la relativa tutela effettiva).
Da ultimo, ma non per importanza, si vuole porre l’attenzione su di un ipotetico coinvolgimento del Medico del Lavoro, relativo alla ricerca di anticorpi anti-SARS CoV-2, per la valutazione dello stato immunitario dei cittadini, alla ripresa dell’attività lavorativa.
Preso atto che, ad oggi i test risultano tutt’ora in fase di studio ed in corso di validazione (e quindi non conformi ai principi della medicina del lavoro e del codice etico ICOH dai quali siamo guidati), si sottolinea che, il rischio da SARS CoV-2, fatta eccezione per realtà specifiche, come quelle sanitarie o assimilabili, non rappresenta a tutti gli effetti, un rischio lavorativo, per il quale il medico competente è tenuto ad effettuare una valutazione, bensì un rischio di sanità pubblica, spalmato sull’intera popolazione generale.
È dunque impensabile, per norme (dl 81/08), per già richiamato codice etico, e per costi sociali, che questi test vengano resi fruibili, eseguiti e gestiti, da un attore principe diverso da quello del sistema sanitario nazionale.
Se così non fosse, si rischierebbe di ridurre il tutto ad un pericoloso lasciapassare per riprendere l’attività lavorativa o, peggio, ad una pura operazione commerciale, scoordinata, afinalistica, a mero fine di lucro.
Riteniamo infine che, qualora si volesse convolgere il medico competente, in azioni di sanità pubblica, sottilmente interconnessa con quelle di salute sul lavoro, si debba ridisegnare l’assetto della medicina territoriale, prevedendo dei percorsi strutturati, che riconoscano il giusto campo di competenze, gli adeguati strumenti, oltre che i legittimi riconoscimenti in termini di funzione, e perché no economici.
La lettera aperta è stata lanciata
come petizione, tutt’ora aperta, e ad oggi, dopo solo 48 ore, ha già raccolto più di 900 adesioni.
A portavoce di tanti medici competenti (task force MC)
Dott. Nadia Facchinetti
Dott. Susanna Borriero