11 marzo -
Gentile Direttore,
ho seguito con grande interesse il dibattito degli ultimi giorni sul
documento diffuso dalla SIAARTI, e vorrei esprimere grande apprezzamento e totale condivisione con quanto espresso dal
Presidente FNOMCEO Filippo Anelli. Il documento non può che essere recepito come un grido di allarme: è imperativo che si reperiscano prontamente mezzi e risorse necessari a dare ossigeno a un sistema sanitario già duramente provato da pesantissimi tagli, e che le misure di contenimento dell’epidemia siano rispettate.
Situazioni da medicina delle catastrofi non sono accettabili, non ci si deve arrivare, e si sta mettendo in atto ogni sforzo per allontanarne anche solo l’ipotesi.
C’è però un aspetto che va assolutamente chiarito, sul quale abbiamo letto affermazioni ambigue: quando i medici, non solo gli anestesisti, decidono di non iniziare o non proseguire cure intensive in persone che non hanno alcuna possibilità di sopravvivenza, o di recupero in condizioni accettabili e dignitose, non stanno applicando i criteri della medicina delle catastrofi, e non fanno questa scelta perché c’è “un solo tubo per due pazienti”. Stanno invece mettendo in atto, e sono scelte a volte difficili, le cure migliori per quel paziente, che non devono essere intensive ma palliative, di vicinanza, conforto e accompagnamento della persona e dei suoi congiunti verso un esito che purtroppo non è più modificabile.
Diverso sarebbe invece limitare, a causa della scarsità di risorse, le cure intensive alle persone che hanno migliori possibilità di sopravvivenza e aspettativa di vita ed escludere chi, pur necessitando di queste cure, ha probabilità meno favorevoli.
Questo non sarebbe accettabile nel nostro sistema sanitario, e certamente non è questa la prassi quotidiana dei nostri operatori, come ha ricordato il Prof. Fumagalli, Direttore del Dipartimento di Anestesia e Rianimazione dell’Ospedale Niguarda,
nel suo bell’intervento di oggi.
Sembra che nel dibattito di questi giorni qualcuno non abbia fatto distinzione fra evitare accanimento o futilità delle cure, e l’ipotesi di negarle a chi, pur avendo delle possibilità di recupero e guarigione, è più debole e ne ha meno di altri, rischiando di far erroneamente credere che questa sia già la “dura realtà”.
Evitiamo di infondere insicurezza nelle persone, generando preoccupazioni e dubbi sul nostro sistema sanitario, ancora forte anche se in difficoltà, e cerchiamo invece di sostenerlo, insieme ai suoi operatori. Seguiamo e diffondiamo le raccomandazioni del Ministero della Salute, informiamoci dalle fonti ufficiali senza dare credito a tutti i messaggi, spesso fake news, che troviamo in rete. E stiamo a casa.
Laura Stabile
Compomemte della Commissione Igiene e Sanità del Senato (Forza Italia)